Two is better than one?
L’arrivo di Unity per le console di nuova generazione ha sicuramente scombussolato un buon numero di fan, che si son ritrovati tra le mani un titolo per certi versi al di sotto delle aspettative. Con la nostra recensione (che potete trovare a questo link) abbiamo evidenziato le varie limitazioni del titolo Ubisoft, sia dal lato tecnico che dal lato gameplay. Ora la nostra attenzione è passata a questo secondo (non di certo per importanza) Assassin’s Creed, uscito in esclusiva sulle console di vecchia generazione: Assassin’s Creed Rogue. Il titolo, sviluppato da Ubisoft Sofia, ci permette di indossare – per la prima volta nella storia della serie – i panni di un Templare, da sempre gli storici nemici degli Assassini. Dopo aver analizzato attentamente i pregi e i difetti del titolo, ecco il nostro responso ufficiale. Buona lettura.
Mi chiamo Shay Patrick Cormack?e assassino Assassini!
Assassin’s Creed Rogue chiude ufficialmente il capitolo “Americano” della serie, partito da Assassin’s Creed III e incentrato – almeno finora – sulle peripezie della “famiglia Kenway“. Il titolo ci mette nei panni di Shay Cormack, Assassino apprendista di Achille Davenport (una tra le tante vecchie conoscenze che incontreremo durante la nostra avventura). Shay e gli Assassini sono alla ricerca dei templi dei precursori, strutture antichissime contenenti manufatti dai poteri misteriosi. La situazione inizia a degenerare quando Shay, mandato a Lisbona per investigare su un tempio, scoprirà, suo malgrado, che la rimozione dei manufatti presenti all’interno dei templi dei precursori sono in grado di provocare collassi alla struttura del pianeta, con conseguenti mazurche tettoniche dell’ottavo grado Richter. Con la morte di migliaia di persona sulla coscienza, Shay cercherà in ogni modo di opporsi alla Confraternita, unendosi proprio ai suoi nemici storici: l’Ordine dei Templari. Come in Black Flag, il titolo ci permetterà di spostarci liberamente per la mappa di gioco a bordo di un fiero vascello: la nave “Morrigan”. L’ambientazione Americana di Rogue è riuscita a convincerci pienamente: la mappa, suddivisa in due macro aree (rispettivamente l’America Centrale e i Mari del Nord), propone una notevole varietà di ambientazioni, oltre che dimensioni di tutto rispetto.
La storyline, seppur non particolarmente longeva (solo sei sequenze a differenza delle dodici solite), è sicuramente apprezzabile. Gli avvenimenti che porteranno Shay a “dubitare del credo” sono interessanti e ben congegnati. Ottima anche l’implementazione di collegamenti con i precedenti capitoli e con lo stesso Unity. Le sequenze fuori dall’Animus riprendono – sostanzialmente – quelle già viste in Black Flag. È infatti possibile muoversi liberamente per l’Abstergo Entertainment anche se, vista la brevità delle sezioni e la ripetitività dei compiti che ci verranno assegnati, queste fasi non risultano particolarmente apprezzabili.
Black Flag 2.0
Se avevate intenzione di giocare ad un capitolo capace di portare una ventata di novità alla serie, mi dispiace informarvi che Assassin’s Creed Rogue non è il titolo che fa per voi. Rogue ricalca – per intero – la struttura di gameplay dei precedenti capitoli, una scelta che, comunque, non inficia la qualità della produzione nel suo complesso. Il titolo si rivela essere, nonostante le poche innovazioni rispetto a Black Flag, un ottimo action adventure ricco di contenuti e divertente da giocare. Le due macro aree precedentemente citate saranno liberamente esplorabili con la nostra Morrigan. Potremo pertanto approdare in località esotiche e cimentarci nelle svariate attività secondarie che il titolo Ubisoft è in grado di offrire. Ritrovarsi dalla parte dei Templari, ci permetterà di svolgere missioni da una prospettiva completamente diversa. Una volta giunti nelle città più grandi, ci troveremo a dover conquistare i quartieri in mano agli Assassini, affrontando delle simpatiche quest di conquista che da un certo punto di vista ricordano quelle viste negli ultimi due Far Cry. Conquistare territori e completare compiti secondari, aumenterà la nostra scorta personale di crediti, che potrà poi essere spesa nei classici potenziamenti alla nave o in gradite aggiunte all’armamentario di Shay.
Dal punto di vista “navale” il titolo offre più o meno le medesime possibilità già vagliate in Black Flag. Con la nostra Morrigan potremo spostarci liberamente sulla mappa e, a seconda della zona, troveremo condizioni atmosferiche differenti, capaci di metterci i bastoni tra le ruote a vari livelli. Nei Mari del Nord, ad esempio, troveremo sezioni di oceano ghiacciate o addirittura grossi iceberg che – fortunatamente – potremo abbattere a colpi di cannone. L’abbordaggio e il combattimento navale sono rimasti pressoché invariato: oltre ai cannoni laterali e frontali, ritroveremo il mortaio (letale sulle lunghe distanza) e il cannone Puckle, molto più rapido e letale rispetto a quello presente sulla Jackdaw di Black Flag.
Il sistema di combattimento propone, come unica vera innovazione rispetto al precedente capitolo della serie, l’utilizzo del fucile multiuso. Grazie a sei diverse categorie di proiettili, il fucile di Shay sarà capace di stordire, addormentare e abbattere i nemici che ci si pareranno davanti. Sebbene si tratti di un’aggiunta sicuramente interessante, la straordinaria efficienza dell’arma causa una drastica diminuzione della difficoltà. Problematica anche l’intelligenza artificiale, irrealistica e poco reattiva in molteplici circostanze. Il sistema di combattimento con la spada è sostanzialmente la riproposizione di quello visto con il predecessore, caratterizzato dal solito basso livello di sfida: i nemici potranno anche attaccarci in gruppi numerosi ma, con i gadget e il giusto tempismo, abbatterli non sarà mai un problema. Le meccaniche stealth non hanno – purtroppo – subito alcun influsso positivo da Unity: ancora una volta l’unico modo di nascondersi alla vista dei nemici sarà quello di intrufolarsi nel fogliame, o dietro a barriere (con lo stesso sistema di copertura appena abbozzato già visto in Black Flag), facendo affidamento sulle nostre inseparabili lame celate.
Grafica e sonoro
Sul versante tecnico Assassin’s Creed: Rogue se la cava discretamente. Se da un lato il dettaglio delle vaste ambientazioni è ottimo, dall’altro la cura dei volti dei personaggi non lo è altrettanto e, se messa a confronto con Unity, la differenza è ovviamente abissale. Ottimi i dettagli delle imbarcazioni e gli effetti particellari delle battaglie navali, che risultano sempre molto belle da vedere (e da giocare). Il sonoro mostra l’ottimo lavoro svolto dal team di sviluppo nel riprodurre al meglio le atmosfere dell’epoca, con canzoni ed effetti davvero azzeccati. Unica pecca il doppiaggio in lingua italiana, qualitativamente non eccelso, forse per un’eccessiva frettolosità in fase di registrazione.
Concludendo…
Assassin’s Creed: Rogue, sebbene non si proponga come il capitolo più innovativo della serie, riesce in qualche modo a divertire il giocatore, merito di un’ottima trama, una mole contenutistica elevata e la solita grande libertà di azione. Purtroppo permangono i soliti – annosi – problemi che affliggono la serie fin dagli albori, come il sistema di combattimento mai impegnativo, l’intelligenza artificiale deficitaria e una scarsa fluidità nei controlli del protagonista. Per i fan della serie è sicuramente un acquisto consigliato, ma per chi cerca di approcciarsi alla saga per la prima volta, il consiglio è comunque quello di virare – almeno inizialmente – su Black Flag.