Per ogni The Walking Dead e Batman: Arkham Asylum/City che vanta caratteristiche di intrattenimento di massa, pronte a trasformarsi in esperienze videoludiche di successo, esistono parecchi tie-in che sfoggiano un qualità ed un grado di rifinitura così scarsa che ci si domanda perché siano stati pubblicati, anche se l’ovvia risposta balza subito sulla bocca di tutti. Aliens Colonial Marines rientra, a malincuore, in quest’ultima categoria.
Siete sull’ascensore per l’inferno, in discesa!
Ambientato dopo la fine di Aliens – Scontro Finale e l’inizio di Alien 3, Colonial Marines ci mette nei fragili panni di un membro della fanteria spaziale americana accorso, insieme al resto della divisione, 17 settimane dal segnale di emergenza dell’astronave Sulaco. Come da copione gli avvenimenti (letteralmente) precipiteranno e incomincerà una rocambolesca operazione di evacuazione che porterà i marine a visitare la colonia LV-426 massacrando ogni xenomorfo e mercenario della Compagnia Weyland Yutani lungo il periglioso cammino.
Vengono fuori dalle pareti! Vengono fuori dalle fottute pareti!
Aliens Colonial Marines è, prima di tutto, uno sparatutto per necessità d’ambientazione che per scelta di game design. Purtroppo quell’atmosfera cupa e corrotta, che ha reso celebre le controparti cinematografiche, si percepisce a fatica durante gli 11 capitoli che costituiscono l’ossatura della campagna principale. Ci ritroviamo infatti ad attraversare con sensori di movimento e fucili ad impulsi spianati una serie di lunghi corridoi (intervallati da sequenze di apertura delle porte con la fiamma ossidrica che celano i fastidiosi caricamenti) affrontando una serie di situazioni scriptate e telefonate. Se tutto ciò conducesse esclusivamente ad una continua lotta per la sopravvivenza contro gli imprevedibili ed astuti attacchi degli xenomorfi, Aliens Colonial Marines avrebbe vinto a mani basse la sua sfida con i fan della serie e gli appassionati di FPS di fantascienza e horror. Purtroppo l’intelligenza artificiale è stata mal implementata e gli scontri a fuoco contro gli xenomorfi si rivelano ripetitivi e privi di mordente, mentre nella maggior parte delle situazioni il giocatore viene proiettato all’interno del fratello scemo di Call of Duty, preoccupandosi di ripararsi, preservare il livello di armatura e munizioni (ripristinabili raccogliendo elmetti, corazze sparse e munizioni lasciate copiosamente in giro per le mappe), nella speranza di eliminare più velocemente possibile le uniche due tipologie di mercenari nemici umani. È come se gli sviluppatori avessero voluto esaltare esclusivamente il taglio cinematografico di Aliens Colonial Marines, tralasciando deliberatamente il fulcro del gameplay. Poco importa allora la presenza di situazioni interessanti (come nella quinta missione dove si è costretti, disarmati, ad attraversare le fogne in modalità furtiva senza essere individuati dagli alieni ciechi e rinsecchiti), quando alcuni elementi iconici della serie vengono affrontati in modo sommario e blando (come lo scontro con lo xenomorfo a bordo dell’Elevatore, una delle sole due occasioni nella quale è possibile utilizzarlo, o peggio la battaglia finale con la regina aliena…). Persino lo spirito di cameratismo viene meno a causa dell’eccessiva potenza dei compagni controllati dalla CPU, in grado di sterminare gli xenomorfi ancor prima che il giocatore possa incominciare ad aprire il fuoco, magari perché questi era occupato alla ricerca di una serie di attività collaterali, quali la raccolta di audiodiari, piastrine di riconoscimento e armi leggendarie.
Ma come diavolo ci difendiamo? A parolacce?
Non tutto è però perduto: Aliens Colonial Marines diviene leggermente più godibile se giocato in multiplayer, affrontando insieme ad amici e conoscenti online le quattro modalità aggiuntive. In particolare “Fuga” diventa un clone di Left 4 Dead in salsa fantascientifica, con quattro giocatori nei panni dei marine e altrettanti ai comandi degli xenomorfi. I primi devono infatti raggiungere una serie di checkpoint sino al punto di estrazione, mentre i secondi avranno il (divertente) compito di ostacolarli sfruttando le abilità peculiari degli alieni (come camminare sulle pareti, operazione gestita in terza persona e decisamente poco intuitiva da effettuare) e una serie di attacchi a seconda della classe selezionata. Quest’ultima è speculare al corrispettivo grado del proprio marine, che viene incrementato giocando anche nella campagna principale e permette di sbloccare una serie di opzioni di personalizzazioni belliche ed estetiche. La modalità “Sterminio” invece ricalca alcune situazioni più classiche nel quale le due squadre di giocatori alternano in due match distinti i panni di alieni e marine coloniali per occupare quante più posizioni facendo esplodere le nidiate di uova aliene.
Abbiamo dei problemi
Anonimo nelle ambientazioni e scenograficamente presuntuoso, pieno di bug e texture imbarazzanti, un doppiaggio italiano eufemisticamente poco memorabile, sono tutti elementi che non permettono ad Aliens Colonial Marines di elevarsi sopra una concorrenza di produzioni mature ed in linea con l’apice di questa generazione videoludica che, oltre ad essere numerosa, è diventata pure di grande qualità. Passo e chiudo.