Un’attesa ripagata?
A partire dall’E3 2012, tanto si è discusso su Dead Space 3, sulle novità apportate a questo capitolo e sull’impatto che avrebbero avuto su milioni di fan, innamorati della serie incentrata sulle disavventure di Isaac Clarke, prodotta da EA e sviluppata dai ragazzi di Visceral Games. Le locations metalliche, anguste e buie, i silenzi spezzati dall’affannoso respiro del protagonista, dalle urla e dagli aberranti Necromorfi, hanno decretato il successo del primo capitolo, consacrandolo (nonostante il massiccio utilizzo di armi e qualche trovata facile per non perdersi nello scenario) come uno dei migliori survival horror di questa attuale generazione di console. Ma con il secondo capitolo abbiamo avvertito, anche se non in maniera marcata, il sentore di una componente action più presente, e temevamo che sarebbe stata questione di tempo prima che l’azione diventasse sempre più massiccia in questa serie, seguendo le impronte degli ultimi capitoli di Resident Evil. Dopotutto, EA stessa ha dichiarato che nuovi approcci sono necessari per vendere e coinvolgere più fette di pubblico (la classica frase più odiata dai fanatici dei survival horror). Proprio per questo il trailer e la demo del terzo capitolo, mostrati allo scorso E3, hanno creato scalpore per via della presenza non solo di squadriglie di soldati “umani” pronti a fare fuori il nostro caro protagonista, ma anche e soprattutto per la modalità cooperativa, che schiacciava non poco l’occhio ad Army of Two, per via del secondo protagonista. Visceral Games e EA hanno però promesso che, nonostante qualche dose di sparatorie in più, l’orrore e il terrore che abbiamo amato in questa serie sarebbero stati onnipresenti, pronti a sconvolgerci ancora una volta. Il fatidico giorno è finalmente arrivato e dopo una settimana intensa, incollati davanti allo schermo, a luci spente e con tanto di cuffie (giusto per non lasciarci scappare nemmeno un principio d’infarto), abbiamo recensito il gioco per voi. Probabilmente avrete già sbirciato il nostro voto, tirando un sospiro di sollievo magari, ma la complessità di Dead Space 3 necessita una descrizione estremamente dettagliata. Vi invitiamo dunque a indossare le vostre tute termiche e a catapultarvi con noi nello spazio profondo dove, ancora una volta, niente e nessuno potrà salvarvi, se non voi stessi.
Li’, dove tutto è iniziato
ATTENZIONE: vi invitiamo a proseguire la lettura solo dopo aver terminato i primi due episodi della serie per comprendere meglio le vicende che vi attendono in questo capitolo. Il terzo capitolo della serie Dead Space rappresenta in tutto e per tutto il capitolo finale della trilogia iniziata nel 2008. Per l’occasione, il gioco inizia con un bel tuffo nel passato, dove apprendiamo che i dannati Marchi già da tempo infestavano lo spazio, ma dove un gruppo di ricercatori ha lavorato disperatamente per trovare una soluzione al problema: scovare l’origine dei Marchi per annientarne il letale potere una volta per tutte. Ma le cose non vanno come sperato.. Ritorniamo nel presente, dove troviamo il nostro ingegnere Isaac Clarke, ancora una volta sconvolto dopo gli eventi traumatici a bordo della Ishimura e quelli più recenti nella stazione Titan. Clarke rappresenta l’unico essere nell’universo (o almeno cosi si pensa) a saper creare e distruggere i Marchi, i misteriosi artefatti bramati dall’uomo per via dell’energia illimitata che essi emanano, ma allo stesso tempo capaci di fare impazzire la mente umana, portando ogni essere al suicidio, alla violenza e alla rinascita in aberrazioni ambulanti chiamate Necromorfi. A stento la mente di Isaac è sopravvissuta all’orrore psicologico (per non parlare di quello fisico). Oggi si rifugia in una colonia lunare, come un reietto, mentre Ellie, l’altra sopravvissuta alla tragedia nel Titan, è partita alla ricerca di indizi sulle origini del Marchio, ansiosa di trovare una cura che possa salvare l’umanità. Non solo infatti le risorse umane sono ormai al limite, ma la fanatica setta di Unitology, che venera il Marchio ed è adesso capitanata dal folle Danik, propaganda il suicidio di massa “per rendere uno” l’umanità e dare cosi inizio alla Convergenza. In questo scenario apocalittico, Clarke è ricercato dalla setta, essendo per loro una grave minaccia che potrebbe compromettere la loro folle missione. Per il rotto della cuffia l’ingegnere viene cosi salvato e scortato dai capitani Norton e Carver, che comandano l’ultima resistenza umana. La loro missione sarà quella di proteggere Isaac, ma anche di recuperare Ellie, diretta verso il pianeta ghiacciato di Tau Volantis, dove si dice che qualcuno o qualcosa abbia trovato il modo per “spegnere” una volta per tutte i diabolici Marchi. La storia è probabilmente la migliore delle tre raccontate fino ad ora, grazie soprattutto alla profondità del personaggio principale (ancora ricordiamo bene che nel primo capitolo non parlava e non aveva emozioni). Questa è la storia di uomo segnato da un destino che non si è mai scelto da sé, e dal quale adesso vuole redimersi una volta per tutte, tentando di salvare la persona che ama e quello che resta di sé. In questo capitolo non è solo: assistiamo a questi eventi anche attraverso gli occhi di altri superstiti, soprattutto quelli di Carver. Quello che si credeva essere un personaggio buffo e con la battuta sempre pronta, è in realtà un uomo distrutto dalla perdita della sua famiglia ed è adesso braccato dalle allucinazioni del Marchio. La componente psicologica, molto cara ai fan e vissuta attraverso gli occhi di Isaac, è invece qui vissuta attraverso Carver, la cui mente farà brutti scherzi per tutta l’avventura. Vi consigliamo caldamente di giocare il titolo in cooperativa nei panni di Carver per avere ancora più chiara l’intera storia. Un plauso infine alla regia e alla narrazione, che in questo capitolo sfociano in momenti emozionanti, inquadrature indimenticabili e colpi di scena, soprattutto nel finale (rimanete incollati allo schermo anche dopo i titoli di coda, mi raccomando!).
Viva la tradizione..
Il gameplay di questo terzo capitolo ha fatto preoccupare milioni di giocatori per via delle novità più radicali (che introdurremo nel paragrafo successivo) apportate alla serie. Vi tranquillizziamo subito dicendovi che tali features non hanno minimamente compromesso la tradizionale esperienza che abbiamo vissuto nel primo e nel secondo capitolo. Arrivati al menù principale infatti (la versione testata è quella Playstation 3), potremo scegliere la campagna in singolo, dove il nostro partner sarà assente (e visibile giusto in qualche cutscene) e dove saremo ancora una volta soli ad affrontare le nostre peripezie nello spazio. Il primo capitolo serve naturalmente da tutorial: ci accorgiamo che il protagonista è adesso più veloce ( se non si trova in mezzo alla neve alta e in mezzo alle tempeste ovviamente). Manovrare il modello poligonale appare più semplice; come al solito Isaac corre tenendo premuto il tasto L2, schiaccia qualunque cosa a terra con R2, utilizza il calcio dell’arma in maniera offensiva con R1 e mira e spara con LI ed R1. Troverete adesso due nuovi comandi: la capriola, premendo L2 mentre si sceglie una direzione con l’analogico sinistro, e la possibilità di piegarsi premendo lo stick R3. La prima risulta utilissima per schivare gli attacchi degli avversari: in questa nuova avventura i nemici sono particolarmente aggressivi e tenderanno a caricarvi frontalmente. Onestamente abbiamo trovato la schivata macchinosa e questi nuovi comandi, seppur accessori, poco aggiungono ad una formula che già andava bene cosi (basta usare la stasi per eludere in fretta un nemico). Come da tradizione, il miglior modo per abbattere i nemici sarà colpirli nei punti deboli, atterrarli e calpestarli fino a ridurli in poltiglia, dato che alcune parti si rianimano, o peggio, si rigenerano! Toccherà a voi trovare la giusta tattica da utilizzare per abbatterli, senza dimenticare che in certe situazioni (e con certi nemici) fuggire sarà la scelta migliore. Simpatiche le strategie da usare con i rarissimi boss di questo capitolo, alcuni dei quali ostinanti a non voler morire cosi facilmente. Largo spazio è stato dedicato all’esplorazione, sia a piedi che attraverso piccole navette per raggiungere locazioni distanti di uno stesso complesso. Non mancheranno situazioni in cui dovrete pilotare astronavi e/o sparare a tutta birra per abbattere nemici. Abbiamo trovato intriganti anche le discese e le scalate lungo le pareti ghiacciate, inizialmente noiose, ma piano piano più intrise di pericoli che necessitano di un minimo di tempismo. Anche le sessioni a gravità zero sono adesso migliorate e non vi impegneranno più solo qualche minuto, ma vi costringeranno a fluttuare nel bel mezzo del vuoto alla ricerca di obiettivi primari e secondari. Ebbene si, per la prima volta la serie introduce le subquest: si tratta in realtà di piccole gite all’interno degli scenari che vi costringeranno a camminare a lungo e a sparare ogni cosa che si frapporrà tra voi e il prezioso bottino che riceverete in cambio per la fatica. Avremmo gradito un po’ più di originalità, ma almeno tali missioni vi riforniranno di oggetti extra a palate. Ancora una volta la stasi ( che rallenta il vostro bersaglio) e la cinesi (che vi consente di muovere gli oggetti) saranno un supporto fondamentale per rallentare sia i nemici quanto alcuni meccanismi e per risolvere piccoli rompicapo elementari.
..ma anche spazio alle novità
E fin qui, salvo che per qualche miglioramento della formula di base, nulla di nuovo. Passiamo adesso ai quattro punti più discussi di questo terzo capitolo: spazi aperti, nemici umani con sistema di coperture, il banco delle armi e la modalità cooperativa. Molti hanno pensato che la luce del giorno e le distese aperte e innevate potessero compromettere l’ansia e la tensione che abbiamo amato nei corridoi bui della vecchia Ishimura. Ebbene, a parte il fatto che prima di arrivare sul pianeta di astronavi abbandonate (ma infestate!) ne vedrete e visiterete anche troppe, si dà il caso che Tau Volantis sia un pianeta pericolosissimo. La neve vi rallenterà spesso il passo, cosi come le tempeste che renderanno la visibilità scarsa, senza contare il freddo che rischierà di congelarvi se non troverete fonti di calore o tute termiche. Alcuni nemici spunteranno da sotto terra sul più bello e cogliendovi alla sprovvista. E nemmeno qui mancheranno laboratori abbandonati, sale adibite a culti e tutto il repertorio che ben conosciamo. Una novità dunque più che gradita. Come abbiamo già anticipato, la setta di Unitology vuole morto Isaac, a tal punto da organizzare una caccia all’uomo spietata. Ecco il perché dell’introduzione di esseri umani come nemici nel gioco. Per nostra fortuna questi scontri sono davvero brevi e rarissimi e non intaccano minimamente l’esperienza di gioco, nonostante l’inizio rigorosamente action della nostra avventura ci abbia oltremodo preoccupato, ma si è trattato di qualche minuto prima di riprendere confidenza con le vecchie atmosfere. Il sistema di coperture serve davvero a poco, data la scarsa intelligenza artificiale degli umani. Forse il mediocre sistema (Isaac può solo sfruttare i muri bassi e non le pareti per sbirciare dietro l’angolo) è stato volutamente inserito; da un lato perché Isaac non è un militare ma un ingegnere, dall’altro perché vista la rarità degli scontri con i soldati non era necessario un sistema alla Gears of War. Interessante è il fatto che i Necromorfi attaccano indistintamente Isaac quanto i soldati: con un po’ di astuzia potrete liberarvi dell’una o dell’altra schiera in questi momenti, per poi entrare in scena e finire i superstiti. Passiamo alle armi: in tutto il gioco non troverete una sola arma completa e accessoriata di tutto punto. Inizierete il gioco con strumenti abbastanza deboli, ma vi accorgerete ben presto che gli ambienti e i cadaveri dei nemici nascondono tantissimi materiali (oltre alle munizioni e ai medikit) per creare armi e oggetti di ogni sorta. Per farlo dovrete utilizzare i banchi da lavoro che troverete sul vostro cammino. Qui potrete gestire la creazione, che va dal calcio dell’arma, alla base, al puntale al fuoco secondario. Potrete sia seguire i progetti che troverete lungo i livelli che crearne di vostri (e che potrete condividere online). Anche le munizioni (uniche per tutti i tipi di arma) e i kit salute potranno essere creati in maniera semplice. Gli ambienti saranno pieni di oggetti e con l’aiuto del vostro (dolcissimo e simpatico) robot di supporto riempirete gli slot dell’inventario quanto prima. Sempre presso i banchi potrete potenziare le armi e gestire l’inventario. I potenziamenti dei RIG dedicati alla salute, stasi e cinesi non sono più gestiti dai nodi (che non ci sono più), ma attraverso l’accumulo di crediti (che otterrete vendendo oggetti) e materiali. Inizialmente i banchi da lavoro vi faranno innervosire, perché all’inizio non avrete materiale sufficiente per creare strumenti all’altezza, ma con un po’ di pazienza diventerete degli armaioli Doc. Per completare i 19 capitoli della storia principale vi occorreranno circa 15 ore, ma che saliranno a 18/20 se vorrete utilizzare ” a dovere” i progetti delle armi, portare a termine le missioni secondarie e scovare tutti gli artefatti e i documenti presenti nello scenario. Una volta finito il gioco potrete rigiocare con tutti i progressi salvati nella partita precedente. Non mancano nuove modalità difficili che si sbloccheranno non appena terminerete la partita, come Sopravvivenza Pura e Hardcore. Tra queste spicca anche la modalità Classica, che vi consentirà di reperire solo le armi “classiche” della serie, non potrete utilizzare la cooperativa e verrà assegnato un sistema di mira tradizionale. Avrete anche la possibilità di sbloccare una modalità retrò a 8 bit, ma non sarà facile ottenerla! E passiamo infine alla modalità online. Niente sfide e mini giochi a questo giro: in DS3 avrete la possibilità, sin da subito, di condividere questa esperienza in una modalità cooperativa a due giocatori, creando partite private o pubbliche e inserendovi in qualsiasi momento nel gioco. Vi consigliamo, una volta finita la prima campagna in singolo, di farvi invitare e giocare nei panni di Carver. Mentre nella prima Isacc si è sempre trovato da solo, qui Carver sarà sempre a stretto contatto con l’ingegnere e interagirà spesso e volentieri con lui. In tutto questo assisterete a dialoghi e filmati inediti, molto utili per conoscere il nuovo personaggio, e addirittura potrete affrontare delle mini-missioni esclusive della modalità co-op. Tensione e nemici, anche in compagnia, non daranno il minimo respiro al dinamico duo e l’atmosfera che tanto amiamo rimane la stessa, anche in compagnia.
Benvenuti a Tau Volantis, e non solo!
Il comparto tecnico di Dead Space 3 non fa certo gridare al miracolo in confronto alle ultimissime produzioni, ma si limita a superare leggermente gli standard raggiunti dai primi due capitoli in quanto a poligoni. Ma non sono i pixel a fare la differenza, e per nostra fortuna ci siamo imbattuti in un level design sempre vario e ricco di sorprese. Abbiamo iniziato passando dalle vie futuristiche e tecnologiche di una colonia lunare che pullulava di veicoli e cittadini in fuga, tra luci a neon e vicoli bui che ci hanno ricordato in parte il Titan. Di colpo ci ritroviamo nello spazio, in mezzo a milioni di relitti fatiscenti da esplorare e pianeti e stelle davanti a noi, proprio come nel primo capitolo. E infine naturalmente c’è il pianeta di Tau Volantis, dove la neve, le rocce, le tempeste e la scarsa visibilità sono nemici naturali ottimamente riprodotti dagli sviluppatori. Un pianeta freddo ma che non nasconde scenari e colori indimenticabili e che vi obbligheranno per un istante a guardarvi attorno con occhi sognanti. Isaac e i personaggi principali sono ben riprodotti, anche se ci saremmo aspettati una caratterizzazione facciale più dinamica e migliorata. Non abbiamo questa volta apprezzato il design delle tute spaziali (uno dei fiori all’occhiello della serie), troppo ingombranti (per giustificarne l’utilizzo in ambienti inospitali) e dal look un po’ troppo retrò. E passiamo ai terrificanti Necromorfi: le flotte di nemici saranno praticamente quasi le stesse già incontrate nei precedenti capitoli, ma dal design ovviamente ( e menomale ) ritoccato per l’occasione. Aspettatevi dunque umanoidi che sganciano bombe organiche o vomitano schifezze dalla bocca, bipedi ululanti che vi caricheranno in men che non si dica e cadaveri smembrati e dotati di zanne e artigli. Non mancano però alcune novità, come giganteschi boss terrificanti, parassiti in grado di rianimare la carne morta, scheletri un po’ troppo movimentati e anche (ex) soldati simili a zombie, capaci di rianimare e trasformare diverse parti del corpo che abbatterete (come alcuni nemici di RE6 per intenderci). Graffiante e ansiogeno come sempre il sonoro, che in questo capitolo ripropone pezzi già conosciuti quanto musiche inedite, arrangiati ottimamente e in grado di ricreare ansia e tensione a palate, sia durante i combattimenti che nell’esplorazione. Ottimo, come sempre, il doppiaggio in italiano, profondo e realistico al punto giusto e che non ha nulla da invidiare a quello originale.
Concludendo…
Arrivati all’epilogo di questo articolo, la maggior parte dei lettori starà attendendo le risposte alle domande più frequenti nate ormai da circa otto mesi: Dead Space 3 è degno di far parte della serie, è ancora ansiogeno, sa spaventare, si può considerare un survival horror nonostante le novità introdotte? Dead Space 3 rappresenta in tutto e per tutto un degno seguito di questa indimenticabile saga, grazie al tassello forse più importante della trama che si unisce al mosaico della leggenda dei Marchi, grazie anche ad un protagonista sempre più profondo e complesso e ad una storia dal forte taglio cinematografico che non delude mai. Ancora oggi, da soli o in cooperativa, al chiuso o all’aperto, con nemici umani e non, la vecchia formula non cambia e i silenzi rotti all’improvviso, la diabolica colonna sonora e le aberrazioni create dalla mente di Visceral Games, sono in grado di farvi rimanere costantemente nel classico “stato di guardia”. Paradossalmente, non sono le tanto temute novità introdotte a rendere questo terzo capitolo meno spaventoso, ma lo è semmai la “solita” formula che, nonostante le innovazioni e le migliorie, non riesce a salire di livello e quindi a competere con i superbi primo e secondo (anche se questo un po’ meno) capitolo. Forse anche per colpa del poco spazio dedicato alle folli allucinazioni, alle costanti visioni di sangue e morte che qui spettano a Carver e non più ad Isaac. Detto questo, gli appassionati della serie e gli amanti delle avventure ansiogene possono acquistare il prodotto ad occhi chiusi. Per i deboli di cuore vale lo stesso discorso fatto per i due prequel: è vero che ai veterani “forse” questo episodio farà meno paura, ma per i novizi che si avvicinano per la prima volta all’orrore Visceral, questo capitolo potrebbe costare diverse sedute in terapia da uno psichiatra. Siete avvisati!