Un poliziottesco all’americana

Prima di procedere con la recensione e lanciarmi in quello che sarà, con tutta probabilità, uno dei miei soliti sproloqui semi-intellegibili e intrinsecamente autoreferenziali, lasciatemi esprimere un concetto che da anni incrina il mio già precario equilibrio psichico. Anche se un gioco punta il 98% della sua giocabilità, in special modo sul medio-lungo termine, sul comparto multiplayer, non vuol dire che la modalità in singolo vada trattata come una componente vestigiale, messa là giusto per far presenza. Cazzo no, è sbagliato. È quindi con una certa soddisfazione che vi annuncio a gran voce (metaforicamente parlando) che, almeno in questo senso, la svolta Visceral segna un netto passo avanti per la serie. Scrittura da Academy Awards? Proprio no, ma comunque anni luce dalla banale inconsistenza di Battlefield 4, da cui Hardline cerca in tutti i modi di prendere le distanze. A partire dall’ambientazione, che passa dagli assolati scenari di un futuro conflitto sino-russo-americano ad un setting decisamente più urbano, tra vicoli poco raccomandabili, ville milionarie e ghetti che si estendono a perdita d’occhio. Ed è proprio dal ghetto più degradato di Miami che proviene Nick Mendoza, il duro poliziotto protagonista di questo “action flick” che urla anni ’90 ad ogni inquadratura. Sì, perché la campagna in singolo di questo Battlefield Hardline procede seguendo tutti i crismi di una moderna serie televisiva “poliziottesca”, con tanto di episodi, “prossimamente” e “nella scorsa puntata”. Ovvio il tentativo degli sviluppatori di attirare i g1iocatori con una formula filmica tanto familiare quanto intrinsecamente attraente, costellata di volti “televisivamente” conosciuti (Kelly Hu, Eugene Byrd, Benito Martinez) coinvolti in una parabola discendente fatta di corruzione, sparatorie e dialoghi “hard boiled”. Il tutto funziona piuttosto bene, sebbene l’impianto narrativo messo a punto da Visceral non brilli certo per originalità e si muova a passi spediti (5-6 ore per completare la campagna) nella generale assenza di colpi di scena o variazioni ritmiche. Un’assenza di drammaticità imputabile anche a scelte di gameplay discutibili che influiscono negativamente sul coinvolgimento del giocatore. Parlo, ad esempio, della meccanica “fermi tutti, c’è la pula”, basata sulla pretesa che la sola vista del distintivo possa inibire gli intenti criminosi del variegato pattume criminale. Difficile credere, infatti, che un gruppo di malavitosi armati fino ai denti possa rimanere placidamente in attesa delle manette, congelati dalla visione di un distintivo. L’intera macchina del gameplay, tra l’altro, vi spingerà più o meno apertamente a preferire l’opzione non violenta, con tutta una serie di bonus e incentivi che, per forza di cose, favoriranno la scelta di un approccio stealth e ragionato. Peccato che l’approccio naif di Visceral alle fasi stealth renda l’esperienza specifica poco credibile e scarsamente appagante, da una parte per la “vecchiaia” di alcune meccaniche (come i “bossoli infiniti da lanciare per distrarre con un tintinnio i malintenzionati”), dall’altra per i frequenti momenti “nonsense”, generati in gran parte da un’intelligenza artificiale scarsamente sviluppata. Anche l’angolo visuale dei nemici risulta insolitamente limitato, una caratteristica che, unita alle – generalmente discutibili – scelte tattiche della marmaglia in questione, rende il livello di sfida piuttosto altalenante.

Scena tipo.

“Entro furtivamente in una stanza e subito mi accovaccio fino a raggiungere le dimensioni di un carlino. Tiro fuori – da iddiosadove – il mio fido scanner per verificare la presenza di sospetti e scagnozzi. Contestualmente noto che uno dei suddetti si trova a soli pochi centimetri da me, sulla destra, apparentemente indeciso sul da farsi (o paralizzato da un ictus, fate voi). Estratto il mio revolver da 3 chili (da me rinominato ‘Giansforacchio’), procedo alla roboante estinzione di tutte le minacce. Una volta ammucchiato il giusto numero di cadaveri, procedo alla stanza successiva, convinto di trovare un plotone di criminali ad aspettarmi, allertati dai rumori del suddescritto massacro. Errore. I poverini, evidentemente sordi, se ne stavano per i fatti loro, in attesa di essere arrestatistorditiabbattuti”. Proprio come nella vita vera.

Ruba che ti passa

Con Battlefield Hardline, EA tenta nuovamente di sfidare il trono di Call of Duty (ricordate Medal of Honor?), modulando la classica formula della serie nel tentativo di offrire maggior dinamismo e velocità alle sessioni multigiocatore. Un’ibridazione che, in linea generale, risulta ben riuscita, specialmente in riferimento alle nuove modalità di gioco introdotte con Hardline: Corto Circuito, Soldi Sporchi, Nel Mirino, Salvataggio e Rapina. Corto Circuito è, in sostanza, una rivisitazione in chiave veicolare della classica modalità “King of the Hill” dove, al posto delle zone da conquistare avremo vetture il cui controllo garantirà alla squadra un flusso ininterrotto di punti. La modalità, seppur scarsamente tattica, risulta molto divertente e sottolinea la nuova concezione veicolare introdotta da Hardline, dove le vetture non sono più strumenti di morte semovibili ma mezzi di trasporto – ad alta velocità – tatticamente rilevanti. Un concetto che ritroviamo anche in Soldi Sporchi, dove le due squadre dovranno cercare di accumulare più fondi possibile, “prelevandoli” da un deposito neutrale al centro della mappa, per poi sfrecciare in direzione della base di appartenenza. Una modalità che, più della precedente, si apre a scelte tattiche rilevanti. Una squadra, infatti, potrebbe decidere di ignorare totalmente il deposito centrale, optando invece per un assalto alla base nemica o tendendo imboscate alle auto avversarie. Da notare come il “depotenziamento” dell’arsenale in dotazione al giocatore (non siamo più in guerra, ricordate?) renda l’azione sforacchiatoria più impegnativa e avvincente. Le modalità Nel Mirino e Salvataggio, realizzate con un occhio puntato alla scena eSportiva, vedono due squadre di cinque giocatori schierarsi su fronti opposti, nel tentativo di difendere o catturare un determinato obiettivo (variabile a seconda della modalità) e senza possibilità di respawn. Peccato che il design delle mappe renda spesso i punti d’estrazione fin troppo facilmente difendibili, semplificando notevolmente il lavoro agli onnipresenti “camperoni”. La modalità Rapina, infine, rappresenta il vero fiore all’occhiello della produzione, grazie a meccaniche asimmetriche ben ragionate e un forte accento sulle dinamiche di squadra. Una volta entrati nella banca da rapinare, i criminali dovranno minare la cassaforte e, in attesa del botto, difendere la posizione dall’assalto delle forze dell’ordine che, a differenza della marmaglia criminosa, potranno godere di respawn infiniti. Una volta afferrato il malloppo, la banda dovrà riuscire a sfuggire alla presa della giustizia, tra inseguimenti al cardiopalma e devastazioni cittadine di un certo livello. La godibilità della modalità Rapina, di nuovo, risulta variabile a seconda della mappa, una circostanza che ribadisce il mezzo successo ottenuto da Visceral sul fronte del level design. Se le nuove modalità segnano, in definitiva, un passo avanti sul fronte “intrattenimento folleggiante”, quelle classiche, invece, continuano a subire i difetti storici della serie, tra tempi di respawn inutilmente prolissi e meccaniche di gameplay ancora troppo lente. Per quanto riguarda le classi, il quartetto delle specializzazioni proposte da Hardline sostanzialmente ricalca quanto visto nel precedente capitolo della serie. Gli archetipi a disposizione del giocatore risultano correttamente bilanciati e le differenze nelle singole dotazioni ben si adattano agli specifici ruoli sul campo.

Battlefield 4 – Ciak Two

Dal punto di vista tecnico Battlefield Hardline si attesta su buoni livelli, paraganabili a quelli del predecessore. I modelli dei personaggi, in particolare, risultano ricchi e credibili, anche grazie ad un effetto di subsurface scattering che garantisce alla pelle dei vari personaggi un aspetto realistico e naturale. L’abbondanza di opzioni grafiche e l’ottima scalabilità del buon Frostbite 3 offrono ampi spazi di manovra nel caso non si disponga di una configurazione allo stato dell’arte. Anche su macchine potenti, però, capita di incappare in “scattosità” acontestuali, che si verificano malgrado il contatore dei frame a schermo non scenda mai sotto i 60 fps. Si nota anche qualche piccolo ritardo nel caricamento delle texture ma, tutto sommato, è un difetto cui si passa facilmente sopra. La qualità del gunplay ricalca in pieno quella di Battlefield 4, dal quale Hardline eredita, purtroppo, una gestione delle hitbox ancora non perfetta. Lo score musicale è poco meno sensazionale e sottolinea in maniera convincente ogni momento del gioco. Discorso diverso per il doppiaggio italiano, mediocre e generalmente privo di pathos. Il periodo di testing prolungato ha sicuramente fatto bene al netcode dello sparatutto targato EA visto che, nel corso delle 300 e più ore della nostra prova, non abbiamo mai riscontrato picchi di lag o cali di fluidità consistenti. Come nota a margine, va segnalata l’eccessiva “leggerezza” della gestione fisica dei veicoli, un difetto che diventa particolarmente evidente in caso di “sinistri” stradali.

Concludendo?

Battlefield Hardline è una bestia strana. È evidente come EA volesse spingere la serie in una direzione nuova, anche per prendere le distanze dalla mezza debacle dell’ultimo capitolo numerato. Un proposito soddisfatto solo a metà, a causa dell’ibridazione incompleta orchestrata da Visceral che, in qualche modo, si è limitata a “rivestire” a nuovo le meccaniche cardinali della serie. Il risultato è un prodotto che, come stile di gioco, si pone a metà strada tra i ragionati tatticismi di Battlefield 4 – con il quale condivide quasi per intero il comparto tecnico – e i frenetici dinamismi di Call of Duty, mancando però di esprimere appieno il potenziale di entrambi “i genitori” e faticando a trovare la propria nicchia di genere. Viene da pensare che, almeno in fase embrionale, Hardline fosse stato concepito come un grande DLC per Battlefield 4, una caratterizzazione prenatale che, allo stato dei fatti, ha impedito al gioco di esprimere al meglio il potenziale di un’idea – almeno sulla carta – eccellente. A queste riflessioni vanno aggiunti i difetti di una campagna in singolo che fatica a convincere, complici anche le discutibili scelte di gameplay di Visceral, innestate su di una struttura narrativa tutt’altro che brillante.

CI PIACE
  • Le nuove modalità multigiocatore sono uno spasso.
  • Tecnicamente valido.
  • Il gioco di “Guardie e Ladri” di Hardline, tra inseguimenti e sparatorie, anima momenti assolutamente entusiasmanti.
NON CI PIACE
  • La campagna in singolo manca di convincere appieno.
  • L’aderenza alle vecchie meccaniche della serie frena – in tutti i sensi – la godibilità del tutto.
  • Sembra un grosso DLC di Battlefield 4
Conclusioni

Un ibrido divertente che però fallisce nel segnare quel netto passo avanti che gli appassionati della serie si aspettavano (e meritavano).

7.2Cyberludus.com

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