Non è assolutamente un segreto che il parco titoli Wii U stia stentando ad emergere rispetto a quello della concorrenza. Certo, alcuni titoli – specialmente quelli first party – sono di livello altissimo, ma un Mario 3D World o un Super Smash Bros non possono certo riuscire, da soli, a piazzare un numero sufficiente di console per bissare l’inaspettatissimo successo del precedente Wii. Anzi, non sono riusciti neanche a superare il numero dello sfortunatissimo cubetto che, all’inizio degli anni 2000 e nonostante un’ottima offerta di giochi, si è visto fagocitato a livello commerciale da due mostri sacri dell’intrattenimento videoludico: la Playstation 2 e la prima Xbox. Non tutto però è perduto, e sembra che Nintendo stia provando ad aggredire il mercato con delle uscite davvero niente male, alcune delle quali in grado di soddisfare i giocatori casual, e altre che invece puntano a coccolare un pubblico più esigente.
A quest’ultima categoria appartiene sicuramente Xenoblade Chronicles X, erede spirituale del succosissimo Xenoblade Chronicles, gioco uscito nel 2010 in esclusiva per Wii e annoverato – meritatamente – tra i migliori giochi di ruolo nipponici della scorsa generazione. Tra i grossi pregi del successo di Monolith Soft c’erano una grande trama, un’ottima caratterizzazione dei personaggi e, al di sopra di ogni altra cosa, un solidissimo combat system che rielaborava gli stilemi del genere velocizzando il ritmo di gioco, pur non snaturandone la componente più strettamente strategica. Va da sé che il seguito di un prodotto tanto importante non poteva non far ribollire l’hype nelle viscere di tutti gli estimatori del primo capitolo o, più semplicemente, di chiunque abbia una sana passione per i bei giochi. A questo punto vi starete chiedendo se Xenoblade Chronicles X sia riuscito a dimostrarsi la killer application che Nintendo e i nintendari aspettavano per risollevare le sorti della console.
Ahimé, ci tocca l’amaro compito di rispondere a questa domanda con un secco “NO”.
In realtà la questione è molto complicata, visto che siamo di fronte ad un bilancio di gioco che, complessivamente, è certamente più che positivo. Non si tratta tuttavia del capolavoro assoluto che i fan avevano tutto il diritto di aspettarsi, e con il quale Monolith avrebbe dovuto canonizzare l’innovazione del genere intrapresa cinque anni fa.
Come prima, più di prima? ti amerò?
La vicenda di Xenoblade Chronicles è completamente svincolata da quella del suo predecessore, e comincia proprio sulla superficie della nostra amata Terra che, in un poco plausibile 2054, si trova minacciata dalla mire di una civiltà aliena tecnologicamente avanzatissima. In questo teatro di apocalisse fantascientifica, l’umanità si trova costretta a fuggire alla ricerca di nuove lande da colonizzare, ma se molte sono le navi madre che tentano di lasciare la Terra, una sola riesce a scampare alla furia dei nemici alieni: la “Balena Bianca” (per dovere di cronaca, quella statunitense). La capsula contenente l’intera città di “New Los Angeles” riesce – non senza difficoltà – ad atterrare sulla superficie di un pianeta selvaggio ma abitabile, che i terrestri battezzano con il nome di Mira. Ed è proprio da qui che inizieranno le vostre avventure, prima in qualità di superstite allo schianto della capsula di stasi che vi teneva in vita durante il lungo viaggio della speranza, poi come membro delle Blade, uno speciale corpo di “polizia” il cui compito è quello di provvedere ai bisogni della colonia terrestre.
Il nostro alter-ego non sarà un personaggio prestabilito, caratterizzato e ben definito ai fini della trama, ma potrà essere creato da zero tramite un completissimo editor. A prescindere dalla qualità dell’editor, si tratta di una scelta “spersonalizzante” di difficile comprensione, specialmente considerando le caratteristiche del genere jrpg, che da sempre ha tra i suoi punti di forza la caratterizzazione (spesso sui generis) dei protagonisti. A maggior ragione alla luce del successo che la figura di Shulk ha avuto nella precedente iterazione della serie – tanto da essere anche inserito addirittura nel roster dell’ultimo Smash Bros. Se ciò non bastasse, il protagonista sarà anche completamente muto, una caratteristiche che ridimensiona fortemente l’immedesimazione e il legame emotivo con i vari comprimari, i quali, salvo rari casi, risultano comunque fin troppo banali e stereotipati.
Ad aggiungere ulteriori dubbi nei confronti dell’offerta videoludica di questo Xenoblade ci sono due fattori, collegati fra loro, che – secondo il nostro parere – peggiorano sensibilmente l’esperienza di gioco: la lentezza con la quale la storia si dipana da una parte, con il conseguente il numero di ore di gioco necessario per cominciare a vedere qualcosa di interessante, e la debolezza strutturale delle missioni secondarie dall’altra. I capitoli (definibili senza tanti giri di parole “macro-missioni”) che compongono la main quest di Xenoblade Chronicles X sono dodici, ognuna dei quali sarà affrontabile solo una volta soddisfatti determinati requisiti. Per procedere con la trama principale sarà quindi necessario esplorare certe porzioni del mondo di Mira, uccidere alcuni mostri dislocati in anfratti più o meno nascosti, e ritrovare risorse necessarie alla colonia, tutte operazioni da svolgere attraverso l’assegnazione e il superamento delle side quest. Purtroppo tali operazioni dilatano eccessivamente la dimensione narrativa, facendole perdere privandola del ritmo che un’opera di questo genere dovrebbe avere.
In fin dei conti ci troviamo su un pianeta inospitale, braccati da una razza aliena che ci vuole morti, mica in un bistrot a sorseggiare una tisana purificante.
Eccessivamente lento ci è sembrato anche il ritmo della narrazione: prima che possiate vedere qualcosa di davvero interessante occorreranno un numero spropositato di ore, tra le dieci e le venti, se non addirittura qualcosa in più, troppe anche per il più paziente dei videogiocatori.
Una circostanza inaccettabile, se si pensa che la trama principale – e il conseguente grinding necessario per la progressione nella stessa – è collegata a doppio filo con un sistema di missioni secondarie lasciato al caso, dalle dinamiche debolissime e ripetitive. Trattandosi di un jrpg, non c’era certo bisogno di arrivare a livelli qualitativi eccezionali – quelli di The Witcher 3 per intenderci – per le sottoquest, ma almeno avere la lungimiranza di non creare una dipendenza così forte tra la trama e le noiose missioni secondarie. Si tratta di un vero e proprio suicidio.
Quanta classe? quante classi!
Per quanto riguarda la componente puramente ludica, ci troviamo di fronte ad un’evoluzione, neanche troppo marcata, del precedente Xenoblade Chronicles. Il combat system infatti è uno pseudo-real time, il cui ritmo è scandito dai tempi di caricamento di determinate tecniche, le quali infliggeranno al nemico danni calcolati in base alla posizione dell’attacco. Una volta cominciato il combattimento si potrà anche decidere la parte del mostro sulla quale accanirsi, da valutare attentamente per sfruttare le eventuali debolezze dello specifico avversario. Più difficile a dirsi che a farsi, visto che in un paio d’ore sarete pienamente in grado di gestire ogni situazione, sviluppando via via combinazioni sempre più raffinate per ottimizzare l’efficacia dell’attacco. Va inoltre detto che il combat system si sposa incredibilmente bene con le armi da fuoco, presenti in numero molto maggiore rispetto a quelle viste su Bionis e Mechanis.
Anche il sistema di classi è stato implementato decisamente bene, e la scelta di specifici archetipi permetterà di caratterizzare maggiormente il vostro approccio strategico alle battaglie, grazie alla gran varietà di “tecniche” in dotazione a ciascuna classe. Inizialmente la vostra scelta sarà limitata alla sola classe generica dell’avventuriero, e il vostro primo compito sarà quello di raggiungere il decimo livello per sbloccare tre classi specializzate: il commando, maggiormente votato all’attacco ed esperto nella doppia arma; il sicario, tank difensivo in grado di assorbire, grazie al suo scudo, una quantità spropositata di colpi; l’ariete, una sorta di mix equilibrato tra le due precedenti, armato di spada lunga e fucile d’assalto. Specializzandoci in una di queste tre classi – o in tutte e tre, visto che sarà possibile cambiarle a piacimento – potremo sbloccarne altre ancora, con caratteristiche assai più mirate ad uno stile preciso di gioco. Nella sua semplicità è un sistema che funziona alla grande.
Il gioco è affrontabile sia offline che in connesione ai server di Monolith. In quest’ultimo caso avremo la possibilità di arruolare nel nostro party gli avatar di altri giocatori al posto dei personaggi di New Los Angeles e, allo stesso modo, il nostro avatar sarà reclutabile nelle partite degli altri giocatori. Il vantaggio di questo “multiplayer in singolo” è che, durante questi “viaggi” di partita in partita, gli avatar cresceranno e si potenzieranno, una meccanica che incentiva la condivisione. Dobbiamo riportare doverosamente che i server, per ora, ci sono sembrati davvero instabili, obbligandoci alla disconnessione forzata praticamente 9 volte su 10.
Per concludere il discorso ludico, un plauso va ai ragazzi Monolith Soft per l’utilizzo del “paddone” del Wii U, probabilmente il migliore visto fin ora. Tra le mani avremo una sorta di terminale hi-tech in grado di sfondare la quarta parete grazie alla forte sensazione di “interazione” con un vero e proprio gadget del gioco. Il controllo dell’intera mappa e del sistema di sonde – attraverso il quale sarà possibile monitorare e accumulare le risorse del pianeta, o ricercare nuovi lotti del territorio di Mira da colonizzare – tramite il touch è tanto semplice quanto efficace. Forse si poteva fare un tantino di più solo per quanto riguarda la gestione della telecamera, ma è davvero una piccolezza in confronto al resto del lavoro.
Il Wii U non ha mai sudato tanto
Il vero punto forte della produzione è, senza alcun timore di smentita, il mondo di Mira, la cui esplorazione vale da sola “il prezzo del biglietto”. La resa a schermo è a livelli stratosferici e mai, nella mia personalissima carriera di videogiocatore, sono stato tanto rapito da scorci che definire mozzafiato sarebbe davvero riduttivo. La cosa è ancor più sbalorditiva se si pensa che tale maestosità, degna di una vera produzione “next-gen”, gira su un hardware poco differente rispetto a quello montato su console presenti sul mercato da dieci anni. Il merito è tutto della magistrale direzione artistica del variegato e lussureggiante pianeta, spettacolare in tutti i suoi aspetti, dalla morfologia alla fauna, quest’ultima incredibilmente viva nella sua “passività”. Anche la magia dell’illuminazione del ciclo giornonotte, credibilissima, e l’imprevedibilità delle condizioni meteorologiche donano all’esperienza un realismo davvero incredibile.
La cosa che più di tutte caratterizza Mira è però la sua vastità. Il mondo di Xenoblade Chronicles X non è semplicemente grande ma letteralmente gigantesco. Per farvi capire meglio, ed emozionare le vostri sinapsi di esploratori virtuali, è stato calcolato che Mira supera di gran lunga l’estensione delle mappe di Skyrim, Fallout 4 e The Witcher 3 sommate tra loro. Proprio in virtù del fatto che una tale vastità potrebbe – e lo fa – amplificare la sensazione di dispersione, è stata inserita la possibilità di utilizzare gli Skell, poderosi robottoni upgradabili in grado di potenziare il nostro attacco e velocizzare i nostri spostamenti.
Peccato ci sia un poderoso “caveat”: per ottenere il primo mech dovremo raggiungere il livello 30 (!) e superare una serie di missioni finalizzate all’ottenimento di un patentino, mentre per “robotizzare” l’intero party sarà necessario accumulare una somma esagerata di risorse per l’acquisto di altri tre skell.
Insomma, se siete fan del “tutto e subito”, vi consigliamo di rivolgete i vostri soldini verso giochi decisamente più immediati di questo Xenoblade Chronicles X.
Nonostante un comparto grafico miracoloso, non è difficile notare alcune piccole magagne tecniche (inevitabili in questo tipo di produzioni). Se la staticità delle ombre ambientali è tutto sommato comprensibile, a causa proprio delle limitazioni tecniche dell’ammiraglia Nintendo, la scarsa cura nella resa dei modelli dei personaggi, soprattutto quella dei protagonisti, è assai più grave. Le animazioni poi, sono rigidissime durante le fasi esplorative, e poco fluide durante i filmati con il motore di gioco. Il tutto non solo stona terribilmente con la ricchezza del contesto ambientale, ma peggiora, e non di poco, la creazione di un legame empatico nei confronti della propria compagnia.
Parliamo di pupazzoni plasticosi che sono riusciti a farci rimpiangere la vitalità con la quale si esprimevano i poverissimi modelli di Fiora e Shulk nel precedente titolo, nonostante i cinque anni e l’abisso poligonale che dividono il primo Xeroblade e la nuova produzione Monolith Soft. Ci teniamo comunque a precisare che questo aspetto non basta a rovinare quanto di buono è stato fatto, e che il colpo d’occhio di Xenoblade Chronicles X rimane su livelli altissimi.
Un discorso a sè va fatto sul comparto audio che, per usare un termine assai edulcorato, definirei quanto meno “strano”. Sì, perché quasi tutti i pezzi sono cantati, e il genere di riferimento è una commistione di J-Pop ed Elettronica della quale è difficile non apprezzare l’audacia. Questione di gusti ovviamente, ma la scelta – nel mio caso – si è rivelata vincente, dato che, dopo un inizio straniante, mi sono ritrovato a cantare come un cretino l’intera colonna sonora, anche a console spenta. Ho infatti letteralmente adorato tutte – o quasi – le tracce, dal “battle theme” ai pezzi che accompagnano i nostri viaggi sullo Skell.
Xenoblade Chronicles XXX
Apro una piccola parentesi su un tema assai spinoso: la censura. La versione europea del titolo si è vista castrata di una feature importantissima presente nella versione uscita qualche mese fa in terra nipponica : nell’editor del personaggio non è possibile più decidere la dimensione del seno del proprio personaggio.
Ora, scherzi a parte, c’è davvero poco su cui ridere visto che grande mamma Nintendo pensa evidentemente che i videogiocatori europei siano dei deficienti non in grado di gestire la loro carica ormonale – o i loro impulsi materni – se messi di fronte allo stesso editor che, per quanto ne sappiamo, non ha provocato devianze di massa nell’utenza giapponese.
Non mi si venga a parlare di differenze culturali, poiché non è di certo sul porno europeo che vengono applicati dei quadratini semi trasparenti sul pisello degli attori?
Concludendo?
Nella nuova creatura di Monolith Soft le luci sono assolutamente più numerose delle ombre, ma queste ultime sono decisamente pesanti ai fini del giudizio finale.
Tanto per cominciare, Xenoblade Chronicles X è un gioco dalla lentezza disarmante. Non è possibile che un prodotto dalla longevità attestata sulle 70 ore, decolli solo dopo una trentina. Ci è apparsa inoltre inspiegabile la poca cura con la quale sono stati sviluppati alcuni aspetti del gioco, come le animazioni, le missioni secondarie e la narrativa, veri e propri pilastri del genere. Per il resto si tratta di un piccolo (enorme) gioiello, sia tecnico che artistico, in grado di offrire emozioni a profusione, come pochissimi altri titoli usciti in questa generazione di console. Forse è anche per questo che l’odore di occasione mancata risulta più sgradevole del solito.