Habemus Yakuza!
Habemus Yakuza. Ed era anche ora, aggiungiamo noi. Del resto, il viaggio Giappone-Occidente dei capitoli di questa saga è sempre stato un po’ travagliato, e già solo ritrovarselo tra le mani in una lingua che non preveda scarabocchi impossibili è pur sempre un traguardo; inutile nasconderlo, il free-roaming SEGA è un prodotto piuttosto di nicchia, ed incarna usi e costumi di un popolo diametralmente opposto al nostro.
Se in GTA ci si picchia per la conquista del territorio, per il miglior angolo di strada in cui spacciare e per diventare padroni della città, in Yakuza ogni scontro nasconde una verità più profonda. Un fratello che ci ha tradito, un padre che ci ha venduto, una famiglia che ha iniziato a perdere i suoi iniziali valori, il tutto condito da una pennellata di folklore nipponico unico e verosimile.
Giocare a Yakuza significa giocare nel vero Giappone, quello senza onde energetiche, trasformazioni, capelli improponibili ed irrealistiche donne prosperose. Al massimo, ci sono personaggi capaci di incassare più colpi di un carrarmato, ma sono quelle piccole digressioni romanzesche che, piuttosto che ridicolizzare il tutto, non fanno altro che insaporirlo.
Un uomo e la sua guerra
Yakuza 5 non si discosta molto dall’idea dei suoi predecessori, ma la eleva all’ennesima potenza, raggiungendo nuove vette qualitative e diventando, di fatto, il miglior episodio di sempre. Ambientato due anni dopo Yakuza 4 e la quasi-rottura del Clan Tojo, questo quinto capitolo ci fa tornare nei panni dell’intramontabile Kazuma Kiryu, ora sotto nuova identità e scappato da Tokyo per motivi sconosciuti.
Fin dalla opening, è chiaro come ci troviamo di fronte ad un’opera ancor più introspettiva che estende le sue radici nel dramma di un uomo ormai non più giovanissimo, costretto ad abbandonare gli affetti e a tagliare i ponti con chiunque abbia fatto parte del suo passato. La nuova vita di Kazuma è deprimente, buia e solitaria, ma necessaria, se vuole continuare a tenere al sicuro chi ama. Come sempre, però, il prologo è un classico specchietto per le allodole, un’apertura lenta e di facile lettura di un quadro generale che, di semplice, non ha assolutamente nulla. Pochi minuti e già entreranno in scena alleanze tra famiglia malavitose di regioni diverse, rapimenti, omicidi, tradimenti ed una linea divisoria tra fazioni mai più labile di così. Il nostro Kazuma si sarà anche lasciato alle spalle la vecchia vita, ma è proprio la vecchia vita ad inseguirlo e a bussargli nuovamente alla porta.
Qualcuno diceva: puoi togliere un uomo dalla guerra, ma non puoi togliere la guerra da un uomo. È incredibile notare come, dopo tutti questi anni, la sceneggiatura generale non ammetta ancora cedimenti di alcun genere. Certo, il ritmo è sempre minato da numerosi momenti morti e digressioni a tratti esagerate, ma il gusto di Yakuza è sempre stato anche un po’ quello: si concede tutto il tempo necessario per scavare nella psicologia dei personaggi, ci mostra come interagiscono tra loro e ci porta per mano, anche se lentamente, verso un finale perfetto, esplosivo, appassionante, illuminante e a tratti persino commovente. I colpi di scena si susseguono senza sosta, ve lo assicuriamo, in quello che – senza se e senza ma – è uno dei “mistery drama” migliori di sempre.
Tutto cambia
A livello di gameplay, finalmente, iniziamo a notare anche qualche cambiamento. Per quanto il miscuglio di libertà e “simpatica” violenza fosse sempre bastato a mandare avanti la baracca, bisogna anche ammettere come il sistema di gioco sia rimasto pressocchè invariato fin dal primissimo episodio apparso su PS2. Persino buona parte delle combo e tecniche speciali del protagonista, così come intere zone esplorabili, sono state riciclate più spesso del dovuto. Con Yakuza 4 già abbiamo assistito ad un passo avanti, grazie all’introduzione di altri tre personaggi giocabili, tutti unici e differenziati tanto nel carattere quanto nello stile di combattimento, ma Yakuza 5 fa jackpot a man bassa.
I tempi di sviluppo raddoppiati mostrano fin da subito i loro frutti, con un motore grafico rinnovato e capace di muovere cittadine più vive che mai, ed una varietà di luoghi visitabili che ha davvero dell’incredibile. Eccezion fatta per il primo ed il quarto episodio, Yakuza ha sempre offerto una seconda città esplorabile, oltre al classico quartiere di Kamurocho, ma il numero massimo a cui siamo arrivati è stato sempre due. Ci si ritrova un po’ spiazzati, ora, nell’apprendere come Yakuza 5 ne abbia ben quattro, di zone giocabili. Anche di più, se si considerano le varie periferie. Perchè, sì, Yakuza 5 non è solo metropoli e cemento, ma anche selva incontaminata, foreste innevate e pericoli del tutto nuovi per la serie. Se prima dovevate guardarvi le spalle da teppistelli e mafiosi in erba, ora dovrete avere la meglio anche sulla natura stessa: parliamo del rischio di morire di ipotermia, di animali selvatici che scorrazzano a destra e a manca, e tanto altro ancora. Yakuza 5 estende le proprie grinfie in generi e missioni che non aveva mai toccato prima, dalla guida di automobili all’utilizzo di armi da fuoco e, per quanto tutte queste introduzioni siano spesso legate a compiti secondari e non siano chissà quanto profondi, è sempre bello notare come sia sempre presente la voglia di spingersi un po’ più in là e di offrire seri cambiamenti ad una saga che va ormai avanti annualmente da quasi un decennio. Già solo la volontà di abbandonare le enormi (ed irrealistiche) Zone a Traffico Limitato per catapultarci in una città che brulica anche di vita motorizzata, oltre che pedonale, è da apprezzare.
Avversari che si raggruppano in gang più realistiche, che perdono fiducia quando vedono il proprio boss al tappetto e che possono scappare dall’arena o addirittura chiamare rinforzi, sono solo la ciliegina sulla torta. L’esperienza di Yakuza 5 può ancora essere riassumibile in un free-roaming con forti componenti da picchiaduro e ruolistiche. Si gira in città, si segue la trama principale, si deraglia su centinaia (letteralmente) di compiti secondari, si sale di livello, si comprano nuove tecniche con cui farsi valere in battaglia e, in linea di massima, ci si tiene occupati con una mole di contenuti da 100 e più ore potenziali. L’introduzione di Haruka come personaggio giocabile, tra l’altro, è anche una piacevole ventata d’aria fresca, capace di trasformare il gioco da picchiaduro a rythm-game, sulla falsariga di un Miku Hatsune a caso. Ce n’è davvero per tutti i gusti, ve l’avevamo detto.
C’è così tanto che, a volte, è lo stesso racconto a soffrirne; racconto che ancora una volta tocca picchi di rara eccellenza, ma fin troppo spesso trattenuto da numerosi distrazioni che spingono il giocatore ad abbandonare la “retta via” e a farlo cimentare in altro. Ne avevamo già parlato prima, e – a dirla tutta – questo tipo di difetto non giunge neanche totalmente nuovo alle orecchie del fan più navigato.
Concludendo…
Yakuza 5 è in assoluto, e senza mezzi termini, il miglior capitolo della saga. Per quanto il parere sulla bontà della trama vada sempre e comunque a gusti (oggettivamente, però, parliamo comunque di un “giallo” appassionante e solidissimo), è proprio sul gameplay che vince e convince. Per quanto si porti ancora dietro una concezione delle battaglie piuttosto arcaica (soprattutto in un periodo in cui, sotto questo aspetto, sono i vari Batman a farla da padrone), ci ritroviamo di fronte ad un episodio svecchiato in più punti e con una mole di contenuti capace di far impallidire ogni suo concorrente. Nonostante il peso degli anni inizi a farsi sentire, soprattutto sull’aspetto grafico, Yakuza 5 ha cuore, cervello e muscoli, come prima e più di prima.
Serve davvero aggiungere altro?