Vogliamo il tiro allo zombie a Tokyo 2020
Ok, ammettiamolo, massacrare orde di non morti a vari stadi di decomposizione è sempre stata una delle attività “ammazza-pensieri” preferite da noi videogiocatori.
Ad oggi è infatti difficile trovare un singolo studio o publisher che non abbia almeno un po’ di carne morta nel proprio passato videoludico. Basti pensare che il primo gioco sviluppato dall’allora Ubi Soft Entertainment Software fu Zombi, un’avventura arcade ispirata, piuttosto fedelmente, all’omonima (almeno da noi) pellicola del leggendario George A. Romero.
E proprio a quella stessa pellicola – nota ai più come Dawn of the Dead – si ispira anche il primo capitolo di Dead Rising, uno dei giochi più significativi del curriculum horror di Capcom, forse perfino più rivoluzionario dell’originale Resident Evil, il titolo per cui venne coniato il termine “survival horror”.
Potrà sembrarvi un’eresia alimentata a dosi clinicamente rilevanti di vino allo zolfo ma, prima di procedere al linciaggio, permettetemi di spiegare il punto.
Dead Rising fu, di fatto, il primo titolo ad associare il sottogenere “zombie” a quelle meccaniche sandbox che ora sembrano essere diventate il minimo comun denominatore del mercato tripla A, nonché il primo gioco a offrire al pubblico un’incarnazione poligonale di “apocalisse zombie” degna di tale definizione.
Nei panni del fotoreporter d’assalto Frank West, il giocatore poteva fare qualsiasi cosa, perfino arrivare alla fine del gioco (ritmato da un inarrestabile conto alla rovescia) senza completare nessuno degli incarichi assegnatigli, preferendo magari spendere del tempo di qualità sminuzzando tutti e 53.594 gli abitanti “zombificati” di Willamette, la ridente cittadina del Colorado nella quale è ambientato il primo capitolo della serie.
Ora, a dieci anni esatti dall’esordio della saga semiseria di Capcom, lo studio ci propone un pacchetto triplo contenente i remaster dei primi due capitoli e di Off the Record, versione alternativa di Dead Rising 2 con protagonista Frank West, e noi, malgrado questa premessa inutilmente prolissa, non possiamo fare a meno di chiederci: vale la pena di investirci i nostri sudati talleri?
Bene ma non benissimo
Cominciamo col dire che Dead Rising: Triple Pack è una collection di remaster essenziale, e non nel senso contestualmente migliore del termine. Fatta eccezione per l’upgrade a 1080p per 60 fps (non sempre stabili), il pacchetto non include infatti alcuna novità, zero modifiche al gameplay e nessuna aggiunta di sorta. Anzi, a voler essere precisi, il Triple Pack risulta orbo di Dead Rising: Case Zero e Case West, due contenuti stand-alone che ampliano il contesto narrativo del secondo capitolo della serie. L’aggiornamento grafico, tra l’altro, non ha praticamente alcun effetto sulla qualità generale del gameplay, specialmente nel caso del primo Dead Rising. Al suo esordio nel 2006 il gioco di Capcom non vantava infatti il più fluido e responsivo dei sistemi di controllo, tutt’altro, una pecca a cui lo sviluppatore aveva ovviato rendendo gli zombie di Willamette lenti e relativamente semplici da gestire.
Con il gioco ancora legato a doppio filo a queste limitazioni, il raddoppio dei frame a schermo poco o nulla contribuisce al miglioramento dell’esperienza, che risulta sostanzialmente sovrapponibile a quella di 10 anni fa. Il primo Dead Rising è invecchiato maluccio, va detto, e l’assenza (old school) di checkpoint, associata alla macchinosità del sistema di controllo e all’inalterata idiozia artificiale degli npc, potrebbe scoraggiare tutti quei giocatori che, in vista dell’uscita del quarto capitolo, contavano di avvicinarsi alla serie con questi remaster. Il taglio più moderno del secondo capitolo e di Off Record (che, di base, è lo stesso gioco), usciti nel 2010, fa sì che la transizione generazionale risulti meno traumatizzante, specialmente per i neofiti della serie. I due titoli risultano ancora decisamente godibili, sebbene il costante backtracking di Dead Rising 2 – maledetto sia lo Zombrex – rappresenti, ora come allora, una costrizione piuttosto invalidante per la formula open world del gioco. Anche dal punto di vista tecnico, gli ultimi due giochi del Dead Rising: Triple Pack sono quelli che hanno tratto i maggiori benefici da questo restyling generazionale sebbene, lo ribadiamo, l’intervento in questione è limitato all’aggiornamento di risoluzione e frame rate. In definitiva, nel caso abbiate giocato a Dead Rising 2 e a Off the Record nel 2010, l’esperienza su console di nuova generazione non vi offrirà niente di nuovo.
Concludendo…
Dead Rising Triple Pack è una riedizione il cui valore intrinseco rispecchia esclusivamente quello dei tre giochi contenuti al suo interno. Questo perché il lavoro di rimasterizzazione svolto per i tre giochi risulta “essenziale” al limite del superficiale. Nel caso abbiate già giocato ai titoli inclusi in questo triplo pacchetto al momento del lancio, sappiate che le nuove versioni non vi offriranno niente di nuovo. Se invece siete neofiti della serie, alla ricerca di qualche ora di divertimento senza pensieri, non possiamo che consigliarvi di fare vostri i giochi in questione. A voi la scelta se optare per i remaster o per le versioni originali.