Da El Topo a No More Heroes: una reinterpretazione moderna

Nel 1970 uscì un film intitolato El Topo, scritto, diretto e interpretato da Alejandro Jodorowsky. Si tratta di un vero e proprio cult del cinema western, ancora oggi idolatrato e amato da una schiera di cultori del celeberrimo regista cileno. Ma evitiamo di tirarla per le lunghe: la trama vedeva il protagonista affrontare i quattro migliori assassini del deserto per dimostrare il suo valore alla donna amata. Gōichi Suda, meglio conosciuto come Suda51 e fan del film, un giorno ebbe la brillante idea di riadattare quelle idee sotto forma di videogioco. Ed ecco che dal cilindro sbucò fuori No More Heroes, uno dei giochi più strambi e iconici degli ultimi anni.

 

 

Heroes’ Paradise

Il protagonista di No More Heroes è Travis Touchdown, un otaku abbastanza sfigato che vive nella desolata cittadina di Santa Destroy. Fan del wrestling e degli anime, gli capita improvvisamente di vincere una spada laser in un concorso online, la stessa che userà per eliminare il suo primo assassino. A Santa Destroy dimora infatti un’agenzia di spietati assassini, collocati sui diversi gradini di una classifica tramite la quale questi individui possono sfidarsi e scalare di rango acquisendo fama e onori. Partendo quindi dall’undicesima posizione, Travis comincia la sua sanguinaria camminata verso il giardino della follia. Ma più che per sete di sangue, Travis aspira la prima posizione unicamente perché vuole portarsi a letto Silvia, la portavoce dell’agenzia degli assassini che offrirà al protagonista indicazioni più o meno utili sul suo prossimo bersaglio .

Con queste premesse, capite bene come No More Heroes spesso e volentieri fatichi a farsi prendere seriamente, offrendo ai giocatori un contesto spensierato e all’apparenza infantile. Malgrado questa presentazione tendente al trash, No More Heroes sa però essere molto di più, e mostra il suo spessore nascosto con un substrato filosofico esistenziale e con critiche sociali neanche troppo velate. Lo stesso Travis – rivisto nel mio recente replay in vista di questo speciale – ora ricorda terribilmente me stesso a 16 anni, stravaccato in camera a giocare ai videogiochi e a guardare anime, incapace di andare fuori a fare qualche lavoretto o di anche solo tentare di essere meno pigro del solito. Il protagonista va a rispecchiare proprio la concezione che, almeno ai tempi, veniva affibbiata al videogiocatore/nerd medio. E non sto assolutamente affermando che questo fosse necessariamente vero – o che io oggigiorno abbia smesso di essere un pigrone stravaccato sul divano – ma piuttosto che ciò, in qualche modo, arrivasse a creare una forma di legame o addirittura sintonia con Travis.

E così è stato per me, mentre il gioco mi obbligava a fare i lavori più stupidi e fuori di testa della storia per raccimolare soldi da usare per il prossimo duello della classifica. La scalata al “potere” di No More Heroes ha infatti delle regole molto precise e all’apparenza piuttosto infami: toccherà quindi dedicarsi a umili lavori manuali e missioni di assassinio per poter pagare le bustarelle a Silvia e farci preparare il prossimo scontro. Una routine messa in piedi grazie a un’improbabile quanto funzionale modalità free roaming, dove avremo modo di salire sulla nostra moto e girovagare – più o meno – liberamente per Santa Destroy. Si tratta di una componente piuttosto scialba, resa particolarmente irritante da un sistema di controllo macchinosissimo, ma che ancora oggi mantiene un certo fascino grazie alla particolare atmosfera del gioco. Detto ciò, la città risulta sostanzialmente vuota e priva di attrattive, resa ancora più sgradevole dal continuo viavai che ci viene imposto dalla totale mancanza del viaggio rapido.

 

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E questo vale anche nel caso vogliate rigiocarvi delle missioni già fatte, circostanza che rende le ore finali di No More Heroes – quelle in cui vi serviranno tonnellate di soldi – piuttosto noiose e frustranti. Comunque, come anticipato, nel gioco dovrete darvi da fare, andando qua e là a salvare gattini, raccogliere scorpioni, dare indicazioni navali – attenzione ai missili – e via dicendo, facendo nascere in voi dubbi e perplessità sul fatto che magari vi state applicando più del dovuto in delle attività del tutto virtuali che magari converrebbe fare dal vivo. Ma non solo: Travis dovrà anche badare a sé stesso, e per farlo avrà a disposizione un negozio in cui cambiare abbigliamento, una palestra dove allenarsi – e qua i sensi di colpa mi hanno spinto a rinnovare la mia iscrizione in real life – e vari altri posti come una videoteca dove rifornirsi di video sul wrestling e un negozio di armi dove potenziare la spada laser. E nel caso siate troppo stanchi, potrete sempre tornare al vostro appartamento, per giocare col gatto e ammirare la vostra collezione di figurine e maschere dei luchadores.

Una volta che avrete finito di raccogliere gattini, si sbloccheranno le missioni di assassinio e le cose si faranno più interessanti, mettendo Travis in campo contro decine di nemici da affrontare secondo regole precise. Si tratta di un buon allenamento, dove avrete modo di testare al meglio il gameplay. Riguardo quest’ultimo e fondamentale punto, No More Heroes ebbe ai tempi il pregio di essere uno dei giochi più interessanti per Wii, grazie all’implementazione quasi totale dei sensori di movimento. Che abbiate il Nunchuck o il Playstation Move, potrete decidere la potenza e la tipologia degli attacchi in base all’inclinazione dell’apparecchio, con il quale potrete decidere se piazzare attacchi veloci o potenti. Avrete anche modo di caricare queste mosse a discapito però della batteria della “Beam Katana”, che a ogni colpo inflitto o parato perderà gradualmente energia. Ricaricarla è una scenetta divertentissima in cui vi toccherà agitare il controller su e giù finché Travis, imitando lo stesso movimento in un modo… bé, più intimo, non avrà ricaricato l’arma.

Essendo Travis, come già detto, un fan del wrestling, sarà possibile effettuare delle prese speciali una volta storditi i nemici, eseguire degli specifici movimenti mostrati di volta in volta sullo schermo. Stesso discorso per i fendenti finali, che oltretutto attiveranno una breve roulette che se allineata ci donerà abilità uniche a tempo, come mosse da one shot o fendenti energetici dalla distanza. Nel caso non disponiate dei controller Move, la versione PS3 del gioco riadatta egregiamente il gameplay al classico pad tradizionale, solo che, da questa prospettiva, No More Heroes risulta un’esperienza abbastanza legnosa, minata dagli anni e incapace di tenere testa agli action più famosi sulla piazza.

 

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Ma passiamo al vero punto forte dell’esperienza: i boss. Se non fosse stato per le sopracitate attività “collaterali”, No More Heroes sarebbe stato una boss rush vera e propria, come lo è stato per il recente Furi, che in sede di recensione mi ha ricordato più e più volte il gioco di Suda51. Ma a differenza di Furi, appunto, No More Heroes tenta un approccio più classico, riempendo le sessioni di nemici e power up. Gli scontri coi boss sono comunque delle aree a parte, dove affronteremo diversi avversari che metteranno alla prova le nostre abilità permettendoci di verificare se siamo pronti alla bossfight. E, giunti all’ennesimo bagno – in No More Heroes il metodo di salvataggio è questo – prima del boss, sarà sempre elettrizzante pensare a cosa possa celarsi nella stanza successiva.

E l’attesa verrà degnamente ricompensata ogni volta, perché i boss sono il vero fiore all’occhiello del gioco, nonché l’elemento attraverso il quale la geniale pazzia di Suda51 viene espressa al massimo, e ci regala alcuni degli scontri più iconici e folli di cui si abbia memoria. In un tripudio di pulp e violenza, ma anche divertimento e pazzia, i nostri avversari si riveleranno vari, e caratterizzati da pattern d’attacco completamente diversi che renderanno ogni scontro una nuova esperienza. Mi secca non poter dire di più, ma ogni scontro sarà un gioco a parte, con le sue regole ben precise e con una carica di stile davvero encomiabile. Nomi come Shinobu e Bad Girl vi rimarranno impressi una volta che ci avrete avuto a che fare, posso garantirvelo.

E così via, da un boss all’altro, vi ritroverete a gironzolare per le strade di Santa Destroy e potenziarvi facendo i soliti lavoretti senza senso.

 

 

Cosa vi siete persi

No More Heroes non è un titolo perfetto, specialmente se consideriamo le pecche della giocabilità. Il titolo offre un gameplay basilare e sicuramente interessate, ma sprovvisto dello stile e della fluidità dei migliori esponenti del genere. Le stesse attività secondarie risultano piuttosto effimere, colpa anche di una modalità free roaming poco ispirata – guarda caso completamente rimossa nel sequel – che risulta a tratti snervante. Ciò che ha reso il pupillo di Suda51 un vero cult è piuttosto lo stile unico che ancora oggi echeggia forte nonostante siano passati più di 8 anni dall’uscita del gioco. Grazie a delle idee visionarie e alla vagonata di eccentricità nascosta dietro a ogni pixel, No More Heroes conquista i giocatori con il suo stranissimo carisma.

Anche la storia, come accennato prima, parte in un modo piuttosto spensierato e ironico: il tutorial è – di fatto – il membro numero 11 della classifica e i dialoghi tra lui e Travis hanno dell’assurdo, tra riflessioni sul senso della vita e dissertazioni sulla soddisfazione che porta uccidere gli altri. Cose che inizialmente sembrano messe lì tanto per, ma che col passare dei boss diventano sempre più profonde e inquietanti. Travis maturerà volta per volta, mettendo quasi in secondo piano l’obiettivo di portarsi Silvia a letto e sviluppando una maggiore empatia nei confronti dei nemici che incontrerà durante la sua carneficina. Si tratta di un risveglio interiore, una presa di coscienza profonda: Travis parte come il classico sfigato, ma giunge alla fine come un uomo vero, che ha preso in mano la sua vita e che si è applicato nel risvegliare la sua umanità.

La stranezza dei dialoghi nasconde un inno motivazionale incredibile: i personaggi ci trattano come mezze calzette dandoci però allo stesso tempo la carica per applicarci al meglio. No More Heroes non è assolutamente una propaganda alla vita e all’impegno, ma piuttosto una sveglia per lo spirito d’iniziativa nei confronti di quella vita agiata e spesso banale nella quale ci scopriamo a crogiolarci. Onde evitare di farmi dire altre stupidate, comunque, ci tengo a sottolineare che No More Heroes ha anche il pregio di sfruttare il foreshadowing coi boss, presentando background drammatici come quello di un attivista politico spietato che però ha dei problemi con la figlia, o quello di una ragazzina costretta già dalla tenera età a diventare un’assassina per il suo desiderio di vendetta. L’esempio più clamoroso rimarrà il boss finale, che attraverso un divertentissimo sfondamento della quarta parete deciderà di raccontarci la sua terribile storia 10 volte più velocemente del normale, poiché altrimenti il gioco avrebbe rischiato di essere bloccato e mai pubblicato. E in rete potete tranquillamente vedere il video a velocità normale e rimanere basiti su come No More Heroes tratti certi argomenti senza battere ciglio, abbattendo i tabù videoludici del sesso, della droga e della violenza in generale. Qualcosa che forse oggi non è poi così d’impatto, ma che ai tempi su un vero atto di coraggio.

 

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Il comparto audiovisivo sprizza di energia, con un motore grafico magari non particolarmente pulito – e neanche troppo fluido – ma arricchito da uno stile e un design che si rifanno direttamente agli anime, donando carattere al gioco, che riesce a eccellere nella regia dei video e dei dialoghi, sempre fra le righe e incredibilmente espressivi. Ma è la colonna sonora ciò che rende No More Heroes leggenda: Masafumi Takada e Jun Fukuda non si sono dati freno e hanno creato brani che spaziano dall’industrial, al drum and bass e al classico e incalzante J-Pop. Questo, unito al talento per il montaggio di Suda51, rende l’esperienza di No More Heroes ancora più godibile e stilosa. Non ripeterò mai abbastanza volte questa parola e mai basterà, perché se è vero che il solo stile non basta a salvare un gioco, nel caso di No More Heroes riesce a portare l’esperienza su un livello nettamente superiore.

Se avete difficoltà a procurarvi la versione originale per Wii, sappiate che nel 2010 il gioco è stato rimasterizzato e potenziato per PS3 col nome di No More Heroes: Heroes’ Paradise, con qualche piccolo extra molto gradito, come vari scontri speciali con dei boss del sequel, No More Heroes 2: Desperate Struggle – un giorno parleremo anche di quello – e qualche aggeggio in più che vi sarà utile nella vostra scalata ai vertici della classifica degli assassini. Rimossa soprattutto la censura, che nella versione originale levava il sangue e copriva le menomazioni. Si tratta forse dell’esperienza definitiva di No More Heroes, che senza censure finalmente può esprimere al meglio le sue perversioni, le citazioni pop – da Star Wars ai giochi a 16 bit – e tutto ciò di bello che Suda51 ha saputo inventarsi.

No More Heroes è violento, sessista, sempre al limite sul trattare temi che poco gli si confanno, ma che riesce incredibilmente a gestire facendo riflettere oltre che scandalizzare. Il suo gameplay non sarà invecchiato nel migliore dei modi, e alla lunga potrà risultare perfino stancante, ma l’atmosfera, lo stile, la storia, i personaggi, lo stile, il sonoro, i boss e lo stile ve ne faranno innamorare alla follia.

Abbiamo già detto che il gioco è carico di stile?

 

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