È notizia di qualche settimana fa la polemica scaturita dall’ambiente neonazista americano nei confronti di Wolfenstein 2: The New Colossus, uscito proprio in questi giorni. Facciamo un rapido recap per chi avesse vissuto in una grotta cibandosi di muschio e licheni; la serie Wolfenstein, che ha esordito nel 1981 con Castle Wolfenstein ed è proseguita successivamente col ben più celebre Wolfenstein 3D del 1992, vi mette nei panni del valoroso William “B.J.” Joseph Blazkowicz, un soldato statunitense di origini polacche, armato fino ai denti e pronto a compiere un’ecatombe di nazisti. L’ultimo capitolo della serie sviluppato da MachineGames e distribuito da Bethesda non fa di certo eccezione e si è presentato al mondo con una massiccia propaganda accompagnata dall’hashtag #NoMoreNazis, destando malumore e scompiglio nelle frange dell’estrema destra americana, ultimamente tornata alla ribalta dopo l’elezione di Donald Trump. La risposta di Bethesda non si è fatta aspettare ed è qui riportata nelle parole di Pete Hines “Siamo certamente a conoscenza di ciò che sta accadendo in America, e di come tutto questo possa toccare alcuni temi trattati in Wolfenstein 2. Wolfenstein è stato un gioco anti-nazista sin dalla release del suo primo capitolo, avvenuta oltre 20 anni fa.
Non ci stiamo dimenticando di ciò di cui il gioco tratta. Semplicemente non crediamo sia una novità, per noi, dire che i nazisti siano cattivi e contrari a tutto ciò che l’America rappresenta, e non siamo affatto preoccupati del trovarci dal lato giusto della storia, in questo gioco.”
Una posizione netta quella del vice presidente portoricano, in netta contrapposizione all’agnosticismo politico adottato frequentemente da sviluppatori e case produttrici, atteggiamento di sicuro più consono in seno alle strategie di marketing ma decisamente povero dal punto di vista educativo. L’impatto dell’universo videoludico nella cultura di massa si attesta oramai su livelli altissimi, basti pensare a fenomeni mainstream come le saghe di Grand Theft Auto, Call of Duty, FIFA e via discorrendo; ma nella moltitudine di titoli guidati dal mero scopo ludico (e talvolta commerciale..) si ergono alcuni giochi, che, consapevoli della portata della loro influenza, si fanno promotori di messaggi complessi e profondi che stuzzicano in maniera poco ortodossa il giocatore.
Da grandi poteri…
Era il 1998 e veniva pubblicato Metal Gear Solid, tanto si è detto e si è scritto sul gioco ideato da Hideo Kojima, ma su un punto si è tutti totalmente d’accordo: il mondo dei videogame non sarà più lo stesso. Per la prima volta nel contesto videoludico venivano affrontati temi quali il pacifismo, la denuclearizzazione, la guerra fredda, ecc. I giocatori venivano bombardati di stralci di storia reale e politiche di armamento davvero avvenute, Kojima decide di utilizzare la propria creatura come vettore di cultura di attualità storica, potendo anche sfruttare hardware di nuova generazione per rendere il tutto ancor più coinvolgente grazie alla terza dimensione. I successivi capitoli del franchise prodotto da Konami non sono da meno ed estendono il range di tematiche affrontate: come l’eredità genetica e l’uso improprio della tecnologia in Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, il patriottismo in Snake Eater, il rovinoso scenario bellico di prospettiva futura nel quarto capitolo ed infine un fantastico excursus sulla potenza dei linguaggi in The Phantom Pain. Lui stesso affermerà a ridosso dell’uscita di Metal Gear Solid 4: Guns of The Patriots “Non esprimo giudizi sulla guerra, voglio solo far riflettere sul fatto che ormai i conflitti non sono più gestiti dalle nazioni ma dalle aziende private in cerca di conflitti. È un sistema che si autoalimenta e coinvolge migliaia di aziende.”
Restando sempre in tema bellico non si può non citare Spec Ops: The Line, lo sparatutto in terza persona targato 2K Games e datato 2012 catapultava il giocatore in un inferno di sangue e pallottole ispirato a Cuore di Tenebra di Joseph Conrad. Gli sviluppatori del gioco, lo studio Yanger Development, hanno voluto calcare la mano sull’esperienza disumana della guerra e sulle conseguenze subite da chi l’ha vissuta, quella che in termine medico viene chiamato sindrome da stress post traumatico. Spec Ops The line non è riuscito a brillare nel panorama videoludico a causa di vari problemi legati al sistema di gameplay, ma non si può negare ai ragazzi di Yanger Development di aver realizzato una struttura narrativa di grande impatto emotivo-sociale che resterà nella storia dei videogame, se non altro per la sua peculiarità nel toccare argomenti decisamente poco consoni agli standard videoludici.
Questi sono solo un paio di esempi di giochi veicolati da una consapevolezza fuori dalla norma, contestualizzando in tempi recenti i primi che ci vengono in mente sono This War Of Mine, dei polacchi 11 Bit Studios (ottimo survival game basato sull’assedio di Sarajevo) e, volendo cambiare spettro tematico, il meraviglioso Life Is Strange, dove seppur in un’ottica piuttosto adolescenziale vengono analizzate questioni di attuale rilevanza come il bullismo e l’orientamento sessuale o il recentissimo Hellblade: Senua’s Sacrifice nel quale viene affrontato in maniera davvero originale il tema della schizofrenia.
…derivano grandi responsabilità
Come già affermato in capo all’articolo, oggigiorno quello dei videogame è uno dei fenomeni di massa più influenti esistenti. Alcuni sviluppatori hanno colto la palla al balzo e ne hanno approfittato per rendere partecipi i giocatori di tematiche profonde e complesse, anteponendo la consapevolezza al mero scopo ricreativo e/o commerciale, e dimostrando che l’una non pregiudica le altre. Troppo spesso ci siamo imbattuti in critiche feroci ed articoli sensazionalistici sui videogame e la violenza, e troppe volte ci siamo ritrovati a combattere contro i mulini a vento dell’ignoranza e del pregiudizio; l’avvento di tecnologie sempre più all’avanguardia possono essere un ottimo trampolino di lancio per analisi costruttive su ciò che ci circonda, anche nel quotidiano. Si spera che sempre più software house trovino il coraggio di lanciare i propri messaggi e che ci sia sempre più consapevolezza nell’universo videoludico. E voi cosa ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti!