Mai come in questo periodo la questione relativa alle microtransazioni nei videogiochi è sulla bocca di tutti. Ne parla la stampa specializzata, ne parla l’industria e ne parla l’utenza. Tutto è cominciato con la messa in discussione di quelle presenti in Forza Motorsport 7, dove la decisione di modificare il funzionamento del VIP Pass ha scatenato l’ira dei giocatori spingendo Turn 10 a un deciso passo indietro, si è passati poi a La Terra di Mezzo L’Ombra della Guerra a Destiny 2 e si è finito, almeno per ora, con un’ancora più poderosa ritrattazione da parte di Electronic Arts e DICE, responsabili di una metodologia che aveva tutta l’aria di essere stata ideata al fine di spennare per bene tutti coloro che avessero acquistato Star Wars Battlefront II. L’indignazione a furor di popolo è degradata in minacce di morte e anatemi vari contro gli sviluppatori, i quali seppur colpevoli di qualcosa non dovrebbero essere sottoposti a così barbariche rimostranze. I DLC prima e le microtransazioni poi, rappresentano a torto o a ragione il futuro dei videogiochi. Si tratta di pratiche che posso portare benefici se gestire bene ed esasperare gli animi se gestite male. Una cosa però è chiara, una parte dell’utenza, quella stupida, ignorante e pressapochista sta condannando un intero sistema.

Cosa sono le microtransazioni?

È bene a questo punto chiarire subito di cosa stiamo parlando. Sono molti infatti coloro che pur non avendo un’idea chiara delle microtransazioni, esprimo opinioni che buttano nel calderone tutto ciò che ne ha la parvenza senza effettuare i dovuti distinguo, le quali spargendosi per la rete non creano altro che confusione. Una microtransazione è un acquisto con valùta reale effettuato all’interno di un gioco o applicazione in generale, tale acquisto è rivolto all’ottenimento di oggetti, crediti o DLC da utilizzare nel su detto. Oggetti e crediti sono le categorie di microtransazione più gettonate, allo stesso tempo le più odiate e messe all’indice, questo perché i primi possono essere sia semplici miglioramenti estetici che vantaggi nel gioco, i secondi possono a loro volta aprile le porte a oggetti e abilità che rendono migliori le prestazioni di chi le acquista a scapito di chi preferisce non farlo. Un esempio pratico può essere fatto tirando in ballo Assassin’s Creed Origins o uno qualsiasi dei precedenti titoli della serie da Black Flag in poi. In Origins è possibile spendere valùta reale per acquistare crediti Helix da utilizzare successivamente per ottenere cavalcature, armi, scudi, vestiario e salvatempo i quali andranno in parte a incidere sull’aspetto esteriore del personaggio (cavalcatura e vestiario), in parte influiranno anche sul gioco (armi, scudi e salvatempo) perché i loro valori di attacco/difesa potrebbero essere migliori rispetto a quanto un giocatore dovrebbe ottenere in quel determinato punto del gioco e perché i salvatempo svelano subito i luoghi nascosti senza bisogno di cercarli da sé. Il nuovo titolo Ubisoft lo sappiamo, ha una vocazione squisitamente a giocatore singolo, quindi anche qualora si acquistassero oggetti che migliorano le caratteristiche del personaggio principale, l’influenza delle stesse sarebbe applicabile solo a chi in quel momento sta giocando e non andrebbe a minare la partita di qualcun altro. Allora cosa dire delle microtransazioni nei giochi online?

Voglio tutto, lo voglio subito e voglio essere migliore di te

A questo proposito esistono due categorie di giochi online: quelli che permettono l’acquisto unicamente di elementi estetici e i così detti pay to win, che prevedono il pagamento di soldi reali per vincere. Nel primo caso ci troviamo davanti titoli come Overwatch o giochi free to play, che per rientrare dei costi di sviluppo, di mantenimento dei server e di lancio di espansioni gratuite devono obbligatoriamente inventarsi qualcosa per guadagnare, cioè i celebri scrigni del tesoro. Nel secondo caso ci troviamo di fronte a giochi come Clash Royale e simili, dove ogni scusa è buona per far aprire il portafogli al giocatore, il quale nella stragrande maggioranza dei casi stupidamente lo fa. L’utente che ha pagato ottiene prima una cosa sulla quale avrebbe potuto mettere le mani gratuitamente ma perdendoci molto tempo per sbloccarla, cosa che lo renderà migliore e probabilmente vincente nei confronti di chi non vuole o non può investire denaro reale nel gioco. Gli sviluppatori di questi titoli fanno leva sulla più antica e naturale delle voglie umane, sesso a parte: quella di essere migliore degli altri. Badate bene che è una cosa che si applica a molti se non a tutti gli aspetti della vita di un uomo. Restando nel campo dei videogiochi possiamo fare l’esempio delle edizioni limitate. Chi le vende fa leva proprio su meccanismi del genere: “Ho comprato il nuovo Assassin’s Creed!”, “A sì? Io ho comprato la Super Mega Edition con la statuetta, l’artbook, le cartoline, il Season Pass, la colonna sonora, le missioni aggiuntive, un pezzo del braccio del protagonista, ecc. ecc.”. Chi di voi può giurare di non essersi mai vantato davanti agli amici in modo simile a questo?

EA è il peggior editore della storia dei videogiochi

Qual è stato l’errore di Electronic Arts con le microtransazioni di Star Wars Battlefront II? È stato sicuramente quello di spingersi troppo oltre con le meccaniche pay to win. Sbloccare Luke Skywalker richiedeva 60.000 crediti, per accumulare i quali erano necessarie 40 ore circa di gioco, a questo punto è meglio spendere qualche decina di euro in valùta di gioco e comprarlo direttamente o acquistare gli scrigni che ti danno personaggi, oggetti e altro in modo casuale. Se a questo aggiungiamo la già brutta nomea che l’editore statunitense si è fatto nel corso degli ultimi anni, il dado è tratto e l’insurrezione del popolo giocante armato di forconi e sete di sangue ha fatto il resto. A guardar bene però la colpa di ciò che sta accadendo riguardo questo argomento va divisa equamente tra chi come EA vuole sfruttarle troppo e chi come il popolo giocante le utilizza. I rivoltosi della rete sono gli stessi stupidi, idioti e pressapochisti che pagano un gioco a prezzo pieno e poi preferiscono pagare ancora per non giocarlo acquistando armi, salvatempo, crediti e compagnia bella che ne facilitano l’esperienza. Sono coloro che dopo aver speso un patrimonio reale acquistando oggetti intangibili, vanno a vantarsi con gli amici o riempiono internet di video e meme riguardo la loro grandezza. Sono coloro che si arrabbiano, bestemmiano e piangono quando un cristo qualsiasi che non ha speso una lira in più del dovuto, azzacca loro una, due, tre uccisioni di fila. Sono coloro che comprano volentieri 30 euro di DLC, con parti di gioco palesemente tagliate dal prodotto originale e non si lamentano. Sono persone a cui piacere essere presi per i fondelli e spennati come polli, purché lo si faccia senza che il pollo se ne accorga, una piuma alla volta. Popolo di pecore piagnucolose, di che stiamo parlando?

Il giudizio di Salomone

Come per tutte le cose ciò che è giusto sta nel mezzo. Le microtransazioni posso essere implementate bene e aiutare gli sviluppatori a fornire un servizio continuo, con contenuti aggiuntivi gratuiti e di qualità, mantenendo il gioco pulito e accessibile a tutti o posso essere implementate male, impoverendo così le tasche degli idioti e fornendo un campo da gioco iniquo a chi non se le può permettere o non vuole farne uso. Spetta a noi decidere chi supportare e chi no, evitando auspicabilmente di cadere nel miserevole, ricordando che chi è causa del suo male non può far altro che piangere sé stesso. A buon intenditor poche parole.

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Il primo Metal Gear Solid per PlayStation gli cambiò la vita e da allora capì che i videogiochi sarebbero stati la sua più grande passione. Collezionista accanito, amante del Giappone e di molte altre cose, ha lavorato per Square Enix e Nintendo nel ruolo di tester oltre ad aver collaborato con IGN e VG247.it. Non ha idea di cosa gli riservi il futuro, ciò che è certo è che da grande vuole fare il videogioco.

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