Che il videogioco possa trattare tematiche adulte ed essere un medium di natura profonda e non rivolto solo al semplice intrattenimento è cosa, si spera, nota ai più.
La potenza stessa della comunicazione che un videogioco può raggiungere lo rende il tramite perfetto per raccontare veramente l’essere umano, le sue vicende e le sue sfumature più nascoste.
Non bisogna sottovalutare nemmeno la valenza puramente catartica a cui esso può arrivare, giungendo al suo apice proprio quando racconta il dramma umano, come quello – ad esempio – dei disturbi mentali. Diversi sviluppatori, ad oggi, si sono messi alla prova trattando temi difficili e spesso messi da parte come quelli della sofferenza mentale. Non dimentichiamoci che, purtroppo, disturbi di questo tipo sono spesso ignorati da chi non li subisce personalmente, o non ha amici o parenti che ne sono affetti. Diviene quindi anche una sorta di “missione” il poter far finalmente comprendere a molti che non esistono persone normali da una parte e pazzi dall’altra, ma che questi ultimi sono solo individui che soffrono di malattie psicologiche e devono ricevere la stessa cura e considerazione di quelle fisiche.
Partiamo, dunque, per un breve viaggio tra i titoli videoludici che meglio hanno trattano l’oscurità della mente umana.
The Cat Lady
Partiamo dalla “Regina” dei disturbi e disagi mentali, ovvero la depressione. Condizione spesso sottovalutata e non compresa da coloro che mancano di sufficiente empatia o cultura sull’argomento, la depressione clinica è una malattia diffusa, democratica (colpisce ogni ceto sociale) e invalidante a diversi gradi. Susan Ashworth è la protagonista di questa avventura grafica oscura e opprimente, dove le visioni demoniaco-metaforiche del male che corrode la sua anima si mescolano a un mondo parallelo dove regnano carni informi e cadaveri massacrati. Il gioco comincia con la morte per suicidio della protagonista, ma la sua “esistenza” non è ancora conclusa. Incontrata una figura soprannaturale e misteriosa – che le affiderà una missione – Susan avrà a che fare con tutte le sfumature della nefandezza umana e, alla fine di tutto, riuscirà a guardare la vita con uno sguardo diverso e combattere i suoi spettri con determinazione e speranza. The Cat Lady riesce, in maniera brutale e senza peli sulla lingua, a donare una catarsi tangibile ma priva di lieti fini facili e scontati.
Indygo
Altra opera che racconta le mille forme della depressione, Indygo è un’avventura grafica punta e clicca priva di colori e opprimente. Il gioco segue le vicende di un pittore e insegnante d’arte che, a causa del suo stato depressivo, si è letteralmente chiuso in casa (da ciò si deduce che possa soffrire anche di una forma di ansia sociale) non riescendo più a vivere un’esistenza normale nè a dipingere. Indygo racconta in maniera chiara come spesso malattie del genere tendano a mettere in difficoltà e a far soffrire anche le persone più care. Il pittore, infatti, ha una compagna che ogni giorno lo va a trovare portandogli ciò di cui ha bisogno, ma a lungo andare anche lei entra in uno stato di inettitudine e senso di impotenza che non fanno altro che rovinare il loro rapporto.
Il gioco ha diversi finali che si basano su scelte che possiamo compiere durante lo svolgimento dell’avventura.
Downfall
Le opere di Rem Michalski sono sempre narrazione di disagi umani e di psichica follia. L’opera successiva a The Cat Lady, ossia Downfall (in verità remake del primissimo videogioco freeware dell’ideatore) si pone fedelmente sulla stessa linea stilistica. Il protagonista, Joe Davis, ha una moglie di nome Ivy affetta da un disturbo alimentare fin dall’adolescenza. Proprio l’analisi profonda e metaforica della bulimia nervosa (sorella sporca e meno famosa dell’anoressia nervosa) incarna il gioiello nascosto all’interno di questo titolo. Non parliamo delle solite analisi frettolose e banali che film e tv sono soliti propinarci il più delle volte con scarsi risultati, ma una serie di metafore e indizi evidenti che rimandano in maniera brutale e diretta alla sozzura e alla distruzione che si cela dietro questa malattia miserabile. Mostri obesi enormi dalle fattezze femminili, rappresentazione di ciò che sicuramente Ivy crede di essere in realtà; improbabili frullati di cervella e sangue per soddisfare l’abbuffata compulsiva che finirà inevitabilmente per essere vomitata; Ivy che, in preda alla disperazione più totale, è letteralmente costretta a “entrare” nel water del bagno: tutti tasselli di un disagio narrato con concetti che più si addicono a definire le facce della bulimia nervosa ovvero l’orrore del putridume, la frenesia della carne, il ciclo senza ritorno dell’autodistruzione. Un’apparato metaforico perfetto tessuto da cadaveri, impulsi sessuali perversi, fame compulsiva e psicosi allucinatorie.
Hellblade: Senua’s Sacrifice
La protagonista Senua è una guerriera celta che, per salvare l’anima del suo amato morto tempo addietro, si avventura verso l’Helheim, il mondo dei morti descritto nella mitologia norrena. Ma tutto questo fa solamente da sfondo al complicato mondo interiore della protagonista, che soffre di una malattia psichica che l’ha isolata dal resto del suo clan d’origine. Nella sinossi ufficiale del gioco viene spiegato che Senua soffre generalmente di “psicosi” anche se il suo disturbo, nello specifico, sembra essere una forma di schizofrenia (molto probabilmente di tipo paranoide). Senua convive ogni momento con allucinazioni sensoriali sia uditive (voci nella sua testa) che visive, oltre a un perenne senso di persecuzione che la porta a percepire pericoli dove in realtá non ce ne sono. Il mondo oscuro e infernale che circonda Senua si fà metafora della personale lotta contro i suoi demoni, dell’accettazione della morte del suo compagno e della ricerca della forza per accettare se stessa e la sua anima in tormento. Questa eroina coraggiosa, dolcissima e fragile è divenuta portavoce della lotta che moltissime persone affrontano ogni giorno per distruggere i mostri e le tenebre della propria mente.
Sym
Sym è un interessantissimo platform in bianco e nero degli italiani Atrax Games che esplora il mondo dell’ansia sociale. Il protagonista, appunto, soffre di fobia sociale e non riesce più a raffrontarsi con l’ambiente esterno e con le altre persone in maniera sana. La sua realtà è quindi spaccata in due: da una parte il suo muoversi in un mondo esterno che gli appare ostile, opprimente e dove le sue relazioni sono disfunzionali e inconcludenti; l’altro dove egli stesso, in modo alquanto allegorico, si trasforma in un bozzolo e rimane chiuso in se stesso, nell’universo di solitudine che si è costruito e in cui si sente al sicuro. L’ansia sociale è molto diffusa, nonostante se ne parli poco, e Sym vuole dare voce a questo disagio, dandogli una rappresentazione surreale ma veritiera. Il piccolo protagonista dovrà superare diverse sezioni e affrontare la sua riabilitazione decidendo poi se rimanere nel suo bozzolo di solitudine o guarire definitivamente.
Spec Ops: The Line
Una cosa è certa: Spec Ops: The Line non è il classico sparatutto bellico a cui siamo abituati. Nonostante le fasi iniziali del gioco lo mostrino come un classico del genere sopracitato, il vero fulcro di Spec Ops è la psicologia della guerra, il dilemma morale che ne affligge le dinamiche e la distruzione della mente dei soldati. Il protagonista è un capitano dell’esercito degli Stati Uniti, Martin Walker, anche leader di una squadra del corpo speciale Delta Force. Ispirato al romanzo Cuore di Tenebra di Joseph Conrad, Spec Ops tratta, tramite il medium videoludico, tematiche come quelle dei film Apocalypse Now, Jacob’s Ladder e Taxi Driver (ma sappiamo che la lista è di gran lunga più nutrita). Il capitano Walker verrá spesso messo alla prova con scelte etiche difficili e mai completamente giuste o sbagliate: dal dilemma dell’attaccare soldati ammutinati ma americani come lui al dramma delle uccisioni “accidentali” di civili durante gli scontri a fuoco. Walker, veterano di guerra che ha prestato servizio in Afghanistan, è vittima di un disturbo post traumatico da stress, tipico dei soldati che hanno vissuto esperienze di guerra sul campo, non a caso chiamato anche nevrosi da guerra. Avanzando nel gioco, infatti, spesso il capitano ha delle visioni frutto della sua mente, costretto alla lotta continua con un senso di colpa che lo attanaglia e che lo spinge a voler rimediare per esperienze e azioni compiute che non riesce ad accettare. Spec Ops: The Line non ha di certo avuto l’attenzione e il successo che meritava, ma rimane un’opera videoludica da pregiare per aver voluto rappresentare un disagio fin troppo diffuso tra i veterani di guerra, in questi tempi più che mai.
Actual Sunlight
Un brevissimo titolo sviluppato con RPG Maker: crudo, tremendo, che non lascia via d’uscita alcuna. Forse uno dei videogiochi più deprimenti e disperati in assoluto. Il protagonista è un uomo comune che ha perso totalmente la voglia di vivere. Vittima di una depressione che lo risucchia sempre di più nel buio e che gli riempie la testa di patetica autocommiserazione e pensieri sempre più autodistruttivi, egli non è più capace di vedere nulla di buono in sè, diventando totalmente incapace di relazionarsi in maniera normale con gli altri. La sua mente è completamente martellata da monologhi nichilisti e privi di positività. Ogni azione che svolge gli sembra totalmente inutile e pesante creandosi una barriera sempre più spessa tra il suo mondo interiore collassato e la realtà. L’epilogo è facilmente immaginabile: la fine della parabola discendente e ripida di un uomo che ha smesso di lottare.
The Town of Light
The Town of Light, capolavoro videoludico proveniente dal nostro Bel Paese, è sicuramente l’apoteosi di tutti i racconti sui disagi mentali. È ambientato tra la fine degli anni ‘30 e l’inizio degli anni ‘40 nel manicomio di Volterra, in Toscana, edificio ora definitivamente chiuso e abbandonato dopo la Legge Basaglia del 1978. La storia segue le vicende di una giovane ragazza, Reneè, rinchiusa suo malgrado all’interno della struttura e sottoposta a terapie e trattamenti disumani e orribili. Il dubbio che la ragazza non sia affatto malata, ma che semplicemente non si sia allineata alla morale della società del tempo e che sia stata reputata quindi “ingestibile”, è sempre presente. Oltre alla condizione personale e intima della protagonista, che sembra apparentemente soffrire di qualche forma allucinatoria, depressiva e ansiosa (il tutto amplificato enormemente dai trattamenti inadeguati e descritto in maniera esagerata e menzognera dai propri medici sulla cartella clinica), viene posta l’attenzione su come il sistema sanitario del tempo, grazie al ricovero coatto dei “malati”, venisse sfruttato per liberare la società da individui non inseriti, scomodi, oltre che reputati non adatti al vivere comune. La sorte di Reneè è triste e disperata: The Town of Light dipinge un ritratto crudo, reale e devastante della vita nei manicomi.
Neverending Nightmares
Lo sviluppatore Matt Gilgenbach ha utilizzato l’opera videoludica per esorcizzare il suo malessere psichico. Neverending Nightmares è un horror in 2D in cui l’autore ha cercato di descrivere la sua lotta contro il disturbo ossessivo compulsivo e la depressione. Molti elementi presenti nell’avventura fanno proprio riferimento a pensieri ossessivi riguardante l’autolesionismo e c’è una ripetitività (ergo compulsione) degli ambienti esplorati dal protagonista, il quale non sarà mai al sicuro.
Non sembra esserci uscita dalle stanze piene di sangue, viscere e cadaveri, metafora di una realtà grigia e spaventosa che lo stato depressivo porta con sé. Il limite tra incubi, allucinazioni visive e la realtà resta sempre oscuro e la lotta interna contro l’oppressione e le psicosi continua senza sosta e non dà mai tregua al giocatore. Neverending Nightmares ritrae in maniera chiara, seppur atroce, un male che può mangiarti da dentro fino ad annullarti completamente.
Esplorare i meandri bui della psiche umana in un videogioco può essere difficoltoso e mettere gli sviluppatori a dura prova, ma siamo sempre contenti quando si riesce nell’impresa e si creano opere come quelle analizzate qui, sperando che la lista si allunghi sempre di più col passare degli anni.
SE TI IDENTIFICHI IN UNO O PIÙ DEI DISTURBI TRATTATI IN QUESTO ARTICOLO O PENSI DI SOFFRIRE DI MALESSERI PSICHICI, NON ESITARE A CHIEDERE AIUTO PROFESSIONALE A UN MEDICO E/O A UNO PSICOTERAPEUTA.