Il concetto di “game as a service” è una tematica che si sta diffondendo sempre più rapidamente nell’universo videoludico attuale. L’idea di comprare un titolo, spesso a prezzo pieno, con la promessa di un supporto costante – e a lunga scadenza – da parte degli sviluppatori, non è necessariamente un male venuto per nuocere. Molte software house, tra cui Bungie o Ubisoft, si sono approcciate a questa tipologia di “rilascio”, andando a rimpolpare la componente contenutistica dei propri titoli di punta, attraverso contenuti aggiuntivi di buona qualità. Ed è proprio l’approccio di Ubisoft verso il “game as a service”, l’esempio da cui vogliamo partire: negli ultimi anni, la compagnia francese, ha consolidato titoli come Rainbow Six Siege e Assassin’s Creed Odyssey con season pass dall’elevata mole contenutistica. Odyssey, oltre ai vari contenuti “premium” compresi nei pass stagionali, vanta numerosi contenuti addizionali totalmente gratuiti, come il meraviglioso Discovery Tour o l’editor di missioni.

L’annuncio di Ghost Recon Breakpoint fu accolto in redazione con un certo entusiasmo, dato che il capitolo precedente, Wildlands, fu per molti aspetti una vera rivelazione. Nonostante una rivoluzione pressoché totale della formula originale della serie, Wildlands – e i vari contenuti aggiuntivi rilasciati nei mesi successivi al rilascio – si dimostrò un titolo divertente, dall’elevata longevità, capace di fondere un gameplay tattico e ragionato a feature più “caciarone”, legate assieme da una cooperativa di spessore.

Con la promessa di miglioramenti sensibili alla formula di gioco di Wildlands, Ghost Recon Breakpoint si è presentato ai videogiocatori con tante buone intenzioni.

Sarà riuscita Ubisoft a regalarci un capitolo davvero memorabile? Scopriamolo insieme nella nostra recensione…

Benvenuti ad Auroa, la vostra nuova prigione

Quattro anni sono passati dallo smantellamento del cartello della droga di El Sueño, in Bolivia. L’anno è il 2023 e ci troviamo ad Auroa, un’isola nel Pacifico meridionale di proprietà dell’imprenditore e filantropo miliardario Jace Skell. Skell è il fondatore della Skell Technology, una multinazionale impegnata nella produzione di droni per applicazioni commerciali che, com’era lecito aspettarsi, hanno anche riscosso un notevole successo anche in ambito militare, sviluppando attrezzature all’avanguardia per il governo degli Stati Uniti. Skell ha acquistato Auroa con la visione di trasformarlo in un polo per la progettazione, la ricerca, lo sviluppo e la produzione di intelligenza artificiale, oltre che per la tecnologia dei droni.

Tutti gli ingranaggi sembrano funzionare a dovere nella “tecnologica” Auroa, almeno fino all’insediamento di Sentinel sull’isola, un appaltatore militare privato – sotto il comando dell’ex Ghost Cole D. Walker (interpretato magistralmente tramite motion capture dall’attore Jon Bernthal – celebre per le serie tv The Punisher e The Walking Dead). Dopo aver assistito alla distruzione della sua squadra in missione in Bolivia, Walker è infatti arrivato a disprezzare il governo degli Stati Uniti, diventando il cattivone di turno e mettendosi alla guida di un vero e proprio squadrone anti-Ghost – i “Lupi”.

Nomad dovrà spesso fare i conti con gli esperti Wolf – i Lupi comandati da Walker.

In missione su Auroa riprenderemo gli scomodi panni di Nomad che, suo malgrado, si ritroverà abbandonato con la sua squadra sull’isola, costretto a lottare per sopravvivere, oltre che a sfuggire alle squadre d’assalto di Walker.

Ghost Recon Breakpoint tenta un approccio narrativo diverso, rispetto a quello proposto in precedenza con Wildlands. La presenza di più cutscene e di un villain di spessore, oltre che di una struttura della campagna molto piu story-driven ci fece ben sperare in fase di annuncio, tuttavia il risultato finale lascia parecchio a desiderare a livello di svolgimento. I personaggi, eccezion fatta per Walker, risultano piatti, così come le linee di dialogo delle varie cutscene, banali e prive di una regia di spessore. Considerato l’ottimo materiale di partenza ci saremmo aspettati ben altro lavoro da parte di Ubisoft Paris e invece…

Provaci ancora Nomad

L’annuncio e il conseguente gameplay mostrato all’E3 di quest’anno è stato senza dubbio un abbaglio. La promessa di una componente survival marcata, un gameplay ancor più tattico, capace di rendere ogni scontro a fuoco diversificato, sono state senza dubbio le premesse più interessanti di questo nuovo capitolo di Ghost Recon. Il risultato finale, tuttavia, è stato qualcosa di totalmente inaspettato. Breakpoint riparte sì dall’ottima base impostata da Wildlands, con un gunplay solido e convincente, capace di rendere unica ogni bocca da fuoco disponibile, ma fallisce – clamorosamente – sul fronte dell’introduzione di nuove feature. Partiamo da quella tanto osannata in fase di annuncio: le meccaniche survival. Dalle prime battute di gioco dovremo infatti aiutare Nomad a sopravvivere ad un disastro aereo, curando il nostro alter ego (personalizzabile come nel primo capitolo, grazie ad un corposo editor del personaggio che però, come vi parleremo dettagliatamente più avanti, sfoggia una marea di contenuti sbloccabili con crediti virtuali – acquistabili solamente con soldi veri) con delle bende improvvisate. I danni da ferita non saranno infatti curabili con la sola rigenerazione automatica della salute ma provocheranno menomazioni visibili al protagonista che dovrà repentinamente provvedere con siringhe, bende e/o kit medici. Altro aspetto da non sottovalutare è la stamina: correre o scendere velocemente da tratti scoscesi di montagna, provocherà drastici cali alla nostra resistenza, causando stanchezza o – in caso di tratti ripidi – rovinose cadute al suolo. Non mancherà la possibilità di accamparsi in specifici spot sparsi nel mondo di gioco – che fungeranno anche da hub per collegarsi ad altri gruppi di giocatori – per poter nutrirsi, bere e riposare facendo avanzare le ore all’interno del gioco, il tutto per poter ottenere dei bonus temporanei alle abilità del nostro protagonista. Purtroppo le feature tipiche di un survival game non hanno un grosso impatto all’interno del gameplay, risultando – a conti fatti – totalmente collaterali. Una cosa saggia sarebbe stato poterle sfruttare in un livello di difficoltà “survival”, magari obbligando il giocatore a far riposare/nutrire/dissetare Nomad…chissà che non venga introdotta in futuro update.

Il titolo punta forte sulla componente multigiocatore, che evidenzia una forte influenza di The Division 2.

A livello di gameplay Ghost Recon Breakpoint propone un significativo cambio di rotta rispetto al predecessore, puntando sempre più forte sulla componente multigiocatore – al punto da rendere il titolo “online-only”. Con l’avanzare delle ore, infatti, ci accorgeremo che il titolo ha molto più da spartire con un The Division 2, piuttosto che con una classica esperienza Ghost Recon. La mappa di gioco è infatti disseminata di loot box, che daranno modo al giocatore di accedere ad equipaggiamento sempre più forte. Il livello nelle armi da fuoco è un elemento che ci ha lasciato più volte l’amaro in bocca visto che, tenendo fede in parte al realismo tipico della saga, un colpo assetato alla testa provocherà la morte istantanea di un nemico, rendendo praticamente nulla la differenza tra un fucile d’assalto di “livello uno” ad uno raro acquistabile nelle battute conclusive di gioco.
La natura da looter shooter online di Breakpoint si riafferma anche nella presenza di raid e attività secondarie da portare a termine in cooperativa, nelle quali – ovviamente – verremo premiati con nuovi pezzi di equipaggiamento. Per gli amanti della competizione, in Breakpoint i giocatori potranno nuovamente cimentarsi nelle Ghost Wars – scontri a fuoco 4vs4 che, almeno sulla carta, non offrono nulla di nuovo al genere di appartenenza, catalogandosi come una modalità del tutto accessoria.

Se il gunplay ha mantenuto un buon livello qualitativo, lo stesso non si può dire dell’intelligenza artificiale di gioco che, neppure alle difficoltà più alte, è riuscita a convincerci appieno, risultando piuttosto limitata nei pattern di reazione e nelle sezioni puramente “caciarone”, con fughe rocambolesche, “spara-spara” a bordo di veicoli e guerriglie in campo aperto. Neanche la presenza di sub quest, inserite per spezzare il ritmo della storia principale, riesce in qualche modo a donare vigore alla struttura di gioco che, a conti fatti, abbiamo trovato estremamente ripetitiva anche se giocata in compagnia di amici. La presenza di gravi glitch e bug (alcuni tra i quali ci hanno costretto a riavviare il gioco più volte) di certo non aiuta e la nostra speranza – come quella di migliaia di videogiocatori – è che tutti gli sforzi dello studio parigino siano rivolti alla correzione delle magagne tecniche più gravi.

Un aspetto molto curato, che avvicina di molto Breakpoint all’universo dei giochi di ruolo, è lo sviluppo del personaggio. Accumulata esperienza e livelli tramite il completamente delle missioni e l’uccisione dei nemici, potremo spendere i diversi punti guadagnati nell’albero delle abilità. In Ghost Recon Breakpoint potremo scegliere quattro diverse classi che si diversificano per abilità speciale e perk acquistabili: nel nostro caso abbiamo optato per una build “Pantera”, votata esclusivamente allo stealth (come da tradizione della serie), puntando forte sulle abilità di percezione del drone di supporto e sulle capacità di “sparizione” del protagonista che, in pieno stile Batman, sarà in grado di sfuggire da situazioni spiacevoli solamente lanciando ai suoi piedi una granata fumogena.
Oltre a questi elementi, la schermata di personalizzazione del personaggio ci consentirà di equipaggiare a puntino Nomad, grazie al loot guadagnato durante le nostre scampagnate per Auroa.

Le Ghost Wars sono, a conti fatti, una modalità totalmente collaterale.

La presenza in sé delle microtransazioni estetiche, precedentemente citate, per il protagonista non è di certo una nota negativa per il titolo Ubisoft, lo è invece il costringere il giocatore ad acquistarle tramite virtual coins acquistabili, esclusivamente, con soldi reali.

Sfruttando la versione 2.0 del motore proprietario AnvilNext, Ghost Recon Breakpoint rappresenta un buon passo avanti rispetto al non troppo memorabile comparto grafico di Wildlands. Le animazioni hanno subito un rinnovamente non indifferente, così come i volti dei personaggi che ora paiono più curati rispetto al passato. La resa visiva dell’ambientazione, tuttavia, alterna paesaggi piuttosto evocativi a problemi grafici non indifferenti, come gravi glitch, compenetrazioni poligonali e diversi rallentamenti, avvertibili in situazioni di calma apparente. Nella versione da noi provata, su PC, abbiamo avuto a disposizioni diversi settaggi su cui giocare, per poter sfruttare al meglio le capacità della nostra GTX 1080ti, capace di garantire prestazioni elevate nell’ambito del FullHD. Le impostazioni video offrono tre diversi preset qualitativi per l’occlusione ambientale, dettaglio texture, filtro anisotropico, qualità del terreno, riflessi e ombre. Per quasi tutta la durata dell’avventura, eccezion fatta per i problemi precedentemente citati, abbiamo mantenuto una fluidità costante sui sessanta frame al secondo, con risoluzione FullHD e dettagli massimi.

Buono anche il comparto audio che consente al giocatore di scegliere la lingua del doppiaggio (tra cui anche quella italiana). Nel nostro caso abbiamo preferito virare per quella originale, che ci ha permesso di apprezzare maggiormente la performance di Bernthal.

Concludendo…

Mai avremmo immaginato di parlare di Ghost Recon Breakpoint in maniera così negativa. L’ultima fatica di Ubisoft Paris è uno sparatutto “looter shooter” prevalentemente online che, nonostante la buona base di partenza impartita da Wildlands, non è stato in grado di offrire un’avventura qualitativamente valida, sfruttando malamente elementi di gioco che, sulla carta, avrebbero dovuto offrire una marcia in più alla produzione. Diversi errori tecnici non fanno altro che affossare la nostra valutazione finale: Ghost Recon Breakpoint è un titolo riuscito a metà che, nonostante una discreta componente cooperativa, non riesce regalare un’esperienza di gioco memorabile.

Le attività correttive del team di sviluppo e i futuri aggiornamenti riusciranno ad alzare il gioco dal baratro? Solo il tempo sarà in grado di dircelo…

CI PIACE
  • Gunplay solido e convincente.
  • Villain di spessore.
  • Giocato in compagnia riesce comunque a divertire…
NON CI PIACE
  • …anche se glitch e diversi bug minano non di poco l’esperienza di gioco.
  • Narrativa debole.
  • Struttura delle missioni lineare e ripetitiva.
  • Componente survival mal sfruttata.
Conclusioni

Ghost Recon Breakpoint è un titolo “nato male”. Feature sulla carta interessanti, introdotte nel peggiore dei modi, unite ad una struttura narrativa che, villain a parte, fa acqua da tutte le parti, non riescono a rendere particolarmente memorabile l’ultima fatica di Ubisoft Paris che, si spera, venga notevolmente migliorata con i futuri aggiornamenti.

6.5Cyberludus.com

Articolo precedenteDeath Stranding, confermata l’esistenza di una Day One Patch
Prossimo articoloSaldi di Halloween PSN – Cinque giochi a meno di 10€
Nerd purosangue classe 1992, si avvicina al mondo dei videogiochi grazie al SEGA Master System di sua madre. Destreggiandosi tra Alex Kidd e Sonic the Hedgehog, comincia a farsi una importante cultura videoludica a base di platform e beat ‘em up. Fedele seguace della “master race”, consuma giochi di ruolo dalla mattina alla sera, anche se la sua saga preferita rimane Grand Theft Auto degli inarrivabili Rockstar Games, che fin dal primo capitolo lo ha aiutato a diventare la brutta persona che imparerete a conoscere.

E tu che ne pensi? Facci conoscere la tua opinione!