La saga cinematografica di Terminator, composta da ben sei pellicole e cominciata con il primo, indimenticabile, capitolo diretto da James Cameron nel 1984, è probabilmente uno dei simboli più di rilievo del “b-movismo” action all’americana, concettualmente parlando, che è riuscito a fare il salto di qualità quantomeno nell’immaginario comune, grazie soprattutto ad una lungimirante opera di cesellatura narrativa e una capacità notevole di far confluire la sceneggiatura in una lunga e lenta discesa verso lidi thriller e più cupi, rispetto quantomeno al capitolo originale che era più spiccatamente action.

E com’è usanza da più di qualche decennio, i film di successo vengono spesso traslati nel mondo videoludico, solitamente con risultati non particolarmente solidi almeno secondo il parere della critica. Terminator è una di quelle saghe che più volte è riuscita a varcare la soglia ludica, ottenendo generalmente un responso degli addetti ai lavori non particolarmente esaltante. In questo senso, Terminator Resistance, sviluppato da Teyon ed edito da Reef Entertainment, si affaccia su di un mercato sempre più irreversibilmente votato alle esperienze multiplayer, proponendo una formula vecchia scuola incentrata unicamente su di una campagna in singolo.
Riuscirà ad imporsi, nonostante il retaggio universale non favorevole in un mondo in continuo cambiamento? Andiamo con ordine!

Il mondo è morto

Terminator: Resistance è uno sparatutto in prima persona basato, in larghissima misura, su caratteristiche tecniche e concettuali tipiche del settore. Per quei sparuti che non conoscono la storia dietro il franchise cinematografico, Skynet, una intelligenza artificiale divenuta troppo intelligente, si ribella all’uomo e scatena sulla Terra una sorta di giorno del giudizio, dove le macchine, ormai senzienti, mettono in ginocchio il globo terracqueo. Al contempo, un esercito di superstiti umani provano a combattere le macchine con ogni mezzo, persino a ricorrere ad un viaggio indietro nel tempo per poter bloccare Skynet sul nascere. Terminator: Resistance è ambientato trent’anni dopo Terminator 2: Il giorno del giudizio, dove un manipolo di umani cerca, con grande difficoltà, di tener testa alle macchine, sempre più forti e numerose.

Il nostro eroe, nel più classico dei crismi narrativi del settore, è un recluta che, ben presto, diverrà il fulcro della resistenza umana. Una minaccia per le macchine così grande che finirà sulla lista delle persone da eliminare perché considerate pericolose per i piani di conquista di Skynet. Di qui in poi la trama si sviscererà facendo leva sulle classiche tematiche già espletate dalla serie cinematografica, con tanto di colpi di scena legati a futuri possibili e ai tentativi di cambiare gli eventi attraverso degli viaggi temporali. Il tutto, però, in modo non particolarmente originale in senso stretto, optando per una linea narrativa fissa e senza scelte di peso o davvero determinanti per il fluire del gioco, così come fungeva in passato. Avremo occasione di poter prendere piccole decisioni, che sbloccheranno alcune scene extra senza risvolti reali sull’evolversi della sceneggiatura: le opportunità decisionali potranno verificarsi solo ottenendo un certo grado di fiducia nei confronti dei nostri comprimari, il quale salirà completando una serie di missioni secondarie di vario tipo, solitamente volte alla ricerca di rifornimento, medicinali o informazioni sensibili.

Umani e non umani

Da un punto di vista più strettamente ludico-meccanico, Resistance poggerà su di un gameplay che ci vedrà sempre attraversare livelli sui binari, da un ipotetico punto A ad un altrettanto ipotetico punto B, nel mezzo dei quali troveremo frotte di non umani metallici. Saremo chiamati il più delle volte, in missione in una location completamente controllata dai Terminator per recuperare oggetti, informazioni sensibili o attivare particolari apparecchiature al fine di “infastidire” Skynet per poi concludere la missione con un “sano” teleport al rifugio più vicino. Il tutto solitamente avverrà in mappe limitate da svariati muri invisibili che evidenzieranno un percorso obbligato a cui non potremo in nessun modo sfuggire. A frenare (molto) parzialmente la ridondanza estrema delle missioni, la presenza di aree esplorabili che, in linea con il resto del titolo, saranno anch’esse limitatissime e piuttosto basiche. Il tutto cucito assieme per formare un ordito di una decina di ore di gioco complessive, le quali non ci daranno, una volta completata l’offerta ludica la prima volta, tante motivazioni per ricominciare.

L’approccio alle missioni sarà, in larga misura, a nostro arbitrio: potremo decidere di imbracciare le armi per farci strada a fuoco spianato (anche se le armi convenzionali non avranno nessun effetto sui Terminator) o di usare una linea più prudente e affidarsi allo stealth (unica soluzione nelle fasi iniziali). Se la qual cosa sembra essere una scelta validissima, il tutto va a farsi benedire nel momento in cui sbloccheremo il mitico fucile al plasma, in grado di far autentiche (e semplicissime) stragi di nemici robotici, anche e soprattutto perché l’IA di chi ci si opporrà non sarà particolarmente elaborata. Gli avversari “metallici”, in linea di massima, si limiteranno a correrci incontro a testa bassa e senza alcun tipo di strategia, finendo spesso con l’essere irrimediabilmente massacrati.

Teyon, in aggiunta, prova a rimescolare un po’ il mazzo, aggiungendo alcune micro-caratteristiche tipiche degli RPG nell’ossatura ludico del titolo, come il crafting, che avverrà attraverso la raccolta di vari item sparsi per il gioco, come i tessuti, le armi e i pezzi di memoria di Skynet che troveremo nel corso della nostra avventura. Ognuno di questi “ingredienti” avrà un utilizzo vario ed eventuale mirato all’aumento della potenza e letalità complessiva del nostro protagonista. Quest’ultimo, al contempo, potrà aumentare di livello accondiscendendo alla routine del gioco che, al contempo, ci consentirà un’evoluzione in positivo delle nostre capacità “secondarie”, come quelle di scassinamento delle porte o di hacking dei dispositivi tecnologici. In aggiunta, potremo procedere al potenziamento delle nostre armi grazie ad uno sfizioso minigioco dove saremo chiamati a far combaciare una serie di chip per implementare la potenza di fuoco o la precisione complessiva dell’arma.

Mente… tecnica

Terminator: Resistence poggerà le sue movenze ludiche su di un comparto tecnico-estetico sufficiente, con scenari tendenzialmente ben realizzati e caratterizzati, ma che a lungo differiranno davvero poco e offriranno vedute molto simili fra loro. Per quanto concerne i modelli, essi saranno caratterizzati da animazioni non particolarmente esaltanti cucite addosso ad un’estetica che tende visibilmente verso il basso, in modo particolare se si guarda al dettaglio dei volti. Anche il design dei nemici, solo parzialmente obbligato, non colpisce per la varietà complessiva degli avversi, e l’originalità delle creazioni. Sonoro, invece, con due anime distinte e lontane: gli effetti sonori, in genere, saranno più che validi, mentre il doppiaggio e la recitazione vocale lasceranno tanto a desiderare. Il gioco, in linea di massima, non presenterà grandi bug che ne impediranno la fruizione, tranne per qualche sporadico rallentamento nelle sezioni più concitate. Unica menzione degna di nota non proprio positiva, riguarderà il sistema di fuoco: i colpi sparati, con un tiro balistico non sempre “coerente”, alle volte ci lasceranno di stucco e ci offriranno l’impressione di star sprecando munizioni nel vuoto cosmico.

Concludendo…

Terminator: Resistance conferma pienamente la teoria videoludica secondo la quale i giochi tratti dai film non sono quasi mai capolavori. Un titolo ripetitivo, non particolarmente originale in tutti i suoi aspetti né tantomeno ispirato nonostante alcune scelte apprezzabili quantomeno sulla carta. Un gioco che, forse, sarà digerito solamente dai fan.

CI PIACE
  • Il cupo mondo di Terminator
  • Esteticamente discreto
  • Struttura ludica interessante sulla carta…
NON CI PIACE
  • … ma che diviene presto ripetitiva e non esaltante
  • Gameplay limitato
  • Tecnicamente altalenante
Conclusioni

Terminator Resistance non presenta nessun “acuto”, né ludicamente, né narrativamente. Il gameplay complessivo, con tanti buoni propositi, fluisce in una continua repetita che arriva a durare una decina d’ore. Se ci soffermiamo sulla questione estetica poi, l’opera di Teyon è si sufficiente ma ben lungi dall’esere valente. Non un totale obbrobrio, ma né tantomeno un capolavoro: un gioco mediocre apprezzabile, probabilmente, dai fan.

6.3Cyberludus.com

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