Diverse aziende, tante idee distanti fra loro ed un unico mercato: il next-gen non è mai stato così “relativo” (o forse no?)
Come ogni decennio, circa, la nuova generazione di console è sempre più prossima al debutto sul mercato e, seppur sin d’ora la “furente” fame di novità che da decadi attanaglia la popolazione gamer non si sia ancora pienamente manifestata (ma basterà attendere l’E3 di giugno o giù di lì), gli annunci che dovevano esser fatti si sono concretizzati e, nel bene o nel male, mai come in questa occasione il futuro del gaming sembra sin troppo delineato nonostante, probabilmente, i grandi “giocatori” del mercato non stiano giocando completamente a carte scoperte.
Mentre questa generazione volge al termine, con una vittoria “eclatante”, in termini di vendite e non solo, di Playstation 4 (che ha recentemente superato le 100 milioni di unità distribuite nel suo ciclo vita), i competitor, principalmente Microsoft e Nintendo, hanno comunque riportato risultati di notevole impatto soprattutto rispetto alle loro precedenti console – specialmente se si pensa al gradimento proporzionale tra WiiU a Nintendo Switch. Quindi, ragionando in termini di puro investimento finanziario, il mercato vede attori principali “colossali” e che dominano i mercati da decadi, investire risorse per delineare il futuro prossimo. Attori che non sono degli sprovveduti a cui piace investire vagonate di soldi in idee azzardate. E, nonostante ciò, in controtendenza con quanto è accaduto negli anni passati, dove prima e dopo l’uscita si palesò una “via” univoca o quasi di proposizione del “gaming” nonostante una certa segretezza complessiva in termini meccanici, la convergenza concettuale dei sistemi hardware videoludici (PlayStation 3 doveva essere una console più potente di PlayStation 2 e basta), il futuro “presente” del next-gen è totalmente in antitesi con quanto la storia recente ci ha insegnato: sul mercato di domani, ognuno ha la propria idea di cosa significhi “nuova generazione” e si stanno investendo enormi risorse e tempo, non curandosi o quasi di cos’abbiano in mente gli altri. Quindi, chi parla di nuova generazione, a conti fatti, dovrebbe in realtà parlare di “nuove generazioni”.
Ma cos’è la next-gen? Definirlo meccanicamente è semplice, concretizzarne i concetti lo è molto meno. Anche perché, in linea di massima, ogni concorrente del mercato (anche i più “freschi” di ingresso come Google o Amazon) sono entrati nello stesso proponendo la propria, personalissima idea di cosa sia il “gaming del futuro”. E, sulla questione, ci sono tante idee differenti, alcune “contrastanti” con l’idea di massa che, a conti fatti, vede un sempre maggiore focus delle aziende verso il cloud, l’abbandono del “vetusto” hardware fisico in favore della creazione di un ecosistema online, in grado di consentire l’accesso a centinaia di contenuti con diversi apparecchi, ovunque e in ogni momento. È palese comprendere come Google Stadia, la prossima Xbox (ma anche in larga parte questa) e il sistema cloud di Microsoft Azure ecc, ma anche competitor abbiano spostato il proprio baricentro verso il “sempre, dove vuoi, come vuoi”, puntando al garantire contenuti in ogni contesto, grazie ad un semplice accesso ad internet. Ma, anche fuoriuscendo dal mero mercato gaming, è facile vedere come tanti colossi hi-tech stiano puntando al 5G che, almeno sulla carta, dovrebbe rivoluzionare il modo in cui lavoriamo e comunichiamo.
Insomma, il cloud e il “noleggio” online dei titoli, attraverso abbonamenti a librerie sterminate, dovrebbe essere il futuro almeno secondo taluni, ma non tutti sono d’accordo. Nonostante l’idea, come detto, sia prominente e coerente con il complessivo “andazzo” del mercato, il cloud non ha ancora effettivamente fatto presa sul mondo del gaming che resta (basta vedere i recenti risultati non proprio esaltanti di Google Stadia), ampiamente, legato al concetto di acquisto del singolo titolo. Sulla questione è stato chiarissimo Phil Spencer, che aveva sottolineato come, per il futuro, Microsoft veda attuale competizione provenire da Google e Amazon e non da Nintendo e Sony. «Non significa mancare di rispetto a quelle aziende – ha dichiarato Spencer – ma il gaming tradizionale è probabilmente fuori mercato così come, probabilmente, chi non ha investito come noi nel cloud tantissimo tempo e soldi.
Google e Amazon stanno cercando di far giocare 7 miliardi di persone nel mondo, in ogni posto e momento: è questo lo scopo futuro del gaming. Ed è sin troppo palese che tre grandi nomi hanno ritenuto il cloud gaming un’idea così concreta, da traslare in essa miliardi di dollari in progetti “esclusivi” e con nomi diversi, ma che si propongono sostanzialmente la stessa, identica cosa. In aggiunta, le varie tecnologie sviluppate dalle aziende “in lotta”, atte a rendere i giochi accessibili su qualsiasi piattaforma (ma, in realtà, puntando all’unico “pezzo di hardware” che abbiamo sempre con noi, lo smartphone) puntano com’è visible verso la totale mobilità (che è anche il mercato più ricco): in questo senso, allungando all’infinito lo sguardo verso il futuro, è facile comprendere come in realtà lo sguardo sia puntato proprio sui cellulari e non sulle console fisiche che, in un’ottica del genere, non sono più il centro ma una possibilità e nemmeno tanto comoda. In sostanza, la domanda è questa: chi vorrà domani acquistare una console “fissa”, sapendo che ormai tutti i servizi puntano a sempre più performanti, ottimizzati e compatibilizzati smartphone?
Ma se le succitate aziende sembrano focalizzarsi principalmente sul servizio e, almeno sulla carta, in secondo luogo sui titoli esclusivi della piattaforma (seppur, proprio Microsoft che nella current gen ha sofferto l’endemica carenza di esclusive, si è mossa “voracemente” sul mercato acquisendo diversi studi di produzione videoludica) c’è chi, come Nintendo, condivide l’idea della mobilità ma, come da sempre ci ha abituato la grande “N”, preferisce optare per una sua visione “personale” della faccenda. A conti fatti, si può tranquillamente dire che Nintendo Switch sia già, ampiamente, next-gen. L’ibrida Nintendo è nata proprio con questa idea, il voler garantire contenuti in ogni momento, situazione e luogo, seppur optando a differenza delle aziende succitate, per una mobilità rigidamente correlata al proprio apparecchio hardware. Senza contare che, oltre all’ammiraglia “base”, in grado quindi di adempiere al ruolo di piattaforma portatile e fissa, Nintendo ha difatti rilasciato un modello unicamente portatile e, probabilmente entro la fine dell’anno, rilascerà un non ancora totalmente confermato modello “Pro”, fisso e più potente del normale. Insomma, a conti fatti, la strategia di Nintendo è “semplice”: affrontare il futuro, proponendo un ventaglio di soluzioni future e futuribili, legate alla tradizione che da più di trent’anni vede l’azienda di Kyoto sulla cresta dell’onda videoludica grazie anche a idee hardware innovative e proprietà intellettuali leggendarie, strizzando però l’occhio all’impellente necessità del giocatore casuale (ricordiamolo, la fetta più grande del mercato), di avere la possibilità di giocare ovunque e in ogni momento. Ma, per quanto concettualmente rivoluzionaria, nel mondo moderno caratterizzato quasi esclusivamente da una folle corsa multidirezionale, quanti continueranno a scegliere un hardware “terzo” e che magari, non supporta o supporta solo parzialmente l’ambito mobile? Tra l’altro, nel nostro impossibile andirivieni giornaliero, caratterizzato dal paradigma “avere con sé il necessario”, quanti opteranno per portarsi dietro una console che, per quanto rivoluzionaria, è di gran lunga più grande di uno smartphone senza però averne la stessa versatilità?
Ma, al di là del servizio, ciò che ancora differenzia una console sono ovviamente i giochi che ne rappresentano il marchio: in questo senso, Sony con Playstation 5 non sembra voler sconvolgere una ricetta che funziona da più di trent’anni. La prossima ammiraglia del colosso nipponico, in base ai dati certi e alle voci di corridoio che si inseguono insistentemente, sembra esser mostruosamente performante e naturale evoluzione concettuale di Playstation 4 che, a conti fatti, è una console da gioco tradizionale con alcune caratteristiche aggiuntive extra e che puntano all’intrattenimento a 360°. È un’idea giusta? Una risposta definitiva è difficile, ma Sony e Nintendo, rispetto agli altri competitor, possono contare su di una libreria esclusiva mostruosa in termini numerici e qualitativi. D’altronde, l’età media del gamer supera largamente i trent’anni, rendendo almeno concettualmente la figura del videogiocatore logicamente legata alla tradizione del gaming videoludico: divano, televisore e pad o mouse/tastiera. In più, al di là di divagazioni più o meno concrete, esiste un dato: Sony è il “vincitore” indiscusso di questa generazione, grazie ad una console “tradizionale” con importanti extra tesi al futuro, seppur il suo successo sia in larga parte dovuto ad una sequela estesissima di titoli first party di indubbia qualità e capaci di catalizzare l’attenzione generale del mercato. Insomma, tecnologia o meno, i numeri parlano chiaro: i “concept passati” sono dannatamente futuribili. Ma, come nel caso Nintendo, solo che questa volta maggiormente accentuato dalla “fissità” della piattaforma ludica, sarà possibile “sopravvivere” in un futuro chiaramente dominato dall’assenza di un centro di gravità permanente?
Insomma, manca solo qualche mese al “next-gen” ma, in realtà, il next-gen è già qui sin troppo palesemente concreto sotto i nostri occhi, con tutte le certezze e i dubbi “a lungo termine” che comporta. Il gaming si è ormai ampiamente distaccato dal tripolarismo Sony–Microsoft–Nintendo per puntare all’accesso in mobilità che, a conti fatti, permette a qualsiasi big player del mercato digitale di poter dire la sua. E, da giocatori, la domanda che ci poniamo è la seguente: chi avrà ragione, alla fine della corsa? Speriamo, noi giocatori. Anche perché una pluralità di offerta, non solo contenutisticamente parlando ma anche e soprattuto tecnologicamente inquadrata, potrebbe essere il sale di una competizione fra aziende “sobria”, le quali sembrano come detto puntare tutto sulla propria idea di gaming, piuttosto che attendere alla finestra di inseguire “chi la spunta” e unidirezionalizzare il mercato, uccidendo sia l’offerta che, conseguentemente, la domanda almeno a livello concettuale. Insomma, tanti futuri possibili e tante e diverse idee di cosa significhi giocare: l’industria è vicina ad una nuova (e densa di pluralità) età dell’oro? Il futuro del gaming non è mai stato così splendidamente dubbbioso.