Puntuale ed immancabile come le tasse, il brand di Call of Duty bussa annualmente alle porte dei videogiocatori con un nuovo capitolo. Quest’anno è toccato ai ragazzi Treyarch Studios che hanno pensato di rimettere le mani su Black Ops cercando di non far rimpiangere al popolo videoludico il brillante lavoro svolto l’anno scorso da Infinity Ward con l’eccellente Modern Warfare. Possiamo soltanto provare ad immaginare le indicibili difficoltà riscontrate dagli sviluppatori californiani, ritrovatisi a lavorare ad un tripla A di tale caratura in questa situazione di pandemia. Nonostante ciò, il team è riuscito a non tardare rilasciando puntualmente il nuovo Call of Duty: Black Ops Cold War, titolo che si pone come un vero e proprio sequel dell’iconico capitolo originale, oltre a rappresentare il debutto della saga su “next-gen”.
La guerra non cambia mai
Con Cold War torniamo ad immergerci nelle rischiose operazioni clandestine condotte dietro le linee nemiche da coraggiosi soldati sotto copertura. Questa volta vestiamo i panni di Bell, misteriosa recluta personalizzabile dal giocatore sotto vari aspetti. E’ possibile infatti stabilirne il background, potendo scegliere caratteristiche quali sesso, carnagione, trascorsi militari e attitudini personali. Queste ultime non sono altro che dei perk utili ad alterare le doti belliche del protagonista. Ce ne sono ben quattordici ma se ne possono selezionare soltanto due, potreste puntare ad esempio su tendenze violente, utile ad aumentare i danni inflitti oppure su professionista, per far sì che la velocità di movimento rimanga inalterata durante la fase di mira.
Bell e la sua squadra si ritrovano ad attraversare il globo nel tentativo di sventare la minaccia terroristica rappresentata dal temibile Perseus, un agente speciale sovietico che da decenni causa non pochi problemi all’equilibrio geopolitico del mondo occidentale. L’atmosfera da Guerra Fredda è resa egregiamente e l’immersività raggiunge picchi non indifferenti grazie ad una ricostruzione delle ambientazioni pregevole ed, ovviamente, alla cura riposta nella sceneggiature. La trama di Cold War, infatti, risulta coesa ed avvincente, pur dimostrandosi meno d’impatto rispetto a quella del primo Black Ops. Treyarch riesce ad immergere il giocatore in un contesto affascinante, avvolgente ed arricchito da personaggi ben scritti e carismatici, come gli amati Mason e Woods. L’arco narrativo acquista profondità grazie all’espediente narrativo dei flashback che uniti ad un paio di situazioni mindfuck contribuiscono nel rendere incalzante la narrazione. Il tutto converge in una spy story ricca di mistero che culmina in un colpo di scena finale degno di nota, seppure alquanto telefonato. Il team di sviluppo si è prodigato nella realizzazione di una sceneggiatura curata, avvalendosi di studi sul campo e consulenze di diversi esperti del settore. Una trama intensa che purtroppo trova in una esagerata brevità il suo limite più grande, risultando fin troppo sbrigativa e, per certi versi, persino poco approfondita. E’ un peccato perché proprio in questo capitolo sono state introdotte interessanti novità narrative capaci di avere ripercussioni anche sul fronte ludico. Ne sono un esempio i dialoghi a scelta multipla che, in base alle decisioni del giocatore, influiscono sulla possibilità di ricevere incarichi opzionali nel corso delle missioni o di ammirare dialoghi inediti durante i filmati.
Cortina di ferro
I nostri agenti sotto copertura compensano l’isolamento e l’inferiorità numerica in cui si ritrovano a combattere avvalendosi di un arsenale di tutto rispetto. Sono diverse le bocche da fuoco utilizzabili nella campagna, tutte estremamente curate per quanto concerne riproduzione estetica e feedback generale. Contribuiscono nel rendere serrato il ritmo di Call of Duty: Black Ops Cold War i continui cambi d’ambientazione, tra il Palazzo della Lubjanka, le vie della Berlino divisa dal Muro e diversi scorci del Vietnam. Tutte le ambientazioni diventano teatro di scontri a fuoco spettacolari ed incalzanti, caratterizzati da un sapiente mix di spettacolarità ed azione, agevolato dalla presenza delle immancabili scene scriptate, da sempre marchio di fabbrica della serie. Tale dinamicità è sottolineata minuziosamente dalla regia delle frequenti sequenze narrative che propongono diversi momenti davvero spettacolari. Apprezzabile il design dei livelli, meno lineare rispetto al solito ed elevato ulteriormente da interessanti ed inedite variazioni alla solita formula della serie. Sono infatti presenti alcune missioni in cui l’azione diventa meno serrata, in favore di interessanti e sorprendenti sequenze esplorative. Proprio in tal senso trova una rinnovata importanza anche la raccolta dei collezionabili, ora non più considerabili come un misero orpello privo di reale utilità. Attraverso la bacheca degli indizi presente nel rifugio di Berlino, infatti, è possibile esaminare i collezionabili reperiti durante le varie tappe della storia. Analizzandoli è così possibile scoprire di più sulla storia e, soprattutto, sbloccare dei semplici ma intriganti enigmi utili a massimizzare le possibilità di successo delle due missioni secondarie presenti nel gioco. Purtroppo proprio gli incarichi opzionali rappresentano una cocente occasione sprecata, risultando piatti e tristemente dimenticabili.
La maggior parte delle missioni si affrontano insieme ad uno o più compagni di squadra, i quali sfoggiano un’IA amica convincente, fornendo il giusto supporto, senza intralciare l’azione né rubare la scena al giocatore. La variegata rosa di bocche da fuoco utilizzabili si traduce nella possibilità di attuare tattiche e stili di combattimento differenti a seconda dell’arma utilizzata. In tutto questo, l’IA nemica risponde con discreta dinamicità, non risultando particolarmente sveglia ma nemmeno totalmente stupida. Abbiamo affrontato la campagna al livello di difficoltà esperto, vivendo un’esperienza di gioco più scorrevole del previsto, consigliamo dunque di cominciare una nuova partita a veterano se siete alla ricerca di una vera sfida.
Come già accennato, il più grande difetto della campagna è la sua eccessiva brevità. Cold War offre circa dieci missioni, per un totale di cinque ore di gioco scarse. E’ un peccato perché i presupposti per una trama memorabile c’erano tutti, purtroppo sono stati tradotti in una storia che risulta certamente avvincente ed intensa ma anche troppo sbrigativa e poco approfondita.
Comparto multigiocatore
Come per ogni CoD che si rispetti, la struttura portante di Cold War è rappresentata dal comparto multiplayer. Una delle novità più succulente è rappresentata dalle mappe Armi Combinate 12vs12 come Cartel, Armada e Crossroads. Giocare in modalità Dominio in questi scenari rappresenta certamente uno dei fiori all’occhiello dell’esperienza multigiocatore offerta dal titolo. Queste mappe sono tra le più ampie della produzione e rappresentano una boccata d’ossigeno per chi preferisce giocare in ambientazioni non troppo ristrette e caotiche. Non stiamo comunque parlando di scenari da battaglia campale in stile Battlefield ma è comunque un discreto compromesso. Ovviamente chi preferisce il classico Call of Duty giocato in mappe piccole può sempre godere delle modalità 6vs6 o della inedita Scorta VIP. Per rievocare invece le sensazioni ad ampio respiro vissute con Warzone, Treyarch ha introdotto la modalità Squadre d’Assalto: Bomba Sporca, una battaglia per 40 giocatori che mette in competizione ben dieci team diversi in mappe in mappe estremamente vaste.
Per quanto riguarda il gunplay non possiamo che dirci soddisfatti anche se ci è parso meno gratificante rispetto a quello saggiato in Modern Warfare, capace di rendere in maniera più nitida la cruda sensazione di colpire i malcapitati bersagli. Lo stile di gioco è, come di consueto, frenetico e veloce ma è anche grazie a queste caratteristiche che l’esperienza risulta adrenalinica e divertente. Non mancano varie possibilità d’approccio: acquattarsi tra i cespugli atteggiandosi a cecchini, salire a bordo di un carro armato e bombardare tutto ciò che respira, sfrecciare su una moto in mezzo ai boschi schivando i proiettili.. tante situazioni che rendono ogni partita ed ogni mappa unica.
Per velocizzare l’ingresso in partita Cold War basa il proprio matchmaking sul cross-play (disattivabile), i giocatori PC, PS4, PS5, Xbox One e Xbox One X possono dunque scontrarsi a viso aperto senza limitazioni di sorta. Con la progressione incrociata, inoltre, è possibile cambiare piattaforma senza perdere i propri progressi.
Prima di scendere in battaglia non dimenticate di personalizzare il vostro equipaggiamento. Come di consueto, è possibile creare classi personalizzate dotate di un’arma principale, una secondaria, equipaggiamenti tattici e letali e particolari perk. I feticisti delle armi godranno nel personalizzare le proprie bocche da fuoco con ottiche, canne, caricatori impugnature e tanto altro. Dopo diverse ore trascorse nel multiplayer comunque l’impressione è che ci siano delle armi che necessitano di un depotenziamento, visto che la community ne sta già abusando ampiamente. Treyarch è al corrente della problematica è sta già rilasciando delle patch correttive.
Torna anche la possibilità di giocare dalla stessa piattaforma insieme ad un altro giocatore, sfruttando la modalità a schermo condiviso. Per farlo basta semplicemente collegare un secondo controller, è tra l’altro possibile impostare la divisione dello schermo a piacimento, scegliendo tra orizzontale e verticale. Perché il multiplayer online è una gran cosa ma giocare insieme dallo stesso divano ha tutto un altro sapore.
L’esperienza in co-op locale è ovviamente disponibile anche nella modalità zombi…
Nazi zombi incazzatissimi
Per rimpolpare ulteriormente la ricca offerta contenutistica di Call of Duty: Black Ops Cold War Treyarch ha ben pensato di reintrodurre l’apprezzata modalità co-op a base di zombi. Il cuore di questa sezione è Die Maschine (“La Macchina” in tedesco). In questa modalità è possibile giocare con altri tre giocatori, affrontando ondate di non morti che emergono da un vecchio bunker nazista risalente alla seconda guerra mondiale. La premessa narrativa è semplice ed efficace: una squadra d’intervento internazionale finanziata dalla CIA e guidata da Grigori Weaver, volto noto per i fan della serie, parte con la missione di esplorare un bunker infestato da presenze aberranti. Armati di tutto punto, l’obbiettivo è semplice: ripulire l’area dalla minaccia rappresentata dai putrescenti zombi.
Abbiamo giocato diversi round di Die Maschine Infinito, in cui si va avanti ad oltranza senza limiti di round. L’impresa è ardua, ed è alquanto improbabile raggiungere il successo senza collaborare attivamente coi compagni di squadra. Si muore spesso, fortunatamente ci si può rianimare tra compagni di squadra. L’area esterna al bunker è piuttosto grande e, come se non bastasse, si possono scendere un paio di piani sotterranei, andando incontro ad orrori terrificanti. Anche per questo la comunicazione è fondamentale, l’ampiezza e la verticalità della mappa rischiano di isolare i giocatori meno accorti che senza la dovuta attenzione possono malauguratamente ritrovarsi circondati in men che non si dica. Dopo aver completato il decimo round si può scappare tramite l’esfiltrazione, operazione che diventa poi possibile ogni cinque round. Giunge così un elicottero e, sopravvivendo abbastanza a lungo, la squadra può fuggire portando a casa la pellaccia.
In Zombi è presente anche la modalità Carneficina, in cui si gioca in una mappa multiplayer limitata soltanto ad un’area ristretta marchiata dall’etere oscuro. E’ una modalità trascurabile, monotona dopo poche sessioni di gioco. Infine, il gioco ha una versione arcade top-down di Zombi, soprannominata Dead Ops Arcade, dove basta spruzzare proiettili ovunque nella speranza di tenere a bada i fastidiosi non morti. Si tratta certamente di un’aggiunta gradevole che gli appassionati degli arcade twin-stick shooter apprezzeranno.
Che giochiate al multiplayer classico o alla modalità Zombi, sarete felici di sapere che i progressi delle due modalità sono condivisi. Quindi potrete tranquillamente massacrare orde di zombi per far livellare più velocemente le vostre armi..
Comparto tecnico
Abbiamo testato il titolo nella sua versione “old-gen”, giocandolo su PlayStation 4 Pro. A spiccare, per quanto riguarda il comparto grafico, è il suggestivo sistema d’illuminazione che rende carichi di pathos alcuni dei momenti più intensi della campagna. Ottime le animazioni ed i modelli poligonali. Per quanto riguarda la qualità delle texture, il livello di pulizia generale e la lunghezza dei caricamenti era lecito aspettarsi di più. Come al solito, interazione e distruttibilità ambientale non sono pervenute in favore di una fluidità impeccabile, con 60 fps granitici che nel multiplayer rappresentano una vera manna dal cielo.
Ottimo il comparto sonoro, caratterizzato da un doppiaggio in italiano di alto livello che rende onore alle caratterizzazione dei vari personaggi. Monumentale la qualità degli effetti sonori che immergono il giocatore in un tripudio di spari ed esplosioni ma che richiedono notevole attenzione soprattutto nelle fasi più apparentemente “tranquille”, quando captare per primi i passi di un avversario può far la differenza tra un’uccisione e una morte. Più altalenante, invece, risulta la qualità della colonna sonora, con alcune tracce fuori luogo ed altre dannatamente ben contestualizzate.
Concludendo…
Per la stragrande maggioranza dei giocatori, il comparto multiplayer di Call of Duty: Black Ops Cold War vale da solo il prezzo di acquisto. Effettivamente ci sentiamo di condividere tale pensiero: il multigiocatore è solido, divertente e potenzialmente infinito. Le nuove modalità Armi Combinate e Bomba Sporca convincono pur senza rappresentare nulla di particolarmente innovativo o trascendentale. Zombi rappresenta invece un piacevolissimo ritorno che in compagnia di amici può causare assuefazione. La modalità storia è certamente ben scritta ed avvincente ma finisce per risultare come una parziale occasione sprecata a causa di una longevità fin troppo risicata.
Cold War è un buon Call of Duty, tanto legato al passato quanto voglioso di portare una ventata d’aria fresca nella serie. Il risultato è una via di mezzo rappresentata da un’esperienza di gioco completa e di grande spessore che, pur incespicando in un paio di incertezze, rappresenta un acquisto praticamente obbligatorio per gli appassionati di sparatutto a sfondo bellico.