Ancora ho in mente dopo lustri gli “urletti” della piccola e spaventata Haruka che, ossessivamente, nel mentre mi accingevo a completare l’ennesima quest, mi chiedeva «where we goin’?». Perché, è impossibile dimenticarsi la saga più iconica nel settore dei crime game relativa al Giappone: Yakuza. Sin dai tempi della Playstation 2, Yakuza è stato un punto di riferimento (in Europa, nell’underground) di una narrazione “semplicistica” del crimine organizzato e della cultura giapponese, fatta di dogmi, educazione coi pugni insanguinati, rigidi protocolli da seguire anche in punto di morte. Un mondo, come detto, semplice, fatto di buoni e cattivi. Ma era solo la superficie: tra le centinaia di scazzottate, molte epiche, che la serie ci ha offerto, Yakuza ha sempre nascosto un messaggio profondo: una visione del bene, della luce che, anche in una profonda e distruttiva oscurità, riesce ad esser resiliente, costante e angolare. Yakuza: Like a Dragon, il capitolo nella versione PC che analizzeremo, è una autentica novità della saga, al limitare di un canonico “reboot”: non solo per i personaggi protagonisti, (Kazuma è ormai un ricordo), ma anche per scelte tecniche e narrative.
Ma, andiamo con ordine!
Un “demenziale” caos
Yakuza: Like a Dragon è il novello capitolo della leggendaria saga SEGA, dedicata al violento mondo sotterraneo della malavita giapponese. Una saga che, da decadi, ci racconta un Giappone diverso, seppur identico all’immaginario comune, che decenni di anime e manga ci hanno trasmesso. Ma, il capitolo “dragonico” della saga, si distacca completamente dal retaggio passato per due ordini di ragioni. La prima, come abbiamo anticipato, sarà l’assenza dell’iconico protagonista della serie, Kazuma Kiryu. La seconda ragione, è che il titolo ha definitivamente abbandonato gli schemi da gioco d’azione/picchiaduro in terza persona dei capitoli precedenti, abbracciando un genere “insolito” per le tematiche trattate: il ruolismo a turni. Back from the start. Yakuza: Like a Dragon è il novello capitolo della leggendaria saga SEGA dedicata al violento mondo sotterraneo della malavita giapponese, raccontato attraverso i canoni classici dei giochi di ruolo a turni giapponesi. Un sistema che, in superficie, come detto, sembra impattare violentemente con i temi e il mondo cupo (seppur, in questo capitolo, sia un pizzico più spensierato) di Yakuza ma che, in realtà, riesce a proporre un gioco solidissimo e concreto. Anche in questo inedito contesto, avremo dalla nostra una linea narrativa sostanziale: Ichiban Kasuga, il nuovo e “folle” protagonista del gioco, ritorna in libertà dopo 18 anni di prigione “guadagnate” per un crimine mai commesso.
Scagnozzo di una famiglia di basso rango della yakuza di Tokyo, il nostro capelluto eroe, appena varcata la soglia della novella libertà, ritrova un mondo che non è più suo e, soprattutto, scopre d’esser stato “dimenticato”: il suo clan, infatti, è stato spazzato via in un sol colpo. Così, il nostro buon Ichiban, decide di far luce sulla vicenda: di lì, partiranno le peripezie che lo vedranno al centro, nel mentre scopriremo una Yokohama credibile e vivissima. Peripezie che si svolgeranno attorno ad una serie di eventi ben congegnati ed una linea di trama, sostanzialmente, ben realizzata e con tanti colpi di scena, impreziositi dalla folle demenzialità di cui il titolo è traboccante. Ma, novità nella novità, seppur sia una consuetudine quasi dogmatica nel genere, il nostro alter-ego non sarà solo in questa avventura.
Ad accompagnarlo, un team di emarginati che, nella canonica danza delle parti ruolistiche (quindi, tank, support, damage dealer, ecc.) che nel titolo saranno vere proprie attività lavorative specifiche intercambiabili, svolgeranno anche un ruolo di primo piano nelle vicende che il titolo racconta. Ma, mezzo passo indietro, la vera novità è come detto la “violenta” traslazione verso le classiche meccaniche che connotano i rappresentanti del settore ruolistico a turni. Un ruolismo “visionario”, vicino ai classici canoni della demenzialità nipponica, visto che i combattimenti saranno si meccanicamente legati alla tradizione ma in un modo… particolare. Ecco che le abilità magiche diverranno nulla più che una virtuosa esibizione di dedizione all’alcolismo (l’indimenticabile “Rutto Scottante“), nel mentre i nostri eroi non disdegneranno la possibilità di prendere a “biciclettate” gli avversari che, similmente, adopereranno “abilità speciali” per metterci i bastoni fra le ruote (indimenticabile il “molestatore” che renderà “atroce” la vita delle donzelle).
Questo esser sopra le righe pervade in modo incontenibile ogni aspetto concreto del gameplay che, però, sarà ben lungi dall’essere demenziale e superficiale. Durante gli scontri, avremo modo di controllare (a turni, appunto) ogni componente del party, composto da quattro elementi, che avrà accesso ad una serie di possibilità offensive. Ogni membro potrà optare per un attacco fisico diretto, diverse tecniche in base alla “specializzazione” e di supporto alla squadra, sempre in vie… particolari. Tra strimpellate di chitarra, baci e cuoricini per “buffare” e, come detto, alcool incendiario per danneggiare i nemici, esteticamente gli scontri di Yakuza: Like a Dragon saranno assolutamente originali e fuori dall’ordinario. Addirittura, l’ultima fatica SEGA non si fa mancare nemmanco le evocazioni seppur, anch’esse, subiranno una violenta sterzata verso la parodia: potremo infatti chiedere l’ausilio di alleati in battaglia via smartphone, i “Pestamici“, come gruppi di aragoste-samurai, un nerboruto picchiatore con delle palle chiodate al posto delle mani o, udite udite, intere nubi di… scoregge.
Un sistema di combattimento fuori di testa ma solido, seppur con qualche piccolo neo: a partire da una certa ripetitività degli scontri dovuta non tanto ad una eventuale limitatezza delle strategie applicabili (non tantissime ma in numero più che sufficiente per creare varietà tattica), quanto ad una certa e precaria abilità degli avversari nel darci filo da torcere. In aggiunta, Yakuza ripropone tutti i classici crismi meccanici del settore, in modo come detto pregevole, seppur non abbia dalla sua nessuna caratteristica meccanica che ne mostri un lato personale od originale. Il tutto, naturalmente, incorniciato da una classica sezione matematico-ruolistica in cui, grazie all’esperienza accumulata non solo completando vari segmenti narrativi della trama ma anche i tanti “lavori” extra fattibili durante il corso del gioco, si potrà potenziare il proprio team accrescendo le caratteristiche base o sbloccando nuove abilità. Un solido sistema rpg a cui non mancherà anche il dogmatico crafting di armi e armature di varia natura, che potranno esser create da zero oppure potenziate e fatte evolvere di conseguenza attraverso l’uso di moneta sonante e materiali.
Un po’ CEO, un po’ musico, un po’ pilota
Per quanto concerne la struttura ludica in se, il novello Yakuza offre, come da tradizione, un mappa cittadina di medie dimensioni, interamente esplorabile e con tante attività, alcune sorprendentemente profonde. Yokohama non sarà particolarmente vasta ma sicuramente “piena” di dettagli e punti di interessa da scoprire e vedere: non mancheranno nemmeno alcuni “dungeon” esplorabili anche se, tendenzialmente, saranno tutti discutibilmente lunghi e ripetitivi in modo ossessivo. Nonostante la saga abbia da sempre accompagnato ogni sua esperienza ludica con una montagna di attività secondarie assolutamente divertenti, tra gestire night club a gareggiare con automobiline da corsa, Yakuza: Like a Dragon sembra alzare ulteriormente l’asticella per quanto concerne le possibilità extra storyline. Ed che, sostanzialmente, avremo un mondo di possibilità dinanzi a noi: dalla possibilità di divenire il presidente di un’azienda e, persino, presiedere a riunioni con gli azionisti e competere con altre aziende, sino al Dragon Kart, in cui il nostro Ichiban gareggerà in gare che prendono visibilmente le mosse da alcuni dei più noti kart racing sul mercato.
Ma non finisce qui: si potrà partecipare a minigiochi come il karaoke, gli Arcade (di cui uno dei giochi giocabili è Virtua Fighter 5 uscito anche per Playstation 3), la raccolta di lattine, il cinema, freccette, golf e tanti altri. Similmente a quanto accadeva nei giochi precedenti della serie Yakuza, le missioni secondarie avranno effetti concreti sulla nostra “campagna” e che andranno dal guadagno di soldi extra, sino a ricompense speciali e abilità particolari utilizzabili in battaglia. E, lo ripetiamo, l’ammontare di possibilità offerte dalle attività secondarie, è davvero enorme e, in alcuni casi come quello dell’azienda di cui curare gli affari, richiederà una buona fetta di tempo da dedicarvi. Ultimo dettaglio, ma non da sottovalutare, è la completa traduzione dei menù e delle scritte presenti nel gioco in italiano – una caratteristica fondamentale se si pensa che il titolo, da sempre, ha poggiato su di un inglese non scolastico ma tendenzialmente molto “slang”, che ha sempre reso la vita difficile a chi non masticasse perfettamente la lingua di Albione.
Tecnicamente parlando, Yakuza: Like a Dragon si comporta bene seppur, poggiando sul non più giovanissimo Dragon Engine, mostrerà più di qualche fianco, specialmente nei dettagli ambientali e dei personaggi secondari. In linea di massima, anche in questo settore si può comunque tranquillamente affermare che la “prova” sarà superata e di buon grado. Il titolo SEGA offre un comparto estetico di tutto rispetto e dalla buona scalabilità: raggiungere il minimo sindacale odierno, ovvero il Full HD al massimo del dettaglio ed a 60 frame al secondo, non sarà impresa particolarmente ardua. In generale, il feeling restituito è affascinante: Yokohama sarà viva, colma di gente, di insegne al neon di bar affollati e, in linea di massima, di una credibile e viva quotidianità fatta di cose, persone e voci. Il tutto con qualche caricamento di troppo ma sempre tendenzialmente rapido e indolore. È bene sottolineare che, durante il testo del titolo, Yakuza: Like a Dragon non ha presentato gravi sbavature di programmazione, né imperfezioni o bachi tali da esser menzionati. Per chi ha soluzioni hardware superiori, il gioco supporta di base il 4K nativo che, sorprendentemente, ridarà un inatteso guizzo di vita al vecchio engine grafico. Pregevole anche il comparto audio, dall’effettistica alla recitazione vocale, che completeranno così un’ossatura tecnica che non fa gridare al miracolo ma si dimostra curata e solida.
Concludendo…
Yakuza: Like a Dragon è una piccola grande rivoluzione. Una reinterpretazione meccanica e concettuale che, seppur sulla carta “ardita”, è in realtà risultata una benedizione. La svolta ruolistica potrebbe aver dato nuova linfa ad una saga valida e solida, e che non gode ingiustamente della “luce” che meriterebbe. Un titolo corposo, con tanti contenuti e attività, una trama folle e votata alla demenzialità ma non stupida, impreziosito da un comparto tecnico sicuramente pregevole. Seppur non esente da minimi difetti, Yakuza: Like a Dragon diviene, per qualità, un autentico “restart” della saga.