Le manovre commerciali di re-interpretazione di un prodotto non sono certamente una novità: sono state varie le occasioni che ne hanno dimostrato la rilevanza sul fronte commerciale, avallando l’importanza della nostalgia nella fase antecedente all’acquisto. Questo processo di trasposizione in chiave moderna può assumere delle connotazioni positive e negative al contempo: se da un lato abbiamo lo svecchiamento di una proprietà intellettuale, la cui restaurazione può derivare dall’iconicità del prodotto originale, specialmente in un mercato complesso come quello dei videogiochi, dall’altra parte detiene una valenza negativa nella misura in cui questa formula commerciale comporti un impoverimento del mercato, la cui degenerazione corrisponde al rilascio di una console di cui la prima IP esclusiva è sì un eccellente capolavoro, ma “nient’altro” che una riproposizione moderna di un titolo di due generazioni prima. In qualunque modo si voglia vedere la protesta o il sostenimento dei remake all’interno dell’industria videoludica, l’importanza di questi nella vita dei videogiocatori è indubbia ma, per quanto essa sia indispensabile, difficilmente si può associare ad un unico micro-target di riferimento. Se è vero che la nostalgia domini e determini le future scelte di mercato, siano esse nuove produzioni o altre re-interpretazioni, è proprio dall’esaltazione dell’interesse che si gettano le basi di un’utenza fidelizzata. Nonostante questo ragionamento possa a primo acchito sembrare confusionario o addirittura inesatto, trova un suo fondamento nella nostra amata industria. Il processo del branding videoludico si lega alla creazione di comunità di brand nella promozione del franchise, attraverso il quale si stabilisce il coinvolgimento emotivo dello spettatore, determinando una vera e propria economia affettiva. Di esempi se ne potrebbero riportare parecchi, ma quale occasione migliore ci potrebbe essere per parlare di remake, se non Pokémon e l’ormai imminente anniversario? Qualora non foste aggiornati sui prossimi eventi del panorama videoludico, il celebre brand dei mostriciattoli tascabili è ormai giunto al suo 25esimo anniversario.

Il prossimo 27 febbraio sarà un giorno di grandi festeggiamenti per Game Freak e The Pokémon Company, con probabili produzioni che copriranno una buona parte dell’anno fiscale della software house e del publisher Nintendo. Volendo seguire la scia dei rumor che riecheggiano nell’aria, si vocifera che questo 2021 sia l’anno di Pokémon diamante/perla/platino e dei loro remake, che entro la fine dell’anno raggiungeranno gli scaffali di Nintendo Switch. Nel seguito dell’articolo, da videogiocatore-tipo per il target di riferimento, vorrei analizzare non solo perché questa manovra nostalgica sia molto probabile, ma anche perché quei remake siano necessari, nonostante vi siano dei dubbi teorici non di poco conto.

L’importanza storica di Sinnoh

Il primo approdo della quarta generazione di Pokémon sulle console portatili DS di Nintendo corrisponde al 2006, con un successivo rilascio in occidente nel 2007. L’opera precedente dell’omonimo brand è quella di Pokémon Smeraldo negli ultimi mesi del 2004 nella terra del Sol Levante, su un hardware storico ma che, messo a confronto con la controparte a doppio schermo, non regge minimamente il confronto tecnico. Nonostante le due produzioni siano cronologicamente vicine, il distacco concettuale tra le due appare incontrovertibile, mostrando un salto generazionale senza precedenti. I recenti furti di dati delle proprie intellettuali di Nintendo pubblicati sul web, inoltre, hanno dimostrato come i capitoli del 2006 abbiano subito uno sviluppo travagliato che, in termini di prodotto finale, si sono concretizzati solamente a tre mesi di distacco dalla realizzazione della prima di tre versioni beta del titolo. Sembra dunque che lo sviluppo del concept di gioco in puro gameplay si sia tradotto in un lavoro concreto di poco tempo. Tuttavia, in questa sede non si vuole affrontare un’analisi sul fronte tecnico, ma unicamente su quello concettuale: se da un lato abbiamo titoli come Pokémon Smeraldo fortemente ancorati alle precedenti iterazioni della saga, da Pokémon Diamante e Perla sono state gettate le basi per un ampliamento filosofico del mondo di gioco.

Per la prima volta, dopo l’approdo di Pokémon nel mercato videoludico nel 1996, la carina (e a tratti eccessivamente bambinesca) saga dei mostriciattoli tascabili iniziò a trattare tematiche che andassero oltre la semplice lotta dicotomica tra bene e male, indirizzandosi –alla lontana- verso la prima e reale concezione che Satoshi Tajiri ebbe del suo prodotto. È con la quarta generazione di questo vastissimo e complicato universo narrativo che se ne mettono in dubbio i paradigmi di questo: esiste un ordine naturale che sovraintenda le leggi del nostro mondo? Quali sono i limiti del mondo terreno eludibili per il raggiungimento di un Iperuranio videoludico? Possono un conflitto tra uomini e lo sfruttamento delle creature mitologiche esser giusti per raggiungere un luogo senza conflitti? Sono queste le fondamenta per un’esperienza più matura e adatta a tutti i target, seppure sia solo un trampolino di lancio per le successive avventure ad Unima. “Tanto tempo fa, agli albori della regione di Sinnoh, Pokémon ed esseri umani vivevano vite separate. Questo non significa che non si aiutassero vicendevolmente. Al contrario, si sostenevano a vicenda. Un Pokémon avanzò agli altri la proposta di essere disponibili con gli uomini. Chiese che i Pokémon fossero pronti a comparire sempre di fronte agli umani. Per questo al giorno d’oggi i Pokémon ci compaiono davanti nell’erba alta.” Nel 2006 Pokémon affrontò seriamente l’importanza della mitologia del proprio universo, tracciando i primi confini di questo con alcuni reperimenti cartacei leggibili, come nella celebre biblioteca di Canalipoli.

Pokémon diamante remake, un cambio dimensionale

Seppure tecnicamente l’opera Pokémon del 2006 appaia datata, specialmente se posta al cospetto di titoli spacca-mascella presenti sul mercato, il vero problema della produzione fu nel generale bilanciamento del prodotto. Nonostante i difetti delle ultime iterazioni siano evidenti narrativamente e qualitativamente, non si può certamente dire che il processo di livellamento dei Pokémon, così come quello di creazione di una squadra competitiva, abbia seguito la stessa strada dei due fronti precedenti. Con i capitoli Spada e Scudo, infatti, l’avanzamento in gioco favorisce due stili di gameplay antitetici: quello del videogiocatore hardcore-competitivo e quello del videogiocatore occasionale. In altre parole, gli ultimi due capitoli hanno saputo offrire un’esperienza capace di motivare all’avanzamento i più veterani della saga, ma allo stesso tempo non scoraggiare i novizi. Se dunque non è il miglioramento delle texture e degli assets il vero nodo cruciale dell’operazione nostalgia (miglioramenti che, ovviamente, sarebbero graditi), la re-interpretazione dei vecchi titoli della saga necessitano di partire proprio dal concept ludico del prodotto.

Questo, però, comporta un cruciale interrogativo circa la trasposizione 3D di una mappa 2D: come potrebbe avvenire? L’esempio che meglio spiegherà questo interrogativo sarà quello del Monte Corona, celebre dungeon del mondo Pokémon conosciuto per la sua complessità ma, soprattutto, per la sua magnifica struttura ludica. Se vista dall’altro appare come una mappa semplicissima e per nulla comparabile ad altre IP che fanno della componente esplorativa il proprio fiore ad occhiello, è dalla visuale prospettica del giocatore che l’esperienza assume quella singolare bellezza irraggiungibile: rompicapi ed esplorazioni sia orizzontali che verticali si alternano armonicamente, basandosi tutto sull’implicito patto narratore-fruitore in cui quest’ultimo non conosce le insidie che lo attendono. Con le iterazioni tridimensionali del mondo Pokémon, invece, l’unico modo che gli sviluppatori hanno di rendere accattivante l’esplorazione è sul piano verticale, che però richiederebbe ugualmente un re-work totale della mappa, altrimenti carente nelle restanti porzioni di mappa. Non si può negare l’importanza che la saga dei Pokémon, con la sua amata Sinnoh, ebbe tra i videogiocatori oggi 20enni, che per la prima volta si approcciarono al brand proprio con questi capitoli, nonostante non sia esente anch’esso di errori di programmazione oggi considerabili inaccettabili per gli standard di sviluppo odierni.

Per ulteriori approfondimenti legati al mondo Pokémon, vi rimandiamo al canale ufficiale di Pokémon Millennium.

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Nato successivamente all'uscita di Playstation 2 e poco prima dell'approdo di Microsoft nel settore del gaming con la sua primissima Xbox, il suo amore per i videogiochi sboccia con i Pokémon, nella quale vi approda con l'indimenticabile Game Boy Advance SP. Ancora alla ricerca di un genere videoludico ideale, l'interesse per i vecchi classici del cinema gli ha permesso di comprendere l'ineccepibile importanza della narrazione nel videogioco, seppur non gli dispiaccia affatto destreggiarsi con prodotti antitetici dal calibro di Animal Crossing e Monster Hunter, o in alternativa recuperare perle del retrogaming a lui non appartenenti.

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