Negli ultimi anni i videogiocatori hanno assistito ad un cambiamento epocale nella percezione dei videogame come fenomeno culturale, insediatosi in un immaginario collettivo in evoluzione. In un settore industriale di quella caratura e fortemente competitivo, le produzioni ad alto budget costituiscono una realtà in divenire sempre più comune. Si tratta di un mercato in continua espansione, i cui apici produttivi costituiscono, ad oggi, il mutamento dei paradigmi che ne dettano l’intero modus operandi. Il cambiamento, tuttavia, non sempre determina esiti positivi, comportando anche una involuzione artistica di prodotti che, con i mezzi a propria disposizione, sarebbero in grado di ridefinire la percezione esterna del videogioco. Non si parlerebbe più di un medium dalla effimera, ma comunque valida, idea di semplice passatempo, bensì di una forma d’arte culturalmente consolidata. Esistono fortunatamente delle eccezioni alla regola nel mondo delle produzioni tripla A ma, tuttavia, non sortiscono propriamente l’effetto desiderato.Greak memories of azur

Proprio da tali presupposti, l’impellente ricerca di una produzione videoludica dal grande livello artistico si consolida facilmente in un mercato minore e dalle logiche asincrone: quello degli indie. Quando il problema delle formule economicamente vincenti viene meno, a favore di un’esaltazione dell’estro artistico, i titoli emergenti di piccoli studi indipendenti rappresentano una tela bianca sopra la quale disegnare il simbolo delle proprie ambizioni produttive che, delle volte, vengono esacerbate da un progetto dalle premesse interessanti. È proprio questo il caso di Greak: Memories of Azur, la prima opera digitale sviluppata dal gruppo di game development brasiliano Navegante Entertainment. In dirittura d’arrivo il 17 agosto su console next-gen, Nintendo Switch e piattaforme Windows, il titolo ha saputo deliziarci sin dalle primissime fasi di gioco. I suoi particolari tratti ludico-estetici fungono da cornice ad un’esperienza accattivante, seppure il suo potenziale sia rimasto profondamente inespresso. Vi rimandiamo, dunque, direttamente alla nostra recensione.

Il viaggio di Greak nelle insidiose lande di Azur

La nuova avventura pubblicata da Team 17, il publisher di alcune piccole perle del panorama indipendente dal calibro di King of Seas (di cui trovate qui la nostra recensione), trova la propria realizzazione nella lontana regione di Alassya. Eoni orsono, in quei territori ove vennero dati alla luce i primi esseri viventi, i Courine, una terribile piaga infettò il mondo. Da quella stessa madre terra, che dapprima partorì la vita, venne a crearsi la morte: gli Urlag, la minaccia di tutto il creato. Proprio dalle corrotte lande desolate, divenute i terreni di scontro tra i superstiti Courine e gli Urlag, prendono luogo le vicissitudini narrate. Vestendo i panni di Greak, un piccolo combattente desideroso di ritrovare la propria sorella Adara ed il fratello Raydel, il giocatore si troverà direttamente coinvolto nell’ultimo disperato gesto di sopravvivenza dei rimanenti Courine.

Dopo esser stato rinvenuto da un gruppo di ricognitori, Greak si risveglia infatti nella regione di Drisdeen, divenuta ormai luogo di un piccolo accampamento provvisorio. In questa base un gruppo di resistenza, all’incombente ed inarrestabile minaccia Urlag, tenta un ultimo grande gesto disperato di sopravvivenza: abbandonare Azur. Ad oggi l’unica via di fuga possibile è attraverso il cielo e, per raggiungere lo scopo, l’intervento di Greak sarà fondamentale. Incaricato di recuperare alcune risorse per la costruzione di un dirigibile, la ricerca dei primi materiali lo condurrà a ritrovarsi con Adara e, di lì a poco, con Raydel. Al fine di non eccedere con la rivelazione della storia di Greak: Memories of Azur eviteremo di proseguire oltre, seppure la natura narrativa sia intuibile. Seppur non si tratti di un’opera dallo story-telling di grande impatto, questo costituisce un primo punto di partenza per la costruzione di un proprio universo.Greak: Memories of Azur

Greak: Memories of Azur, quando la fiaba incontra il videogioco

Come detto precedentemente, la produzione dello studio Navegante Entertainment ritrova nel racconto un punto centrale del comparto ludico, seppure non sia predominante. A rappresentare il fiore all’occhiello dell’esperienza, infatti, è l’impianto estetico di Greak: Memories of Azur, con la sua avvenenza fiabesca senza eguali. Non a caso, nell’introduzione alla recensione, ci siamo riferiti all’action adventure pubblicato da Team 17 come se fosse una tela bianca. Un dipinto, al di sopra del quale, un ambizioso studio di game development ha raffigurato le proprie ambizioni, incorniciando il proprio esordio nel settore videoludico. La progettazione grafica di ambientazioni evocative, interamente disegnate a mano come le animazioni dei personaggi, è il formante figurativo di uno scenario ben valorizzato. L’uso di colori freddi in una palette cromatica variegata, adornata da un world building intrigante, restituisce a conti fatti un valore estetico dal grande standard qualitativo per una produzione indipendente, contornata da un soave tono fiabesco.

Un comparto ludico non al livello di una buona produzione

Non è tutto oro quello che luccica e, purtroppo, Greak: Memories of Azur ne è un esempio lampante. Nonostante la commistione degli impianti estetico-narrativi costituisca un ottimo punto di arrivo per la prima di una lunga schiera di produzioni (si spera), non si può purtroppo dire la stessa cosa in riferimento ad una debole componente action. Dalle primissime fasi di gioco, infatti, si osserva come uno stretto contatto con i nemici possa annullare una qualsiasi loro animazione, rendendoli inermi dinnanzi l’avversario. Da questa premessa si intuisce come il combat system di Greak: Memories of Azur si trasformi in una spasmodica pressione del tasto di attacco. Viene dunque a formarsi un prodotto fortemente ridotto all’osso, esacerbato da una generica linearità di fondo che caratterizza l’intera produzione. Ad essere vanificato, dunque, è anche l’impianto della componente ludica associata ai vari personaggi, che avrebbe potuto valorizzare il gameplay con differenti stili di gioco.Greak: Memories of Azur

Greak, Adara e Raydel

Il protagonista delle nostre disamine nei territori di Azur, infatti, non sarà l’unico personaggio giocabile. Oltre a vestire i panni di Greak, incentrato sul combattimento ravvicinato e sulla schivata, potremo impersonare Adara, capace di dominare l’antica arte della magia. Ella, grazie alla sua educazione incentrata sulle arti mistiche, potrà colpire i nemici dalla distanza, seppur non con la stessa veemenza del fratello. Qualsiasi azione basata sulla magia, tra cui la capacità di stasi aerea, sarà limitata da una barra dinamica posta al di sopra del personaggio. Infine, il più grande dei tre fratelli, Raydel, costituirà la figura più interessante sul fronte ludico, grazie all’arsenale a propria disposizione. Il suo set di movenze, incentrato su pensati attacchi ravvicinati ed abbinati all’uso di uno scudo, renderà quest’ultimo uno dei personaggi più importanti dell’avventura. Nonostante i ritmi altalenanti delle sezioni action, tuttavia, gli sviluppatori hanno saputo fronteggiare al meglio tali mancanze.Greak: Memories of Azur

Come anticipato in precedenza, la valorizzazione del world building e di un level design efficace raggiunge il proprio apice con la presenza di porzioni platform. A farla da padrone sono, dunque, sezioni di varie mappe che, con uno stampo tendente al metroidvenia, costituiscono la vera sfida nel mondo di gioco. Non si tratta, in fin dei conti, di una difficoltà ingestibile, ma la commistione di enigmi ambientali, mappe labirintiche e l’assenza di una mini-mappa sapranno soddisfare parecchio il videogiocatore. Ogni personaggio acquisito nel corso dell’avventura, ognuno con le proprie peculiarità, sarà indispensabile per la fuga da un mondo ormai avverso alla razza Courine.Greak: Memories of Azur

Concludendo…

Ad oggi, in riferimento a Greak: Memories of Azur, non ci si può certamente riferire ad un capolavoro del panorama indipendente. Per quanto la nostra esperienza sulla console ibrida di casa Nintendo sia stata tecnicamente soddisfacente, con un frame rate stabile in modalità portatile e tv, le problematiche esposte circa il sistema di combattimento ha comportato una caratterizzazione altalenante delle diverse fasi di gioco. Ciò nonostante, l’articolazione delle mappe determinano il valore positivo di un mondo capace di auto-narrarsi, anche grazie alla presenza di elementi col quale è impossibile interagire e, soprattutto, scoprire nuovi dettagli sulle terre di Azur.
Proprio per questa serie di ragioni, tenendo conto del fatto che è la prima produzione di questo team emergente, riteniamo che l’avventura meriti l’acquistato.

CI PIACE
  • Ottima componente estetica
  • Titolo piacevole da giocare su Nintendo Switch
  • Ottimo level design
  • Sezioni platform ben pensate
NON CI PIACE
  • Titolo eccessivamente lineare nella sua struttura
  • Sistema di combattimento poco accattivante
  • Poco longevo
Conclusioni

Greak: Memories of Azur ha saputo convincerci. Nonostante i limiti tecnici e ludici della produzione siano evidenti, consigliamo, con le dovute riserve, l’acquisto del prodotto. La nostra esperienza su Nintendo Switch, seppur non comparabile ad altri titoli appartenenti al panorama delle opere indipendenti, ha saputo fornirci un feedback positivo.

6.7Cyberludus.com

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Nato successivamente all'uscita di Playstation 2 e poco prima dell'approdo di Microsoft nel settore del gaming con la sua primissima Xbox, il suo amore per i videogiochi sboccia con i Pokémon, nella quale vi approda con l'indimenticabile Game Boy Advance SP. Ancora alla ricerca di un genere videoludico ideale, l'interesse per i vecchi classici del cinema gli ha permesso di comprendere l'ineccepibile importanza della narrazione nel videogioco, seppur non gli dispiaccia affatto destreggiarsi con prodotti antitetici dal calibro di Animal Crossing e Monster Hunter, o in alternativa recuperare perle del retrogaming a lui non appartenenti.

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