Ignorare la potenza artistica, visuale e concettuale di This War of Mine è praticamente impossibile. A partire dalla tematica, quella della guerra, attualissima in questi ultimi mesi (ma lo è sempre, non solo quando i notiziari ci dicono che lo sia). Perché se oggi, purtroppo, l’Ucraina vive sulla sua pelle una situazione drammatica frutto, come spesso accade, del “ringhiare” delle super potenze globali, ogni giorno v’è una guerra combattuta in un angolo del globo (basti pensare, ad esempio, all’assedio che da decenni subisce il popolo palestinese). Ed ogni giorno, vi sono vittime civili che pagano il prezzo delle “mosse” su di una imprecisata “scacchiera” innescate da potenti senza volto, che solitamente inseguono un solo scopo: i soldi. Perché, ed è una legge che la storia ci ha insegnato, le guerre portano dolore ai deboli e convengono solo a chi vende le armi per combatterle o le usa per ottenere un maggiore controllo. I civili muoiono, i potenti celebrano. Ed è proprio del punto di vista dei deboli che il prodotto di 11 Bit Studios (software house, tra le altre cose, attivissima nella raccolta fondi per le vittime di guerra), rilasciato nel 2014, fa un uso centrale e seminale di ciò che, realmente, significa guerra. Un meta-gioco come pochi che, in questa sede, analizzeremo nella sua versione PlayStation 5: un “ritorno” sulle console di nuova generazione, ovviamente con un comparto tecnico rinnovato e con tutti i contenuti extra pubblicati post lancio.
Senza ulteriori indugi, vi lasciamo alla recensione di This War of Mine: Final Cut.
La mia guerra, la nostra guerra
This War of Mine: Final Cut è un gioco ibrido in 2.5 dimensioni, con spiccati elementi gestionali e d’azione a scorrimento orizzontale. In un modo piuttosto fluido e senza interruzioni, la creatura di 11 Bit Studios ci mette nei difficili panni di un gruppo di civili intenti a sopravvivere ad una terribile guerra civile che ha sconvolto la città fittizia di Pogoren. Pad in mano, avremo il difficile compito di conoscere e di gestire ogni aspetto della loro quotidianità devastata non solo dalla guerra incombente, ma anche dalla scarsità di viveri, dal continuo senso di pericolo e dalla devastazione fisica e mentale che un conflitto bellico comporta per un comune essere umano. L’obiettivo sarà sopravvivere all’assedio della città e arrivare alla fine del conflitto (tra le altre cose, un parametro che potremo assieme ad altri personalizzare almeno in una delle modalità). L’atmosfera e le storie insite in This War of Mine sono pesanti e difficili da digerire, nel senso positivo del termine: avviando la modalità “Storie” del gioco, avremo accesso a tre differenti “campagne” ognuna composta da personaggi “fissi” e incentrata su di uno specifico aspetto della brutalità della guerra. Nonostante ciò (ed è qui che è insita la grandezza del gioco e la sua visibile essenza “meta-ludica”), l’evoluzione narrativa del titolo godrà sì di eventi pre-impostati, ma sarà in larga misura dettata anche dalle nostre particolari scelte. Ogni persona che incontreremo nella “quotidianità” del gioco, fornirà una personale micro-prospettiva del conflitto in corso i cui eventi principali saranno narrati dai costanti aggiornamenti provenienti dalla radio.
Dunque, non è sbagliato affermare che ciò che This War of Mine ci racconta è in parte tangibile e in parte non lo è: sicuramente, vi è una narrativa che si evolve con alcune vicende “fissate”, ma l’amarezza e il costante senso di insicurezza e di dolore, sono i traini che rendono, nel complesso, la narrazione in continua evoluzione e vero cuore portante del gioco. Oltre alla succitata modalità, This War of Mine potrà essere affrontato in una modalità “Classica”, ove saremo chiamati a destreggiarci con le insidie e le difficoltà della guerra con parametri più casuali (come, ad esempio, la generazione randomica dei personaggi di gioco) e slegati da eventi narrativi “rigidi”. Naturalmente, nonostante l’immenso valore artistico, il titolo prodotto da 11 Bit Studios, resta pur sempre un videogame che, ovviamente, consta di una sezione più squisitamente meccanico-ludica. Come già parzialmente anticipato, il gioco farà costantemente da spola tra sezioni più squisitamente action, ad altre più concretamente gestionali. L’andazzo ludico del gioco sarà scandito da un continuo ciclo giorno-notte. In modo specifico, nelle ore diurne, dati i bombardamenti continui e la presenza massiccia di soldati, saremo costretti a trincerarci all’interno del “quartier generale” e, di conseguenza, chiamati alla complessiva gestione della nostra micro-comunità, sia da un punto di vista dei viveri che dello specifico comfort. Non solo organizzazione, dunque, delle scorte, ma anche produzione delle più disparate, dal cibo ad utensili sino a letti e strumenti utili per la sicurezza intra-domestica. Bisognerà, naturalmente, considerare anche il managing “umano” del gruppo. In aggiunta, nel gioco anche saranno presenti dei bambini: la loro gestione sarà particolare e spesso, dovremo fermarci a discutere di temi complicati o giocare con loro per rassicurarli.
Sopravvivere alle bombe
Al calar delle tenebre, la situazione cambia drasticamente: durante le ore notturne, infatti, avremo facoltà di esplorare le rovine della città di Pogoren alla ricerca di risorse ed oggetti utili. Avremo facoltà di avventurarci fuori dalla sicurezza (relativa) del nostro rifugio, selezionando un solo personaggio, in base alle nostre esigenze. Ogni elemento della nostra comunità sarà dotato di specifiche caratteristiche che lo renderanno più o meno adatto ai compiti che avremo in mente, dunque scegliere quello più adatto all’esplorazione sarà cruciale per la sopravvivenza della comunità. Una volta prescelto “l’esploratore”, potremo decidere quali aree d’interesse esplorare da una mappa della città: ci aggireremo tra supermercati ormai semi deserti, edifici “divelti” dalle bombe et similia, alla ricerca di tutto ciò che ci potrebbe esser utile. Ovviamente, avremo un tempo limitato per farlo con la luce del giorno che incombe: anche da questo punto di vista, decidere di esplorare un edificio piuttosto che un altro, avrà ripercussioni critiche sulla sopravvivenza del nostro gruppo.
Nel corso delle nostre esplorazioni, i pericoli in agguato saranno tanti: non solo potremo incappare in muri crollati o porte bloccate che ci sbarreranno la strada, ma anche altri sopravvissuti che, piuttosto spesso, saranno ben lungi dall’essere amichevoli. Sarà al contempo importante difendere il nostro “avamposto” durante il buio, poiché potrebbe esser preso d’assalto da altri sopravvissuti non propriamente “buoni”. Nonostante sia naturalmente possibile utilizzare armi di diversa natura, l’aggressione sarà spesso una soluzione estrema e sconveniente. Per tutte queste ragioni, il gioco ci incentiva a tentare sempre, come modus primario, ad esplorare in “silenzio” e ad adoperare la massima cautela per visitare gli ambienti. Ecco che, quindi, in This War of Mine agire nell’ombra e in silenzio diviene altresì fondamentale: perdere un elemento particolarmente capace nell’esplorazione, significa probabilmente condannare tutto il gruppo ad una fine atroce. Fine che, purtroppo, accompagnerà spesso le nostre sessioni: non solo uccisioni, ma anche il freddo, la fame o le malattie colpiranno duro i membri del nostro gruppo. Ed è qui che entra in scena un altro importantissimo elemento da tenere in considerazione: il morale. Cali drastici d’esso avranno effetti incalcolabili e non sarà così raro assistere addirittura a suicidi o sparizioni improvvise. Sarà dunque, nella complessiva gestione della quotidianità, importante anche destinare risorse o dedicare del tempo ad esplorare alla ricerca di piccoli lussi o distrazioni.
Mordi e fuggi
In generale, il gameplay di This War of Mine è ben congegnato e unisce due “entità” ludiche differenti, gestionale e action a scorrimento, in un modo piuttosto morbido e coerente. Nonostante un ottimo lavoro complessivo di rimasterizzazione, concretizzatosi non solo con un aumento della “mera” risoluzione ma anche con l’introduzione di un maggior dettaglio scenico e di un light system completamente rivisitato, il cuore pulsante del gioco è rimasto sostanzialmente invariato e, con esso, alcuni dei suoi difetti. È impossibile non notare, sin dalle prime battute, come il titolo sia stato “adattato” al mondo console e traslato “forzosamente” dal duopolio mouse+tastiera: ciò, così come accadeva già per le versioni per console “old gen”, si traduce in un sistema di controlli un po’ impreciso specialmente quando si tratta di “attivare” alcune azioni come la raccolta di oggetti (specialmente se ve ne sono diversi vicino) o movimenti speciali (come, ad esempio, arrampicarsi su di una scalinata). Sarebbe stato altresì conveniente modificare in modo sostanziale il complessivo meccanismo dei comandi, magari con l’inserimento di compiti “auto-pilotati” grazie ad una semplice pressione di un tasto, piuttosto che spostare materialmente ogni personaggio verso il luogo adibito a svolgere il compito assegnato.
Un altro fattore da considerare è che, nonostante una buona longevità, alla lunga le “situazioni casuali” si ripeteranno (e, soprattutto, il loro epilogo), andando, seppur minimamente, ad impattare sulla complessiva longevità e dinamismo delle sessioni che, lo ricordiamo, presenteranno comunque sia un’alta difficoltà generale. Per quanto concerne invece le performance, This War of Mine: Final Cut si presenta in forma smagliante grazie ad un frame rate complessivamente stabile e fisso ai canonici 60 fotogrammi al secondo coadiuvato da un comparto estetico rimasterizzato e potenziato. Se esaltare il devastante quanto splendido lavoro a livello artistico profuso dagli sviluppatori è quasi insensato, visto che il titolo sin dai primi istanti sarà un “pugno in piena pancia” cromaticamente “assuefatto” a neri e bianchi in grado di catapultarci nel buio quotidiano dei “sopravviventi” alla guerra, va al contempo sottolineato l’altrettanto splendido lavoro compiuto in materia di effettistica sonora e musiche. Tolto qualche piccolo grattacapo (come, ad esempio, il casuale “loop” di rumori legato alle attività dei bambini), il comparto audio è altresì ben elaborato e tristemente realistico: la pioggia continua di bombe durante il giorno, si alterna all’angosciante silenzio notturno rotto da improvvise scariche di mitra che risuonano sempre sin troppo vicine.
Concludendo…
Senza indugio, This War of Mine è un capolavoro metaludico e, questa versione rimasterizzata, ne eleva ancora di più lo status di creazione magistrale. Nonostante qualche piccolo grattacapo tecnico, ereditato dalle precedenti versioni, la “Final Cut” del gioco è sicuramente l’edizione migliore con cui addentrarsi nel cupo e devastante mondo di gioco. Un gioco, appunto, che però non lo è affatto: gestire il gruppo di sopravvissuti e correre, di notte, ogni sorta di pericolo per procurarsi cibo o medicinali, non sarà facile ed epiloghi apocalittici sono dietro l’angolo. E va considerato un altro fattore: il prodotto di 11 Bit Studios è un “pugno” emotivo molto duro da digerire e, per la qual cosa, probabilmente non adatto alle persone più sensibili.