I moderni mezzi di costruzione di un videogame, sia per quanto concerne l’accessibilità generale che la semplicità di utilizzo, hanno fatto enormi passi da gigante. Passi che, in sostanza, consentirebbero a chiunque, premesso tanto studio e duro lavoro, di poter traslare da carta a byte qualsiasi idea frulli per la testa. Ed è proprio da un’idea concretizzatasi in cortometraggio 3D, nata nel 2015 da un gruppo di universitari oggi al centro del piccolo studio indipendente Well Told Games, che proviene The Foglands, titolo in realtà virtuale che è approdato negli scorsi giorni su diverse piattaforme. Realtà virtuale che, seppur grandemente popolato da titoli ancora un po’ troppo “barebone” se confrontati con le controparti “ortodosse”, sta lentamente vestendosi di una certa dignità ludica, grazie a giochi di un certo livello e di una certa complessità.
Ma The Foglands, in questo senso, dove si piazza? E’ l’ennesimo titolo “ossuto” per realtà virtuale, oppure riesce ad imporre la propria personalità ed il proprio dixit?
Scopriamolo assieme, nella nostra disamina per Meta Quest 2.
L’oscura nebbia del Far West
The Foglands è uno sparatutto in prima persona, confezionato appositamente per la realtà virtuale ed incorniciato da una curiosa ambientazione che mescola tenui elementi horror, western e steampunk. Il titolo, in aggiunta, mescola assieme ai classici crismi dei giochi shooting virtuali, anche alcuni elementi ruolistici e di stampo roguelike. Com’è ormai d’uopo nell’odierno mercato “story-hungry”, anche The Foglands offrirà una premessa narrativa, seppur non particolarmente originale: il protagonista del gioco è Jim, una sorta di “postino/esploratore” di sotterranei (nel gioco, definito runner), in un mondo post-apocalittico inospitale ed arduo. L’unica solutio, per i viventi, è stata quella di affidarsi a cunicoli e miniere dove, appunto, i runner corrono i rischi maggiori trasportando ogni tipologia di oggetto. Ma, per il nostro Jim, la vita non è facile: durante il nostro primo giorno di servizio, il buon pistolero viene letteralmente inghiottito da un verme gigante. E’ la fine? In realtà no: un misterioso essere ultra-terreno, chiamato Lo Straniero, ci riporterà in vita, donandoci addirittura l’immortalità. Ma a quale prezzo? Continuare a sterminare le aberrazioni che vivono sotto-terra e, in aggiunta, vendicarsi dell’enorme invertebrato che ha fatto di noi un sol boccone. In generale, seppur come già detto non “strappa-capelli”, la storia imbastita da Well Told Games sarà tutto sommato sufficientemente intrigante da darci una giusta spinta nell’esplorare i cupi anfratti che popolano il gioco.
Ma come si fa giocare il prodotto di Well Told Games? Sufficientemente bene, potremmo dire, senza però brillare particolarmente. Se volessimo ridurre all’osso il complessivo gameplay, potremmo dire che il fulcro vitale di The Foglands è incamminarsi in tetri dungeon, sparando ad ogni cosa che si muove e, al contempo, raccogliendo ogni cosa che ci si pari innanzi, principalmente munizioni e rottami (sorta di monete con cui si possono acquisire nuovi equipaggiamenti o migliorare quelli esistenti). L’accumulo di oggetti sarà convogliato in soli quattro slot: una limitazione da tenere in considerazione e che, naturalmente, non ci permetterà una raccolta indiscriminata e “senza pensieri” degli oggetti. Un loop ludico che, inizialmente, ci verrà spiegato (in modo un po’ caduco, in verità), da un veloce tutorial che ci introdurrà alle difficili mansioni del nostro alter-ego “revolveroso”.
Il quid del gioco giace, però, nel suo cruciale elemento roguelike: dovessimo perire nei nostri sforzi sotterranei, ritorneremmo improvvisamente al nostro quartier generale perdendo ogni cosa raccolta. Ma, la benevolenza degli sviluppatori, ci verrà comunque incontro: infatti, sparsi per i tetri labirinti, vi saranno sorta di condotti che serviranno, appunto, a convogliare le risorse faticosamente accumulato verso il quartier generale, assicurandole da ogni “avversità”. Il nostro eroe potrà contare anche su dei power-up casuali, scovabili in alcuni simil-armadietti apribili con delle specifiche chiavi ottenibili durante il gioco, e che dureranno fintanto che continueremo ad esplorare quello specifico dungeon. Un aggiunta che dona un pizzico di varietà in più ad un “cerchio ludico” divertente ma piuttosto ripetitivo.
Revolver contro il male
Ovviamente, dovremo via via potenziare il nostro arsenale di fuoco: il gioco ci dà una scelta sufficiente ma non particolarmente ampia di strumenti di morte anche se, in verità, è possibile con un po’ di fatica in più completare il gioco anche utilizzando il revolver base che otterremo a inizio gioco. Il motivo? The Foglands non sarà particolarmente difficile: gli incontri coi nemici saranno piuttosto telefonati, grazie ad un design dei livelli procedurale sì, ma fondato su alcuni “concept” che si ripetono a iosa. Più impegnativi saranno, invece, gli scontri coi boss che, una volta abbattutti, rilasceranno una sorta di “energia”, chiamata icore, che servirà per potenziare le caratteristiche del personaggio. Nonostante l’asticella della difficoltà si impenni visibilmente, le battaglie coi “capoccia” non saranno particolarmente ispirate ne’ offriranno chissà che variazioni sul tema rispetto al normale tran-tran. In totale, avremo tre biomi differenti da esplorare che caratterizzano una campagna che, per i più smaliziati, non occuperà più di 10 ore di gioco e che non offrirà chissà che longevità proprio a causa dello stato generale del gioco (ci arriveremo a breve). Nonostante afflitto da evidenti limiti concettuali, comunque sia, ludicamente parlando The Foglands riesce comunque a creare una struttura basica tutto sommato divertente che, però, viene nei fatti travolta da un stato tecnico non particolarmente “motivante”.
Compenetrazioni poligonali, muri invisibili, interazioni che funzionicchiano, improvvisi crash e non solo. Anche il gunplay, non sarà particolarmente edificante e si avrà spesso la sensazione di esser sottomessi ad una hitbox non particolarmente equilibrata che, ironicamente, passa in secondo piano grazie ad una intelligenza artificiale dei nemici piuttosto rozza. Da un punto di vista più squisitamente estetico, The Foglands non è un brutto prodotto (almeno, per gli standard di Meta Quest): gli ambienti, per quanto ripetitivi e non particolarmente eleganti, offriranno tutto sommato dettagli “onesti”, così come i nemici che, seppur limitati nel numero e negli archetipi estetici, saranno sufficientemente “immersivi” nella complessiva esperienza di gioco. Unica nota dolente è, paradossalmente, proprio il costante “nebbione” che avvolge il mondo di gioco, che restituisce una perenne condizione di fastidiosa “visibilità” ridotta. Il sonoro, probabilmente, è l’unica cosa gradevole e pienamente azzeccata, con un simpatico tappeto di pseudo-country ad avvolgere le nostre continue revolverate anti-demoni.
Concludendo…
Ad un prezzo che si aggira intorno alla metà “canonica” per i titoli disponibili per la piattaforma Meta, The Foglands offre un prodotto non particolarmente originale ma, in teoria, divertente e godibile. Peccato che la teoria, però, venga smentita da una pratica non particolarmente esaltante, fatta di “mortale” ripetitività ed un comparto tecnico fallace e colmo di inesattezze. Con un po’ di labor limae ed una diversificazione dei contenuti, il titolo di Well Told Games potrebbe divenire una app “slow killer” e, nei fatti, una buona base di partenza per il futuro. Ma ciò che v’è adesso, in concreto, è una idea sufficientemente buona realizzata in modo mediocre.