Ci sono studi di sviluppo che costruiscono il proprio successo su idee originali, altri che diventano maestri nell’espandere e rifinire mondi già esistenti. Obsidian Entertainment ha sempre oscillato tra queste due dimensioni, prendendo in mano IP nate altrove e arricchendole con una scrittura più sfaccettata, meccaniche più raffinate e scelte narrative più coraggiose. Lo ha fatto con Star Wars: Knights of the Old Republic II, approfondendo i dilemmi morali della Forza con un tono più maturo rispetto al primo capitolo. Lo ha ribadito con Fallout: New Vegas, che, pur costruito sulla base di Fallout 3, è ancora oggi considerato uno dei migliori episodi della serie.
Questo legame con le IP altrui è diventato quasi un tratto distintivo di Obsidian, tanto che loro stessi ci hanno scherzato su nel trailer di The Outer Worlds 2, atteso per quest’anno. Il video, con la sua voce narrante ironica, prende in giro i cliché dei reveal trailer e sottolinea come, ancora una volta, il gioco arriverà con un mondo già consolidato alle spalle. Ma Obsidian non è solo il team che lavora sulle idee degli altri. Con l’acquisizione da parte di Microsoft, lo studio ha avuto l’opportunità di esprimersi in piena libertà, sperimentando con progetti di varia natura, dal piccolo ma ambizioso Pentiment al survival Grounded.
Ora, con Avowed, Obsidian torna nel genere che conosce meglio: l’RPG in prima persona, un territorio che inevitabilmente porta con sé il confronto con The Elder Scrolls. Ma Avowed è davvero un semplice erede spirituale della saga di Bethesda, o riesce a trovare una sua identità?
L’attesa è finita, ed è il momento di scoprirlo. Benvenuti nella nostra recensione della versione PC di Avowed…
Un ritorno a Eora, ma da una nuova prospettiva
Avowed non si svolge in un universo inedito, ma affonda le sue radici in un mondo che Obsidian Entertainment conosce molto bene: Eora, l’ambientazione già esplorata nei due Pillars of Eternity. Quei giochi di ruolo classici, tanto apprezzati da critica e pubblico, strizzavano l’occhio ai primi Baldur’s Gate, con una narrazione densa e un sistema di scelte che lasciava ampio margine al giocatore. Avowed riprende questa eredità, ma la rielabora attraverso una nuova prospettiva: quella di un’avventura interamente tridimensionale e in prima persona, che ci permette di immergerci in Eora come mai prima d’ora.
Il protagonista della storia appartiene a una categoria di individui considerati quasi dei reietti all’interno del mondo di gioco: i Deiformi. Si tratta di esseri toccati da una divinità alla nascita, segnati nel corpo da escrescenze floreali e fungine che li rendono immediatamente riconoscibili. Una condizione che genera diffidenza e paura, ma che è anche legata a un destino più grande.
Obsidian ha scelto per Avowed un approccio alla trama molto simile a quello di The Outer Worlds, lasciando nelle mani del giocatore la conduzione della narrazione. Il cuore di questo sistema è un impianto di dialoghi a scelta multipla che attinge a piene mani da altri celebri giochi di ruolo in prima persona. In fase di creazione del personaggio, possiamo scegliere un background narrativo che sblocca opzioni di dialogo uniche, dando l’illusione di un percorso personalizzato. Tuttavia, il reale impatto di queste scelte sulla trama appare piuttosto limitato: anche se alcuni dialoghi si ramificano in modo interessante, la sensazione è che le decisioni abbiano più peso sull’approccio ai personaggi che sullo svolgimento generale della storia.
Un altro aspetto distintivo della narrazione di Avowed è l’abbondanza di riferimenti al lore di Eora. I dialoghi sono costellati di termini e nozioni legate al mondo di gioco, molte delle quali vengono evidenziate in grassetto. Per aiutare i meno esperti, Obsidian ha introdotto un’interessante funzione: premendo un tasto, è possibile “freezare” la conversazione e accedere a un glossario in tempo reale, con spiegazioni su nomi, fazioni ed eventi. Un’idea senz’altro utile per chi non ha familiarità con Pillars of Eternity, ma che rischia anche di spezzare troppo spesso il ritmo delle conversazioni, specialmente per chi si trova a dover interrompere continuamente i dialoghi per comprendere il contesto di determinati termini.
Nonostante la percezione di una trama relativamente guidata, il gioco riesce comunque a offrire una certa ramificazione narrativa, portando a cinque finali differenti, che variano in base alle scelte fatte durante l’avventura. Questo aspetto, unito alla struttura da gioco di ruolo classico, garantisce una discreta rigiocabilità, anche se il focus sembra essere più sulla costruzione del mondo che non su conseguenze drastiche alle decisioni del giocatore. Per il completamento della trama principale, Avowed si attesta su una longevità media di 30-40 ore, un valore più contenuto rispetto a titoli come Skyrim o Baldur’s Gate 3, ma comunque adeguato per un’esperienza intensa e ben calibrata.
Un gameplay dalle due anime: libertà e compromessi
Se la componente narrativa di Avowed cerca di bilanciare libertà e guidabilità, il suo gameplay riflette una filosofia simile, offrendo un’esperienza ruolistica dalle due facce. Da un lato, troviamo l’aspetto più tradizionale dei GDR Obsidian, con dialoghi a scelta multipla che tengono conto del background scelto in fase di creazione del personaggio, sbloccando risposte e opzioni uniche. Dall’altro, la totale assenza di classi fisse, pur offrendo al giocatore una libertà assoluta di sperimentare con il combattimento, finisce per sminuire l’identità ruolistica del gioco.
In Avowed, infatti, non esistono vincoli rigidi che impediscano di passare da uno stile di combattimento all’altro. Potete iniziare l’avventura come un mercenario specializzato nell’uso di spade a due mani o con scudo e spada, per poi decidere, senza alcuna limitazione, di imbracciare una bacchetta magica e un grimorio, accedendo a un vasto repertorio di incantesimi. Questa scelta dà ampio respiro al sistema di combattimento, permettendo di adattarsi a ogni situazione e sperimentare build diverse senza dover ricominciare da capo, ma riduce la sensazione di crescita del personaggio, eliminando gran parte del peso delle decisioni iniziali.
Da un lato, questa fluidità evita che il combat system diventi ripetitivo troppo in fretta, mantenendo alto il coinvolgimento anche nelle fasi avanzate dell’avventura, dall’altro, però, rischia di far percepire il personaggio come una tela bianca priva di un’identità ludica ben definita, togliendo profondità alla costruzione del proprio alter ego.
Avowed offre un sistema di combattimento che cerca di coniugare accessibilità e profondità, puntando su un’ampia libertà di approccio e su un ritmo piuttosto dinamico. L’impostazione predefinita in prima persona è chiaramente il modo migliore per immergersi nell’azione, garantendo quella sensazione di immediatezza e coinvolgimento che titoli come The Elder Scrolls hanno reso iconica. Tuttavia, il gioco offre anche una modalità in terza persona, che, sulla carta, dovrebbe ampliare le possibilità di fruizione ma che, a conti fatti, rivela tutte le fragilità del comparto animazioni, restituendo movimenti legnosi e poco convincenti, al punto da renderla una scelta poco consigliabile per chi desidera un’esperienza fluida e responsiva.
Se la sensazione di impatto delle armi è tutto sommato soddisfacente, è nella struttura del combat system che emergono le peculiarità (e i limiti) della filosofia adottata da Obsidian. Gli scontri corpo a corpo si articolano attraverso un sistema di attacchi leggeri e caricati, con la possibilità di schivare i colpi nemici o, in alternativa, di affidarsi alla difesa con scudo, elemento che introduce una meccanica di gestione della stamina. Quest’ultima, sebbene non rappresenti un vincolo stringente, costringe comunque a ragionare sul tempismo di schivate e parate, soprattutto nei combattimenti più impegnativi. Un buon utilizzo di questi strumenti consente di sbilanciare i nemici più resistenti, aprendo la strada a esecuzioni finali dal taglio scenico, un espediente che aggiunge una nota di spettacolarità agli scontri.
Sul fronte delle armi a distanza, Avowed propone un armamentario che spazia tra archi, archibugi e fucili, offrendo un’alternativa efficace a chi preferisce eliminare i bersagli dalla distanza. Il feeling di questi strumenti è apprezzabile, soprattutto quando si sfruttano i punti deboli dei nemici, infliggendo danni critici con una buona dose di precisione. Tuttavia, è nel sistema di magia che il titolo trova una delle sue espressioni più affascinanti: grazie a un grimorio variegato di incantesimi, il giocatore può lanciare devastanti attacchi elementali, combinando differenti scuole di magia per sfruttare al meglio le debolezze avversarie.
Così come il sistema di combattimento riflette la filosofia di Avowed in termini di versatilità, anche la crescita del personaggio segue un approccio estremamente libero, rinunciando a qualsiasi tipo di vincolo rigido. Obsidian ha scelto di mettere nelle mani del giocatore il pieno controllo dell’evoluzione del proprio alter ego, senza costringerlo a seguire percorsi predefiniti. Un’idea che da un lato favorisce la sperimentazione, ma dall’altro finisce per sacrificare il senso di identità e specializzazione, un elemento che in un GDR può essere tanto una libertà quanto un limite.
Salendo di livello, è possibile distribuire punti nelle classiche caratteristiche da gioco di ruolo — forza, costituzione, percezione e via dicendo — influenzando così parametri chiave come danni in combattimento, resistenza o abilità sociali nei dialoghi. Tuttavia, la progressione non si ferma ai soli attributi: il vero cuore della crescita sta nei perk, attivabili all’interno di diversi skill tree. Ed è qui che la libertà di Avowed mostra la sua doppia faccia: non esistono restrizioni nella scelta delle abilità, il che significa che anche il più incallito dei guerrieri può tranquillamente investire punti in perk tipicamente destinati a uno stregone, creando combinazioni inedite ma, allo stesso tempo, riducendo la coerenza ruolistica del personaggio.
Un elemento interessante della progressione riguarda anche i companion che accompagnano il protagonista nel corso dell’avventura. Ognuno di loro possiede un proprio skill tree, che consente di potenziare il loro apporto in battaglia, rendendoli più efficaci nel loro ruolo. Il supporto dei companion si rivela utile negli scontri, dal momento che è possibile ordinare loro di eseguire abilità specifiche contro i nemici, dando un tocco di strategia agli scontri più impegnativi. Al di là del combattimento, però, ciò che rende davvero interessanti questi personaggi è la possibilità di approfondire la loro storia: nei momenti di quiete, durante le soste negli accampamenti, è possibile interagire con loro attraverso dialoghi unici, scoprendo retroscena sul loro passato.
Tecnica e direzione artistica: tra panorami evocativi e qualche inciampo
Avowed poggia le proprie fondamenta sull’Unreal Engine 5, un motore ormai consolidato che i ragazzi di Obsidian hanno saputo sfruttare con intelligenza, soprattutto nella resa delle ambientazioni. Ed è proprio questo l’aspetto visivo che colpisce di più: il mondo di gioco, pur non raggiungendo i fasti di produzioni dall’impianto iper-realistico, riesce a restituire un colpo d’occhio di grande impatto.
Fin dalle prime battute, dall’arrivo nella città portuale di Paradis, si percepisce una cura particolare nella costruzione dell’atmosfera: architetture ben caratterizzate, dettagli che conferiscono un senso di vita agli ambienti urbani, strade e mercati che riflettono il contesto sociale ed economico della regione. Fuori dalle mura cittadine, il lavoro sulla varietà ambientale è altrettanto apprezzabile: le Terre Viventi offrono una gamma di biomi differenti, che spaziano da foreste lussureggianti a scenari più ostili, tutti accomunati da una direzione artistica che punta più sulla coerenza e credibilità del mondo di gioco che su un realismo spinto. È chiaro come Obsidian abbia lavorato per rendere ogni area non solo esteticamente gradevole, ma anche funzionale alla narrazione e all’esplorazione.
Tuttavia, questa attenzione per il dettaglio ambientale non si riflette nella modellazione poligonale dei personaggi, che rappresenta probabilmente l’aspetto più debole del comparto tecnico. Il character design appare piuttosto anonimo, e le limitate opzioni offerte dall’editor del protagonista finiscono per rendere la creazione del proprio alter ego meno soddisfacente del previsto. Anche alcuni companion e NPC presentano un’estetica che fatica a lasciare il segno, con volti e fattezze che risultano spesso generici e poco espressivi.
Se a questo si aggiunge un comparto animazioni poco rifinito, il problema si fa ancora più evidente. I movimenti appaiono talvolta rigidi, e la situazione peggiora nella visuale in terza persona, dove le animazioni rendono il personaggio fin troppo legnoso, quasi a suggerire che questa modalità sia stata implementata più come un’aggiunta tardiva che come un’opzione progettata con la stessa cura della prima persona.
Sul fronte sonoro, Avowed offre una componente di buon livello, senza però raggiungere picchi memorabili. La colonna sonora accompagna l’avventura con brani atmosferici che ben si adattano al tono dell’esperienza, senza però imporsi come un elemento trainante della narrazione. Il doppiaggio in lingua inglese, dal canto suo, si attesta su un livello discreto: funzionale, con un’interpretazione competente, ma senza picchi di eccellenza o performance particolarmente memorabili.
Concludendo…
Avowed è l’ennesima dimostrazione di ciò che Obsidian sa fare meglio: costruire mondi affascinanti, ricchi di lore e intrisi di una scrittura capace di dare sostanza anche alle scelte più sottili. Il passaggio a una formula in prima persona nel mondo di Pillars of Eternity è coraggioso, e per molti versi riesce a restituire una prospettiva inedita su un universo già consolidato. Tuttavia, è impossibile ignorare come questa ambizione si scontri con alcune esitazioni strutturali: la libertà concessa al giocatore è ampia, ma il sistema di progressione rischia di rendere la crescita del personaggio troppo dispersiva; il combat system è versatile, ma fatica a lasciare un segno distintivo rispetto ad altri esponenti del genere; le ambientazioni sono splendide, ma il comparto animazioni e il design dei personaggi tradiscono una certa mancanza di rifinitura.
Eppure, Avowed ha un’anima. Non è un titolo perfetto, non è il “nuovo Skyrim“, e probabilmente neanche vuole esserlo. È un gioco di ruolo che vive delle sue atmosfere, delle sue scelte narrative, delle storie che si intrecciano tra le Terre Viventi, e che riesce a regalare momenti in cui il giocatore sente di avere un impatto sul mondo di gioco. È un’esperienza che si muove tra il brillante e l’imperfetto, e proprio in questo suo equilibrio precario risiede il suo fascino.
Se cercate un GDR che punti tutto sulla profondità meccanica e su un combat system impeccabile, potreste rimanere con l’amaro in bocca. Ma se quello che vi interessa è perdervi in un mondo coerente e affascinante, prendere decisioni che, anche quando non rivoluzionano la storia, riescono comunque a definire il vostro percorso, Avowed ha molto da offrire. Non sarà il titolo che ridefinirà il genere, ma è una nuova, solida incursione di Obsidian nel mondo dei giochi di ruolo in prima persona. E se c’è una cosa che il team ha dimostrato più volte nel corso degli anni, è che sa sempre come imparare dai propri passi falsi per costruire qualcosa di ancora più grande. Magari, come già accaduto in passato, sarà il tempo a rendere Avowed un gioco più amato di quanto non sembri a prima vista…