Un nuovo inizio
Lara Croft è uno dei personaggi femminili più famosi dell’industria videoludica, e con l’uscita di Tomb Raider, nel 2013, i ragazzi di Crystal Dynamics hanno offerto alla nostra eroina uno dei processi di restyling migliori che si siano visti negli ultimi anni. Se avete vissuto in una grotta e non sapete di cosa stiamo parlando potete rimediare in maniera molto semplice. Per le sue caratteristiche, il reboot di Tomb Raider ha fatto storcere non poco il naso ai nostalgici della vecchia Lara ma, in un mondo in rapida evoluzione come quello dei videogiochi, essere al passo con i tempi è fondamentale se si vuole sopravvivere. E proprio sul concetto di sopravvivenza si è incentrata la rinascita della serie: dimenticate la vecchia struttura a tombe, il vecchio maniero e il maggiordomo, tutto gira intorno all’esplorazione, alla crescita mentale e fisica di una giovane ed inesperta Lara, che lentamente inizia a calarsi nel suo ruolo di cacciatrice di tesori. Il risultato è stato ottimo, sia da un punto di vista di critica che di successo sugli scaffali. Il nuovo Tomb Raider si è dimostrato solido e ha messo le basi per garantire alla serie altri anni al vertice delle classifiche
Tomb Raider 2?
La sensazione che si prova, fin da subito, giocando a The Rise of Tomb Raider è quella di ritrovare una vecchia amica. Il gioco ci accoglie con una struttura dei controlli familiare, e per i primi dieci minuti non facciamo altro che ammirare la splendida ambientazione, nell’attesa spasmodica che gli eventi del gioco seguano il loro corso. Eventi che non tardano ad arrivare visto che ben presto, in maniera rocambolesca e a dir poco sfortunata, Lara si troverà isolata e dispersa sulle montagne Siberiane, armata solo della sua picozza e dell’istinto di sopravvivenza che caratterizza la Lara 2.0. Il gioco ci getta immediatamente (e letteralmente) in pasto agli orsi, facendoci capire che l’avventura non sarà semplice e non sarà piacevole – per Lara, almeno. .La prima novità che salta agli occhi è il sistema di raccolta/crafting. Diversamente dal primo capitolo, infatti, avremo una quantità enorme di componenti da raccogliere: pelli di animali, funghi, legno, piante, minerali e molto altro saranno fondamentali per sopravvivere negli ambienti ostili e per creare armi sempre più varie e potenti. In Rise of the Tomb Raider, il sistema di crescita di Lara è identico a quello del precedente capitolo, anche se il numero di potenziamenti e conseguenti abilità è quasi triplicato. I punti abilità vengono sbloccati accumulando esperienza, ottenibile con una gran varietà di attività: dall’uccidere nemici allo scoprire antichi manufatti. Il gioco non è affatto avaro di level-up, anzi, e tra un campo base e l’altro potrete guadagnare anche tre o quattro livelli. I tre rami d’abilità, combattimento, caccia e sopravvivenza, ci trasformeranno, senza stravolgere le meccaniche del gioco, in un’efficace macchina da guerra in solitaria. Nessun cambiamento neanche per l’arsenale a nostra disposizione: arco, pistole, fucile mitragliatore e fucile a pompa restano le uniche armi disponibili. I miglioramenti delle armi saranno disponibili dopo averli sbloccati trovando specifici manufatti nelle tombe, che ci garantiranno inoltre potenziamenti permanenti alle nostre abilità. Una piccola ma gustosa aggiunta sono gli esplosivi improvvisati che saremo in grado di creare anche nel pieno di un combattimento: bottiglie di alcolici si trasformeranno in molotov, barattoli di metallo in granate e piccoli vasi in fumogeni, tutto a patto di avere i materiali necessari. Questa possibilità ci ha lasciato un po’ interdetti perché, in alcune sezioni, la grande abbondanza di oggetti permetterà alla nostra versione femminile di MacGyver di maciullare nemici come un lanciagranate vivente, in barba alla natura action/survival del gioco. Il combat system è rimasto praticamente invariato: il sistema di gestione automatica delle coperture funziona perfettamente e a Lara basterà avvicinarsi ad un muro per scivolarvi dietro e ripararsi dai colpi nemici. L’unica pecca rimane un sistema di puntamento non proprio fluido e preciso. Nessun cambiamento neanche per la gestione del corpo a corpo, tutt’altro che eccellente ( cosa che vi farà quasi sempre optare per una rapida presa di distanza dal nemico), e dei QTE quando si effettua una schivata. Tra le armi a disposizione, l’arco resta lo strumento più letale e versatile. L’impossibilità di rimanere senza frecce (potendole craftare), unita alla varietà delle stesse (si va dalle “semplici” incendiarie alle ben più letali e tattiche velenose), fa si che l’arco sia l’arma che utilizzeremo di più in assoluto, e sicuramente anche quella che dovremo potenziare per prima. La varietà dei nemici è praticamente la stessa del primo capitolo: semplici soldati che possono lanciarci esplosivi, arcieri letali dalla distanza, brutti ceffi dotati di spesse corazze che richiederanno più di un caricatore per essere abbattuti e nemici con pesanti scudi metallici da gestire tatticamente. Proprio come nel capitolo precedente, il design degli avversari non fa gridare al miracolo per quello che riguarda l’inventiva.
Ritorno al passato o nuove origini?
La radice narrativa di Tomb Raider è sempre stata la ricerca di civiltà perdute e di segreti ai confini del mondo tra leggenda e realtà. Nel primo capitolo di questa nuova serie abbiamo visto Lara relegata tra le asperità di un’isola sperduta nell’Oceano Pacifico, in cui le variazioni sceniche e la difficoltà delle diverse sezioni evidenziavano la crescita di Lara e delle sue capacità di sopravvivente. In questo capitolo ritroviamo invece la vera essenza “storica” della saga. La nostra eroina è cresciuta e non si trova più in balia degli eventi, ma ne è la regista, e decide autonomamente di andare alla ricerca di un segreto di cui le aveva parlato suo padre. Già in Tomb Raider, Lara si era imbattuta in documenti che descrivevano il fallimento da parte dell’organizzazione Trinity nello scoprire i segreti nascosti a Yamatai. Ora capiamo che Trinity ha lo stesso obiettivo di Lara, ovvero scoprire il segreto dell’immortalità. Questo ci porterà in diversi luoghi: in Siberia, in Siria e alla ricerca di Kitezh, una città perduta sulle montagne dell’Himalaya. Il mito fa riferimento ad una antica leggenda russa del XIII secolo che parla di due città, Maly Kitezh e Bolshoy Kitez, fondate dal Gran Principe di Vladimir, Georgy II. Secondo la leggenda, in seguito ad un’invasione mongola, il principe si ritirò a Bolshoy senza opporre resistenza alle forze nemiche, e le preghiere congiunte della popolazione provocarono lo sprofondamento dell’intera città sotto le onde del lago vicino, nascondendone i segreti agli invasori. La scelta della mitologia di riferimento ha un forte impatto sia a a livello narrativo sia per quello che riguarda le ambientazioni di gioco. In Russia ad esempio, e più precisamente nelle foreste ghiacciate, la neve alta sarà un vero e proprio ostacolo ai movimenti e all’esplorazione. La nuova avventura di Lara ci conduce quindi in luoghi magnifici e selvaggi, riportando in auge lo spirito di Tomb Raider.
Dopo gli eventi di Yamatai, la trasformazione di Lara è ormai completa, e ai nostri occhi si presenta una donna forte e decisa, che incarna il vero spirito dell’avventuriera, capace di prendere decisioni difficili e di proteggere sé stessa e chi le sta a cuore. A Yamatai Lara ha imparato a resistere, a combattere e a fare sacrifici, perdendo però la propria innocenza di ragazza. In Rise of the Tomb Raider le cicatrici della precedente avventura si sentono, soprattutto a livello psichico, e rendono la nostra protagonista molto più umana di quello che ci aspetteremmo in un videogioco. Un’approfondimento sottolineato da varie cut-scene che ci mostrano le sedute di psicoterapia a cui la ragazza si è sottoposta dopo l’esperienza isolana. I ragazzi di Crystal Dynamics hanno cercato di ritrarre la crescita del personaggio di Lara come se si trattasse di una loro creazione e non un’eredità da raccogliere. E ci sono riusciti dannatamente bene! Gli eroi a cui siamo abituati, soprattutto in ambito videoludico, sono degli uomini d’acciaio con poche o nessuna debolezza: difficilmente ci viene spiegato cosa provano quando uccidono, tanto meno ci viene trasmessa una qualche sensazione personale. Lara deve convivere con gli orrori che ha vissuto e questa sofferenza si ripercuote su di lei e su tutti quelli con cui interagisce. L’esploratrice è diventata uno spirito irrequieto, incapace di trovare alcun ristoro nella comune società, che la deride e fatica a credere alla sua storia. Lara non ha bisogno di una casa e di un maggiordomo. Lara non ha bisogno di ricchezze. Lara ha bisogno del mondo, un mondo da esplorare e a cui sopravvivere.
Questa è la “vera” Lara e la cosa ci piace, ci piace tantissimo!
Lara we love you
A questo punto dobbiamo necessariamente spendere qualche parola sul comparto tecnico. L’engine grafico è di proprietà di Crystal Dynamics, quindi completamente in-house, e si chiama Foundation. Si tratta di un motore di tipo modulare, ottimizzato per Xbox One con risultati stupefacenti. Siamo rimasti a bocca aperta ad ammirare l’enormità dei paesaggi visibili una volta raggiunte le cime più alte. Essere coinvolti in una tormenta di neve ci ha suscitato brividi di freddo e scappare da una struttura in fiamme ci ha fatto sudare. Gli effetti visivi sono una gioia per gli occhi e l’illuminazione è straordinaria. Tutto il visibile è reso ai limiti del fotorealismo: dalla neve al ghiaccio, dalle fiamme al terreno. Entrare nelle tombe è poi un’esperienza estremamente gratificante, forse anche più del risolvere gli enigmi che le caratterizzano. Tutto è accompagnato da una colonna sonora sempre azzeccata e da effetti ben campionati e degni di plauso (tranne per il mitra che sembra un fucile a pallini). Il gioco è multilingua e la localizzazione italiana non ha nulla da invidiare al doppiaggio originale. I sottotitoli sono sempre leggibili e perfettamente tradotti. Un plauso va inoltre fatto alla realizzazione delle cut-scene, che sono al livello di un film d’animazione e trasmettono appieno tutte le emozioni provate da Lara: paura, rabbia, stupore, tutto è comunicato in maniera impeccabile coinvolgendo il videogiocatore completamente.
Esclusiva Temporale
Nell’agosto 2014 alla Gamescom ci fu stato un annuncio completamente inaspettato: Rise of the Tomb Raider sarebbe stati un’esclusiva Xbox 360 e Xbox One. Una decisione spiazzante, in quanto la serie è sempre stata multipiattaforma. Questa scelta lasciò quindi i fan PS4 e PC di Lara nello sconforto più totale. A limitare i danni ci pensò Square Enix con un comunicato che, il 23 Luglio 2015, dichiarava che il titolo sarebbe uscito anche per PC nei primi mesi del 2016 e per PS4 nel corso dell’inverno successivo. I dettagli dell’accordo di questa esclusiva temporale non sono chiari, ma risulta lampante l’intenzione di Microsoft di utilizzare Tomb Rider come “esclusiva” di risposta a Uncharted. Non condividiamo questa mossa di Square Enix, ma non conosciamo e probabilmente non conosceremo mai le reali motivazioni che li hanno spinti a prendere questa decisione.
Concludendo…
Le aspettative su questo seguito dell’ottimo Tomb Raider erano molte, sia da parte di chi ha apprezzato l’inizio della nuova saga, sia da parte di chi era scettico nei confronti della nuova Lara. Crystal Dinamics ha fatto un ottimo lavoro offrendo una continuità percepibile alla serie, e riuscendo a far (ri)innamorare il giocatore della contessina inglese. Rise of the Tomb Raider è adatto a tutti i tipi di giocatori, sia a chi predilige la parte action e i conflitti a fuoco (che ai livelli di difficoltà più elevati sono una vera sfida), sia a chi vuole divertirsi esplorando ambientazioni misteriose e suggestive. I completisti invece avranno pane per i loro denti, in quanto nel gioco sono presenti centinaia di collezionabili che svelano curiosità e dettagli sulla trama. Siamo di fronte ad un must have per tutti i possessori di Xbox One, anche se il finale – debolissimo – rappresenta un problema da non sottovalutare. Siamo certi che un finale maggiormente “ad effetto” avrebbe garantito al gioco un epilogo più all’altezza dell’esperienza complessiva. Altra nota negativa è l’elevato numero di nemici, un po’ troppi per un titolo dalla forte impronta survival. In definitiva, però, Rise of The Tomb Raider è senza dubbio il degno seguito che i fan aspettavano.
Non lasciatevelo sfuggire!